Quello che sarà crea ansia e aspettative. Qual è la prospettiva biblica riguardo agli eventi futuri?
Adrian Neagu – Cos’è il futuro? La domanda può sembrare banale. Ma se ci si pensa, si capisce meglio ciò che sosteneva sant’Agostino: "Che cos’è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi mi interroga, non lo so”.[1]
I dizionari ci dicono semplicemente che il futuro è ciò che viene dopo il momento presente, definizione che implica una visione lineare del tempo. Ma non tutti sono d’accordo.
Mihai Eminescu [poeta romeno, 1850-1889, ndt] ha scritto nella poesia Gloss: “Il passato e l’avvenire / son d’un foglio le facciate; / la fine vede nel principio / chi davvero sa vedere. / Ciò ch’è stato o che sarà / il presente accoglie in sé”. Questo è un riferimento alla teoria dell’eterno presente di Schopenhauer e suggerisce una visione ciclica del tempo, dove passato e futuro si fondono in un presente infinito. Pertanto, direbbe Eminescu, non bisogna temere né il passato né il futuro, perché nel presente si ha tutto.
Ma qual è il futuro? Forse la nuova veste che il passato indossa ogni giorno? Diciamo spesso che per i genitori il futuro è il loro figlio, per i bambini è il loro prossimo sogno, per gli scrittori è il libro scriveranno, per gli scienziati è la scoperta che sperano di fare… Suona bene, tranne che Il divario tra ciò che ci aspettiamo e ciò che realmente accade è spesso inaspettatamente ampio. E, a volte, persino doloroso. Per questo motivo, e per paura di quanto potrebbe accaderci, arriviamo a credere che se conoscessimo il futuro in anticipo, potremmo prepararci meglio.
Anche per paura, altri preferiscono ignorare del tutto la prospettiva del futuro e sprofondare in un presente mediocre e noioso, trasformandolo in una fragile illusione di felicità. La paura del futuro ora ha un nome: ansia anticipatoria.[2] Si tratta, infatti, della stessa malattia di cui soffrivano i personaggi dello scrittore romeno per bambini Ion Creanga [1837-1889 ndt] quando temevano che il gatto facesse cadere la roccia di salgemma che stava sul camino sopra il bambino che dormiva pacificamente. È vero che la storia di Creanga si intitola “Stupidità umana”, ma l’autore ci racconta che il protagonista, che aveva cercato con insistenza di vedere se ci fosse qualcuno di più stolto della sua famiglia, “tornò a casa e trascorse del tempo con i suoi che considerava più saggi di quelli che aveva incontrato nel suo viaggio”.
Anche la paura del futuro è una follia “più saggia” di altre assurdità che si contendono un posto nella nostra vita?
Noi e il futuro
È stato ripetuto così tante volte che è difficile ricordare chi lo ha detto per primo: "Il modo migliore per predire il futuro è crearlo".[3] L’affermazione suona bene ed è perfino esilarante, ma il modo in cui è interpretata è molto più complicato di quanto potremmo sospettare a prima vista. È una frase generalmente usata per descrivere il balzo che fai andando oltre i tuoi limiti e realizzando cose che non avresti mai sognato prima.
Propongo allora di esaminare alcune delle strategie con le quali le persone cercano di plasmare il futuro.
Nel 2019, l’agenzia Reuters ha pubblicato sul suo sito un articolo sulle maghe romene che erano riuscite ad approfittare di Internet per promuoversi e persino per trasmettere i loro rituali in diretta. Dall’articolo apprendiamo, ad esempio, che una seduta per “leggere” il futuro con i tarocchi costava 50 euro e che all’epoca in Europa erano circa 4.000 le persone che praticavano la stregoneria. La stregoneria è un modo per “creare” il futuro? Sembra che sia così per coloro che vi ricorrono, e sono molte le persone che si affidano a questa forma di conoscenza o di influenza sul futuro.
Vi è sempre stato interesse verso i modi per conoscere o influenzare il futuro, molte pratiche rientrano in questa categoria, dalla lettura dell’oroscopo alla corruzione e alla concussione. L’ansia per il futuro e il desiderio di controllarlo, per assicurarsi che non ci danneggi, sono alla base di molte delle decisioni che prendiamo ogni giorno, anche se non lo riconosciamo esplicitamente.
Ogni giorno oscilliamo tra la paura dell’ignoto e la sensazione di poter plasmare il nostro futuro, tra l’accettazione del destino inesorabile e il cambiamento con i mezzi a nostra disposizione.
Le promesse della religione entrano sottilmente in questa vertiginosa danza della vita, offrendo spesso comode scorciatoie. Doni, donazioni, atti meritori o penitenze sono visti come modi legittimi per sfuggire alla punizione di un futuro terribile. Ancora oggi alcuni sembrano convinti di poter comprare Dio stesso.
Desideriamo conoscere il futuro con la più grande curiosità. Che sia per ragioni oggettive o puramente soggettive, o anche per ragioni poco chiare; questa curiosità modella le nostre decisioni, cambia le nostre prospettive sul presente e ci riempie di paura o eccitazione quando scopriamo che il futuro non risponde alle nostre buone intenzioni. Il futuro confonde le nostre aspettative e l’ignoto supera le previsioni più accurate. E spesso questa è una buona notizia.
Dio e il futuro
Da una prospettiva biblica, per Dio il futuro non è un regno dell’ignoto, ma piuttosto un dominio accessibile alla Sua conoscenza. Paradossalmente, la Bibbia non incoraggia né una viva curiosità verso il futuro, né una rassegnata attesa di esso.
Cosa, dunque, non è degno del nostro interesse riguardo al futuro? Prima di tutto, non dovremmo preoccuparci di ciò che accadrà agli altri. L’apostolo Pietro fu rimproverato da Gesù quando gli chiese cosa riservasse il futuro a Giovanni, il quale affermò di sé che era “il discepolo che Gesù amava” (Giovanni 21:20-22). Poi Gesù disse anche ai suoi discepoli di non preoccuparsi di tempi e date (Atti 1:7), anche se per chi aspetta un evento grande come il ritorno di Gesù, questa è la curiosità più grande. Sapere quando arriverà la fine del mondo, o la sorte del nostro prossimo, non risolve veramente i problemi del presente, né ci libera dalla paura del futuro.
Sapere tutto ciò che il futuro ci riserva ci renderebbe più felici? O, al contrario, diventeremmo più ansiosi? Godremmo di più il presente se sapessimo che tra cinque, dieci o trent’anni vivremo grandi difficoltà o perderemo una persona cara? Sicuramente Dio ha nascosto questa conoscenza per il nostro beneficio e la nostra felicità.
Vista in questa luce, la profezia biblica non è un bicchiere di acqua fresca con cui Dio placa la nostra sete di conoscenza del futuro, ma piuttosto una testimonianza che questo futuro è nelle sue mani, che la prescienza di Dio è già lì. Sebbene ci siano state occasioni nelle quali i profeti hanno predetto accuratamente nomi o luoghi a loro sconosciuti, a volte con centinaia di anni in anticipo, queste informazioni non hanno indotto i destinatari di queste profezie a cercare di aggiungere nuovi dettagli alle predizioni, ma hanno rafforzato la loro convinzione che il loro Dio non si lascia sorprendere dagli eventi.
In che modo non temere il futuro?
Invece di convincerci che possiamo creare il nostro futuro o che siamo “creatori del nostro destino”, la prospettiva biblica è semplice e pratica: non conoscere il futuro ma confidare che “tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio” (Romani 8:28); questo può aiutarci ad avere la pace.
Allora, qual è il ruolo della rivelazione biblica? La risposta si trova nel primo versetto del libro dell’Apocalisse: è una rivelazione di Gesù Cristo (Apocalisse 1:1). Il futuro non riguarda gli orrori dei malvagi, ma la bontà e la saggezza di Dio, che offre la grazia e interviene per difendere i suoi figli quando la verità sembra essere inghiottita dalla menzogna. Anche se questa grazia significa dare tempo e spazio a chi fa del male, è Dio che ha il controllo assoluto e che alla fine interverrà in difesa di coloro che hanno creduto in lui. Anche i segni dei tempi non vanno interpretati come pietre miliari che indicano la distanza dalla meta, ma piuttosto come indicatori del fatto che si sta andando nella giusta direzione. Per coloro che amano Dio, il futuro non è semplicemente un tempo ancora sconosciuto, ma un luogo di incontro con il Signore, un tempo in cui Dio può essere visto nella sua grandezza e bontà. Ecco perché non temono il futuro, così come non hanno paura del presente o del passato.
(Adrian Neagu è direttore editoriale della casa editrice “Life and Health Romania” e ha conseguito un dottorato di ricerca in storia.).
Note
[1] Agostino, Mărturisiri (Le Confessioni), traduzione di Nicolae Barbu, pubblicato dall’Istituto Biblico e Missionario della Chiesa Ortodossa Rumena, Bucarest, 1994, pp. 340-341.
[2] Cfr. Jayne Leonard, “What to Know About Anticipatory Anxiety (Cosa sapere sull’ansia anticipatoria), in Medical News Today (online), 20 luglio 2021, disponibile su https://www.medicalnewstoday.com/articles/anticipatory-anxiety.
[3] L’affermazione è erroneamente attribuita ad Abraham Lincoln, ma a quanto pare è stata pronunciata per la prima volta da Peter Drucker.
[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio]