Un interrogativo che offre uno spunto di meditazione sulla nostra relazione con il Signore e con chi ci circonda.
Corina Matei – “Quando ero piccola, sentivo che Dio era con me, ma ora mi sento così sola! Mi chiedo allora se Dio fosse davvero con me”. Questa domanda di una giovane donna è un segno di pessimismo; è il pessimismo della giovinezza che ha superato l’età dell’innocenza ma, fortunatamente, non la sua aura. Tuttavia, l’autrice del quesito non chiede, come ci si potrebbe aspettare, se Dio sia con lei in questo momento. È come se credesse, con rassegnazione, che non lo sia. Quindi, si domanda se quello stato di grazia dell’infanzia, quando sentiva Dio vicino a sé, fosse stato reale o illusorio.
Cosa succede quando, dopo aver sentito Dio vicino, scopriamo di non sentirlo più? È lui ad allontanarsi da noi? O noi da lui? Direi ora, dopo anni di esperienza di questa relazione con il Signore, che non è né l’uno né l’altro!
Solitudine in presenza di Dio
La Bibbia dice che sono i nostri peccati a separarci da Dio (Isaia 59:2), motivo per cui non lo percepiamo più come facevamo in quei momenti di grazia, momenti che, a volte, egli ci offre e che possono servire da “misura”. Il peccato è inevitabile nella nostra natura terrena e dovremo lottare con esso sino alla fine della nostra vita. Possiamo, tuttavia, chiedere l’aiuto divino per non essere sopraffatti da ricadute, tentazioni, debolezze, mancanze ed errori. Dovremmo domandare a Dio, ogni volta, di abbattere il muro che ci separa, di cambiarci secondo la sua volontà e di ripristinare la nostra innocenza come suoi figli. Pertanto, non dobbiamo identificarci con il “vecchio io”, l’io mondano, primordiale, peccaminoso, che è l’unico che si separa da Dio. Allontanandoci con disgusto da questo io peccaminoso e aspirando sempre al modello del Salvatore, al suo mondo, manterremo viva la connessione.
Riconnettersi con Dio: resa totale e ritorno all’innocenza
Come è possibile farlo concretamente? Con un abbandono totale, senza trattenersi e senza “luoghi” nascosti del cuore, perché tali “luoghi” mostrano che ci aggrappiamo alla nostra autonomia proprio quando le nostre scelte sono più importanti, più sensibili e più profonde. Se superiamo l’orgoglio di pensare di saperne di più, allora Dio si farà conoscere attraverso le esperienze della nostra vita, le persone, gli eventi, i metodi, le riflessioni della coscienza, le Scritture, le informazioni, persino attraverso miracoli, rivelazioni, testimonianze e così via. E il consiglio estremamente utile dell’apostolo Paolo è: rendiamo ogni pensiero “ubbediente a Cristo” (2 Corinzi 10:5). Ogni giorno. Ogni volta che siamo tentati o i nostri pensieri e sentimenti scivolano in aree sgradite a Dio, fermiamoci prima e diciamo: “Signore Gesù Cristo, allontana questo, non voglio che faccia parte di me, non mi rappresenta; rifiuto tutto ciò che può separarmi da te”.
Questa pratica di purificazione interiore diventerà gradualmente più forte, perché senza Dio non c’è autonomia nella nostra vita, ma solo solitudine. Dobbiamo fare lo stesso con i nostri difetti e mancanze di cui siamo coscienti: occorre confessarli a Dio con sincero dispiacere, realizzando la nostra totale impotenza derivante dal separarci da lui. Se, dopo la confessione e l’abbandono nelle sue mani, sentiamo una speciale pace dell’anima anche in circostanze difficili, allora è la sua risposta e sapremo che lui è con noi. Se rimaniamo timorosi, ansiosi e cupi, allora il riconoscimento non è stato sincero e la resa non è stata completa. Perseveriamo, invochiamolo “in verità” (Salmo 145:18), e si farà trovare!
Come risponde Dio
A volte l’impazienza, tipica della gioventù, porta a non “aspettare in silenzio la salvezza del Signore” (Lamentazioni 3:26). Altre volte riceviamo una risposta negativa o diversa da ciò che avevamo chiesto (forse è il silenzio) e quindi non viene percepita per quello che è realmente e ci lamentiamo che Dio non ha risposto, che non è al nostro fianco, quando invece, per il nostro bene e per la nostra protezione, dovremmo essere attenti al modo in cui ci risponde.
Altre volte ancora, sebbene Dio sia con noi, non si manifesta nei modi di un tempo, perché ci lascia agire solo per fede, rafforzandola in questo modo; o edifica la nostra pazienza nell’attesa della sua risposta; oppure sceglie altri modi per risponderci, in base al nostro grado di sviluppo (attraverso la natura, la lettura o il parlare con qualcuno, le immagini e i suoni, la sofferenza, la perdita e così via), perché possiamo comprendere la grandezza e l’onnipotenza di Dio e consegnare tutto a lui, e lavorare con lui.
Le sue risposte non possono essere le stesse per tutta la nostra vita, mentre cresciamo e accresciamo la nostra capacità di comprendere, di ragionare e di relazionarci con Dio con una devozione che dovrebbe essere sempre in miglioramento. Non possiamo chiedere continuamente una prova, come fece Gedeone (Giudici 6:39).
Talvolta, gli ostacoli alla comunicazione con Dio sono l’orgoglio, la vanità o un senso ingigantito di ciò che siamo e di ciò che meritiamo. Sappiamo che il Signore si oppone a tutto questo e “dà grazia agli umili” (Proverbi 3:34; 1 Pietro 5:5). Quindi, rimettiamoci davvero a Dio con spirito umile!
Mi è capitato una volta, in un certo periodo della mia vita, di continuare ad aspettare le sue risposte attraverso i sogni; mi sembrava che avrei dovuto ricevere dei sogni rivelatori. In effetti, sono arrivati, ma li hanno sognati altri su di me, come se fossero delle lezioni di umiltà per la mia comunione con lui.
Spezzare la solitudine
Sappiamo che Gesù Cristo ha promesso di richiamare tutti a sé (Giovanni 12:32); accettiamo, quindi, l’appello; rispondiamo con gioia quando ci chiama per nome (Isaia 43:1)! Cerchiamolo umilmente nella preghiera, facendo richieste secondo lasSua volontà, citando le sue promesse in termini biblici! Allora scopriremo che le sue promesse riguardano il nostro servizio verso di lui e del nostro prossimo. Non domande egoistiche ed egocentriche, ma opere di fede. Solo allora chiederemo e riceveremo secondo la sua volontà e nel suo nome.
Una delle promesse è la seguente: “Perciò vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato” (Marco 11:24, Cei). Quindi, ricevendo ciò che chiediamo disinteressatamente e con completa fiducia, avremo la prova che il Signore ci è vicino e non ci sentiremo mai più impotenti o soli.
Se cerchiamo di conoscerlo sempre di più, lo ameremo sempre di più, e il suo amore illuminerà e riscalderà i nostri cuori sempre di più. L’umiltà e l’altruismo nel desiderio di servire il Signore e coloro che egli attrae a sé ci aiuteranno anche a risolvere i nostri problemi senza doverli affrontare da soli. Non è nella soluzione delle nostre difficoltà personali che dovrebbe iniziare il rapporto di fiducia con Dio, ma facendo “le opere buone che Dio ha precedentemente preparato, perché le compiamo” (Efesini 2:10, ND). In questo modo, la solitudine che abbiamo provato si dissolverà come la nebbia di autocompiacimento e di egocentrismo che ci ha impedito di guardarci intorno.
Dio risponde anche attraverso le coincidenze, le facilitazioni e i miracoli che compie davanti ai nostri occhi quando vogliamo lodarlo. È il modo più fruttuoso in cui possiamo essere certi che non ci ha abbandonati, che è sempre con noi, perché ci rende partecipi della sua opera per l’umanità e dà senso alla nostra esistenza.
(Corina Matei, professoressa associata alla Facoltà di scienze della comunicazione e relazioni internazionali all’Università Titu Maiorescu, in Romania, vuole essere utile ai giovani di oggi che percorrono gli stessi sentieri esitanti della loro anima e spiritualità. In questo articolo formula una risposta che avrebbe dato a se stessa quando era adolescente.
[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio]