Capire le sfide quando alcune libertà cercano di impedire l’esercizio della fede e dell’evangelizzazione.
Jorge Rampogna – Una chiesa cristiana ha ricevuto di recente una notifica inaspettata. Il suo account su un social network con migliaia di follower era stato bloccato, senza dare spiegazioni, né risposte agli interrogativi della comunità in questione. Era come se gridasse nel vuoto. Il punto è che la decisione è sembrata arbitraria, presa senza preavviso e senza giustificazione apparente. Sono sorte domande inquietanti: “Si trattava di censura? Siamo davvero liberi di condividere la nostra fede, le nostre convinzioni o le nostre idee nell’ambiente digitale?”.
La libertà religiosa e di espressione sono pilastri fondamentali di una società democratica. Noi cristiani abbiamo la responsabilità di difendere questi diritti essenziali, che sono presenti anche nella Bibbia. E questo non solo per noi stessi, ma per tutti.
Fondamenti sotto attacco
In realtà, credo che tali pilastri della libertà siano sotto una nuova forma di attacco. L’episodio di questa piattaforma è solo un esempio di una sfida più ampia: il controllo quasi illimitato che le grandi aziende tecnologiche esercitano su ciò che può e non può essere pubblicato. Da qui sorgono nuove domande: “Cosa accadrebbe se anche altre voci religiose venissero messe a tacere, non solo per contenuti inappropriati, bensì a causa di decisioni che non arrivano mai a conoscenza dell’utente? Per una chiesa che utilizza i social media come strumento essenziale di evangelizzazione, queste domande sono cruciali.
La responsabilità delle piattaforme
D’altro canto, dobbiamo anche riconoscere la complessità della situazione. Le piattaforme devono affrontare sfide reali nel gestire contenuti dannosi o illegali, e vengono incaricate di garantire un ambiente sicuro per i loro utenti.
In Brasile, ad esempio, sono attualmente in discussione alcuni aspetti relativi all’articolo 19 del Codice brasiliano dei diritti civili per Internet. Il dibattito presso la Corte Suprema Federale (il più alto tribunale del Paese) cerca di trovare un equilibrio tra la responsabilità delle aziende tecnologiche e la libertà di espressione individuale. Secondo la normativa vigente, le piattaforme possono essere ritenute responsabili solo se, dopo un ordine del tribunale, non rimuovono i contenuti considerati dannosi.
È importante sottolineare che la regolamentazione in ambito digitale appare pertinente e necessaria. Si tratta di un impegno a proteggere gli utenti dalla diffusione di fake news e discorsi violenti. Viviamo in un’epoca in cui le informazioni false possono diffondersi rapidamente e causare danni irreparabili alla reputazione di persone e istituzioni. Stabilendo chiare indicazioni sulla responsabilità delle piattaforme digitali, delle organizzazioni e degli individui, il dibattito cerca di bilanciare la libertà di espressione con la necessità di creare un ambiente online più sicuro e affidabile.
Ma dove si colloca la fede in questa discussione? Per noi cristiani, si tratta di un invito a riflettere su come svolgere la nostra missione in un mondo digitale governato da leggi umane. Se da un lato è importante sostenere le norme che garantiscono la parità dei diritti, dall’altro non possiamo ignorare che, a un certo punto, questo può limitare la predicazione del vangelo. È qui che la tensione tra legge e libertà diventa evidente.
Sfida e opportunità
Ogni decisione, ogni cambiamento nelle normative rappresenta una sfida e un’opportunità. In quanto chiesa dobbiamo imparare a navigare in questo contesto con saggezza, rispettando la legislazione vigente. Allo stesso tempo, dobbiamo lavorare per garantire il mantenimento dei diritti fondamentali. Episodi come il blocco degli account sui social network non devono indurre le chiese a ritirarsi, ma piuttosto motivarle a stabilire strategie per continuare a predicare “ad alta voce”, anche in un ambiente che, a volte, cerca di metterle a tacere.
Inoltre, come chiesa, dobbiamo essere una comunità di fede che fa la differenza in tutti gli ambienti. Dobbiamo unire le forze in difesa della libertà religiosa e comprendere i nuovi territori digitali in cui la Parola deve arrivare.
Tre azioni pratiche per la rilevanza sociale e digitale
1. Essere vigili e informati. Siate consapevoli dei cambiamenti nelle leggi che regolano i social network. La comprensione di queste norme ci aiuta a difendere i diritti nostri e di tutti, adattando le strategie di comunicazione.
2. Essere un esempio di comportamento online. Quando condividiamo i contenuti basati sulla fede, facciamolo con rispetto, verità ed empatia. Il nostro comportamento online deve riflettere i valori cristiani. Dunque, non diffondere menzogne né messaggi che generano odio di qualunque tipo.
3. Diversificare le piattaforme. Espandete la presenza della chiesa su diversi canali per garantire che il messaggio continui a raggiungere le persone, anche in presenza di blocchi.
Questo argomento ci porta a riflettere su come svolgere la nostra missione in un ambiente digitale che, pur essendo ricco di opportunità, richiede anche saggezza, empatia e impegno per la verità. L’invito è che possiamo utilizzare queste piattaforme con uno scopo, promuovendo sempre la speranza e la fede, adattandoci ai cambiamenti legali e tecnologici con integrità e fiducia in Dio.
(Jorge Rampogna è direttore dei Dipartimenti Comunicazioni e Libertà religiosa presso la sede della Chiesa avventista sudamericana)
[Fonte: noticias.adventistas.org/pt. Traduzione: Lina Ferrara]