Abbiamo ricevuto da Francesco Laterza, colportore in Campania, un ricordo di Giuseppe (Pino) Buonocore, compianto capo colportore, che pubblichiamo. G. Buonocore si è addormentato nel Signore a febbraio (Messaggero avventista online del 18 febbraio). Pur sapendo che Pino non può più sentirlo, l’autore immagina di inviargli una lettera, per esprimere il suo affetto e per farci un po’ rivivere il periodo d’oro del colportaggio, di cui G. Buonocore fu attivo promotore e artefice.
Francesco Laterza – Sono passati due mesi da quando ci hai lasciato e il ricordo di te è così forte che quasi si fa fatica ad accettare la tua dipartita. Ti scrivo e ti voglio dire quello che forse non ti ho detto mai. Lo voglio fare usando il linguaggio che ormai solo pochi possono capire: quello dei colportori evangelisti.
Di te ho conosciuto prima le gesta e poi la persona fisica. Fin da subito mi ha colpito il tuo entusiasmo, la tua determinazione e il tuo coraggio: tutti elementi che facevano di te una persona speciale.
Con Rita, tua moglie, siete entrati nella mia vita e in quella dei miei cari. Ci avete visti fidanzati, sposi e genitori, testimoni fisicamente e spiritualmente di tutte le tappe della nostra vita. Per i miei figli eri il nonno che potevano abbracciare, visto che gli altri vivevano lontano.
Alla fine del mio servizio civile nella scuola di chiesa «Cappella Vecchia», a Napoli, la tua capacità professionale ha dato un altro frutto: portarmi nel mondo del dipartimento delle Pubblicazioni. Formato, guidato ed entusiasmato, mi hai fatto conoscere quel linguaggio che solo chi ha colportato può capire.
Esisteva il binomio casa editrice-colportori evangelisti. Un binomio fatto di uomini e donne capaci di emozionare ed emozionarsi davanti a un unico obiettivo: divulgare il messaggio della pagina stampata.
«Come le foglie d’autunno» era il motto che ci accompagnava.
I colportori erano formati per portare e divulgare il messaggio, partendo dai più piccoli per poi arrivare agli adulti. Quanto sono lontani gli incontri di colportaggio, che davano la carica e allontanavano le difficoltà che il lavoro presentava. Tu, in particolare, tenevi molto a questi raduni ed eri fremente e desideroso di vederci tutti presenti.
Volevi tanto bene ai tuoi allievi, ma chi scrive si è sentito particolarmente amato. Lavorare con te mi rendeva forte, tanto che ero desideroso di superare il mio maestro, e quella sana competizione ha determinato successi che oggi sono inimmaginabili.
Mi sono sentito onorato quando mi hai indicato come tuo successore. In parte ti ho accontentato, accettando di guidare i gruppi estivi a Jesi, per alcuni anni.
Il mondo pastorale dell’epoca deve riconoscenza a Buonocore perché ha insegnato l’arte di bussare alle porte, per portare parole di vita e di speranza alle persone.
Con la salute precaria tua e di tuoi colleghi capi colportori come Negrini, Testa, Liali, è iniziata la fase calante del colportaggio in Italia.
È triste dirlo, dopo di voi è venuta meno la vocazione e soprattutto la materia prima, gli uomini, per poter continuare la storia.
Caro Pino, ti ho voluto scrivere per ricordare; perché noi colportori viviamo soprattutto dei ricordi di quei tempi che ormai non ritorneranno mai più, ma che grazie a te e a quelli come te ci hanno permesso di dire: in quel mondo meraviglioso c’ero anch’io. Grazie.