Coraggio nel diluvio
20 Febbraio 2023

Il racconto di una famiglia che ha perso tutto con l’alluvione di Toowoomba, in Australia, ma ha ritrovato sostegno e generosità nello spirito solidale del prossimo. Il pensiero va a tutti coloro che vivono situazioni di emergenza e di estremo dolore come i terremotati in Siria e in Turchia.

Nathan Brown – Dopo un incontro casuale tra amici comuni, sono stato presentato a Tim e Sonia in un ristorante del centro di Toowoomba, nel Queensland, in Australia, otto giorni prima che la loro casa venisse spazzata via. Il ristorante si trovava a poche centinaia di metri dal luogo in cui il 10 gennaio 2011 sono state riprese alcune delle immagini televisive più drammatiche di Toowoomba sotto l’alluvione.

Un paio di settimane dopo, ho visitato Tim e Sonia Fittkau nella loro “nuova” casa. La loro vecchia abitazione era stata inondata e poi distrutta; due dei loro vicini risultavano ancora dispersi e Tim aveva aiutato a salvarne altri.

Tim, Sonia e le loro tre bambine vivevano da tre anni a Postmans Ridge, nella Lockyer Valley, appena sotto la catena di Toowoomba. Era il loro quartiere dei sogni. Avevano quasi finito di ristrutturare la loro casa che si affacciava su un torrente che non era mai straripato a memoria d’uomo; avevano controllato, anche con i vicini, dove era arrivata l’acqua nell’alluvione del 1974. “È qualcosa che non immagini mai che ti possa succedere”, commenta Tim, “leggi di altre persone che ci sono passate, ma non riesci mai a immaginarlo per te stesso”.

Giovedì 6 gennaio 2011, le fortissime piogge che colpirono la regione di Toowoomba fecero sì che circa cinque centimetri d’acqua attraversassero la casa. “L’anziana signora dall’altra parte della strada disse che non era mai stata così alta prima”, racconta Tim, “E poiché avevamo tutti i tappeti bagnati, l’assicurazione ci pagò il soggiorno in un motel di Toowoomba, mentre la casa veniva sistemata”.

Tim e suo cognato, Gary, tornarono giù il lunedì successivo per iniziare alcune piccole riparazioni prima che arrivasse il perito dell’assicurazione. “Quella mattina piovve a dirotto per tre ore”, ricorda Tim, “e per mezz’ora non si riusciva a vedere nemmeno a 20 metri di distanza, tanto era forte”.

Ben presto il torrente tornò a salire e a mezzogiorno era già dentro la casa. “Mentre l’acqua continuava a salire, iniziammo a pensare di dover sollevare più cose, perché non sapevamo quanto sarebbe arrivata in alto. A quel punto l’acqua era entrata anche nella mia officina. Avevo otto auto su cui avevo lavorato ed ero piuttosto preoccupato”.

Nell’officina l’acqua era già arrivata alle ginocchia. Tim si arrampicò attraverso una finestra e corse verso l’auto più vicina. “Fu allora che vidi la mia auto da lavoro galleggiare nella parte anteriore del capannone. Pensai: ‘Ok, la situazione si sta mettendo male’”.

“Gary spostò la sua auto più in alto nel vialetto. Vidi che l’acqua stava salendo, sembrava un metro alla volta. A quel punto Gary mi urlò: ‘Esci da lì!’. Così lasciai le altre auto e mi spinsi il più velocemente nell’acqua che ormai mi arrivava alla vita per raggiungere il punto più alto del nostro isolato”.

Al sicuro su un terreno più elevato, i due guardarono i veicoli mentre venivano portati via dalla corrente uno dopo l’altro. Notarono poi i loro vicini che cercavano di allontanarsi dall’acqua sempre più alta nella loro casa, così andarono ad aiutarli.

“Uno era su uno scooter a quattro ruote”, spiega Tim “Dissi a Gary di salire in macchina e abbattere la recinzione perché dovevamo farlo passare in qualche modo. Lui fece retromarcia e l’ha demolita”.

Gary guidò la sua auto nell’acqua e tre di loro trascinarono il vicino nell’acqua fino all’auto. “In circa 80 metri, dovemmo fermarci tre o quattro volte nell’acqua profonda fino alla vita, ma lo prendemmo”.

“Poi tornai indietro per aiutare altri due, uno per braccio. Eravamo arrivati a circa dieci metri dalla recinzione e scivolai. Quando riuscii a rimettermi in piedi, la forza dell’acqua li strappò entrambi dalla mia presa. Mi girai e li vidi galleggiare via. Ma andò bene: finirono su un albero e rimasero incastrati lì”.

Tim e gli altri attesero, per circa quindici minuti, che la marea si abbassasse. Quando l’acqua scese, gettarono una corda ai loro vicini bloccati e portarono a termine il salvataggio.

Mezz’ora dopo, tutto ciò che rimaneva della casa di Tim erano due lastre di cemento nude. “Mentre soccorrevamo i vicini, intravidi quello che stava accadendo a casa nostra, ma l’ultima cosa che scorsi fu l’acqua sopra le grondaie, poi vidi il tetto galleggiare via”.

Spirito comunitario 
Le persone si sono unite per aiutare il Queensland a rimettersi in piedi dopo l’alluvione. Tra loro ci sono:
– volontari che hanno lavorato instancabilmente per ripristinare la normalità;
– commercianti che hanno donato tempo e competenze;
– membri della comunità che si sono uniti spiritualmente;
– persone da tutta l’Australia e dal mondo che all’appello del Premier per i soccorsi in caso di calamità hanno donato;
– linee di consulenza e di crisi aperte per gestire lo stress e favorire una rapida ripresa;
– organizzazioni come la Croce Rossa, Adra e l’Esercito della Salvezza che hanno fornito sostegno morale e pratico.

Nel frattempo, Sonia racconta di sentirsi “stressata”. Tim aveva perso il telefonino mentre scappava dall’acqua e non aveva più contatti con lui. “Mi preparavo mentalmente ad affrontare l’acqua in casa”, racconta Sonia, “ma poi su Facebook vidi cosa stava succedendo in centro a Toowoomba”.

Appena possibile, Tim telefonò a Sonia per dirle che lui era al sicuro ma che la casa non c’era più. Quello fu il loro unico contatto fino a quando Tim non arrivò a Toowoomba alle 22.30 di quella sera.

A quel punto, raccontano Tim e Sonia, la famiglia e la chiesa intervennero per aiutare. Le sorelle di Sonia risposero alle telefonate e alle offerte di aiuto, oltre ad assicurarsi che avessero cibo e vestiti. “La nostra chiesa fu assolutamente fantastica”, aggiunge Tim.
La loro chiesa è la Glenvale Seventh-day Adventist Church di Toowoomba, ma vennero contattati da chiese di tutta l’Australia.
“Avevo detto a Sonia che avremmo dovuto tenere una lista per poter ringraziare le tante persone che ci hanno aiutato, ma siamo stati sommersi dalle offerte”. Ricevettero così tanto che donarono molto ad altri.

Sonia dice che le loro due bambine più piccole, Anna, di due anni, e Mickayla, di quattro mesi, avvertirono lo sconvolgimento e lo stress in famiglia, ma fu Katie, di tre anni e mezzo, ad averne risentito maggiormente. “Si rese conto che la nuova altalena che aveva ricevuto per Natale non c’era più, la nostra casa non c’era più e tutto quello che conteneva non c’era più”, riflette Sonia “La colpì molto, ma iniziò a rimettersi presto”.

Alcune delle madri che volevano aiutare chiesero beni specifici per la famiglia, che avrebbero potuto trovare per le bambine, il che, dice Sonia, fu di grande aiuto. Tim continua a raccontare: “La prima notte trascorsa in questa casa, completamente allestita con oggetti che ci sono stati donati, portammo le ragazze. Katie entrò nella sua stanza e vide un passeggino giocattolo di Dora l’Esploratrice e un vestito nuovo di zecca per andate in chiesa. Mentre io la guardavo mi vennero le lacrime nel rendermi conto che anche tutto ciò che le era familiare se n’era andato. Ma non eravamo solo noi a dover affrontare questa situazione”.

Sonia dice di rimpiangere soprattutto l’aver perduto i libri delle bambine, mentre a Tim manca il suo capanno. “Staremo qui per sei mesi, il che ci dà il tempo di decidere cosa fare dopo”, spiega Sonia. “Katie e Anna sono entusiaste di poter avere una nuova casa. Dicono che questa la stiamo solo ‘prendendo in prestito’”.

La ricostruzione 
Le inondazioni in diversi stati australiani, il ciclone Yasi, gli incendi di Perth e il terremoto di Christchurch in Nuova Zelanda hanno danneggiato in modo significativo le proprietà, la vita e i mezzi di sussistenza di molte persone. Ecco alcuni consigli pratici su come ricostruire:
– ristabilite le vecchie abitudini appena potete;
– non abbiate paura di chiedere aiuto;
– chiedete a dei professionisti di verificare che la vostra casa sia sicura;
– la sostituzione è di solito più economica del restauro;
– accettate il conforto degli estranei, ma anche della famiglia, degli amici e di Dio.

Quindi, per una giovane famiglia per la quale la fede è importante, in che modo un’esperienza così devastante influisce su cosa o come credere? “Affrontare tutto questo ha rafforzato il mio rapporto con Dio”, afferma Tim “Per noi è stato un processo di valutazione delle benedizioni, per usare le parole di un vecchio inno. Se da un lato mette alla prova la tua fede in alcuni ambiti, dall’altro ti dona resistenza, per renderci conto che possiamo affrontare questo tipo di cose”.

“Mentre guardavamo il bilancio delle vittime salire”, aggiunge Sonia, “pensavamo: ‘Sì, abbiamo perso la nostra casa, ma cos’è una casa in confronto alla vita?’. E come ho detto, non potrei immaginare cosa sarebbe stato senza il sostegno che abbiamo ricevuto dalla nostra chiesa”.

(Jarrod Stackelroth è redattore della rivista Signs of the Times Australia e vive a Sydney con la moglie e le figlie. Questo articolo è apparso per la prima volta sul sito web di Signs of the Times Australia/Nuova Zelanda ed è stata ripubblicata con autorizzazione).

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio] 

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