Maol – Questa settimana, il pastore emerito Pietro Copiz, già direttore del dipartimento Educazione presso l’Eud, ha condiviso nella sua lista di email l’esperienza che un amico aveva a sua volta condiviso con lui. La storia è tratta da un sermone di Mark Finley.
Era il 1949. Sergio, un anziano pastore romeno era stato arrestato e imprigionato con l’accusa di attività di spionaggio. Il suo crimine? Possedere una macchina per scrivere.
Dopo aver messo Sergio dietro le sbarre e chiuso a chiave la porta, il carceriere gli disse: «Non esiste un vero Dio, è il governo a darmi da mangiare. Ora vedremo chi opera meglio, se Dio o il governo. Andrò a casa e consumerò pasti abbondanti, ma ordinerò alle guardie di non darti niente da mangiare. Tornerò fra quattro giorni e vedremo chi è più nutrito».
Sergio, con cuore fedele, pregò il Signore di mostrare al carceriere non credente come si preoccupa e provvede ai suoi figli, perché nulla è impossibile a Dio.
Sentì un gatto miagolare: «Miao, miao». Il gatto trasportava in bocca una fetta di pane e la mise vicino alle barre della cella della prigione. Sergio tirò la fetta attraverso le sbarre e, grato, la mangiò. La scena si ripeté ogni giorno. Alla fine, trascorsi i quattro giorni, ecco tornare il carceriere. Con un sorriso beffardo, chiese a Sergio: «Allora? Il tuo Dio ti ha dato da mangiare negli ultimi quattro giorni?».
Sergio rispose: «Non ci crederai, ma un gatto mi ha portato del cibo ogni giorno».
E proprio in quel momento il gatto apparve di nuovo con un’altra fetta di pane in bocca, che pose appena fuori dalle barre della prigione, a portata di mano di Sergio.
Sconvolto e scioccato, il carceriere esclamò: «Ma quello è il mio gatto! E quello è il mio pane!».
(Mark Finley, sermone del 5 febbraio 2000)