Giornata della Memoria. 70 anni e il rischio del silenzio
27 Gennaio 2015

N3-Giornata MemoriaMantenere viva la coscienza comune per impedire che le nuove generazioni smettano di imparare.

Pedro Torres – Non passa inosservato il silenzio, a volte troppo forte in contrasto con il rumore assordante di estremismo e ingiustizia.

Oggi, milioni di persone e molte istituzioni ricordano il 70° anniversario della liberazione di Auschwitz. 70 anni sono trascorsi da quando si scoprì un orrore che superava in maniera indicibile i sospetti più esagerati. 70 anni per ricordare che, prima di una barbarie, la risposta non è la violenza.

Dov’è il senso comune? Non possiamo permettere che le giovani generazioni smettano di imparare da qualcun altro che cosa alcuni principi pseudo-religiosi possono arrivare a fare al genere umano, a noi stessi. Non possiamo tollerare l’oblio generazionale. 70 anni possono generarlo, e mi chiedo cosa succederà quando alla fine scomparirà l’ultimo superstite della Shoah? Cosa succede quando un episodio cessa di essere carne per diventare nient’altro che carta e inchiostro?

Tutta l’umanità dovrebbe riflettere su questo terribile episodio, vergognoso e imbarazzante, e contemporaneamente ascoltare le vittime sopravvissute nei decenni successivi. Tutta l’umanità dovrebbe parlare con i propri giovani, vaccinarli dalle ideologie vacue che non rispettano i diritti umani, che non sono in grado di tollerare la differenza, la diversità e che pretendono di imporre un’egemonia omogenea, dimenticando la ricchezza della diversità.

70 anni sono molti e sono niente. Sono troppi, troppo lunghi perché il mondo rimanga lo stesso, e troppo pochi perché le nuove generazioni dimentichino i frutti di un’ideologia che inizia a scorrere di nuovo, ma con nomi diversi.

Il miglior tributo che possiamo dare ai fratelli ebrei, figli di Abramo, come alle altre due grandi religioni monoteiste, non è quello di far sì che il loro sacrificio sia inutile, ma di mantenere la coscienza viva tutto l’anno, oltre che in un giorno come questo.

Abbiamo la decenza di dire: sono figlio dello stesso Dio, Allah, ‘Olam, Ha Shem, e quindi fratello di chi muore e… purtroppo di chi uccide. Speriamo che la coscienza comune possa aiutare la coscienza individuale, che sembra sempre più silenziosa in questo mondo ancora grigio, impregnato del fumo di Auschwitz, anche dopo 70 anni.

Sui rischi della memoria e dell’oblio, Roberto Vacca, di Radio Voce della Speranza di Firenze, ha conversato con Paolo Coen, coordinatore della rete universitaria per il Giorno della Memoria. Ascolta l’mp3

 

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