Mi inserisco anch’io nel dibattito aperto in questa testata online sul diritto all’adozione per le coppie omosessuali. Lo faccio in punta di piedi, visto che non sono né un teologo né un sociologo né un educatore, ma solo un genitore di un bimbo adottato.
Sono d’accordo con chi sostiene che in questo contesto, se di diritti dobbiamo parlare, sono centrali i diritti dei bambini. I genitori (gay, single o etero) hanno la possibilità di far incrociare la loro domanda d’amore con quella dei bambini, ma le loro esigenze sono assolutamente subordinate a quelle dei bimbi. Questo è ormai un dato acquisito per chiunque si confronti con il tema dell’adozione, almeno in Europa, diversamente da quanto accadeva un tempo e da quanto accade purtroppo ancora oggi quando si cercano scorciatoie pericolose (per avere bimbi sani, piccoli, magari del sesso che vogliamo noi, ecc.).
E qui mi riferisco all’intervento di Ennio Battista che sostiene che piuttosto che allargare i soggetti in possesso del diritto alla genitorialità (ma parliamo di diritto sempre tra virgolette), occorrerebbe favorire maggiormente le coppie tradizionali che sono scoraggiate da tante difficoltà di ordine finanziario, e non solo.
Condivido questa preoccupazione. Ho speso anch’io molto, senza alcuna sovvenzione. Abbiamo passato, mia moglie Annalisa e io, momenti di grande tensione con gli Enti che ci rifiutavano, con quelli che volevano strapparci un assenso per l’adozione di bambini già preadolescenti e con handicap non ben precisati. Abbiamo dovuto impuntarci – con il rischio di perdere tutto – per non esporci a una sfida superiore alle nostre forze, anche a costo di apparire egoisti.
Poi è arrivato il bambino: è stato bello, ma anche faticoso, come può immaginare chiunque abbia dei bimbi, supponendo di conoscerli al settimo anno di età. Pensavo che fosse un’operazione troppo «cerebrale», una fusione fredda, artificiosa… Quanto mi sbagliavo! Il Signore ci ha benedetto con il magnifico bimbo che ci ha affidato! Il coraggio dell’amore (e mi riferisco qui ad Annalisa) è rischioso, ma è ricompensato… Quel che il futuro ci riserva, non lo conosco, ma conosco il bene del presente, il bene soprattutto che il bimbo sta sperimentando nel suo rapporto con noi.
Tornando al soggetto in questione, vorrei dire ai fratelli che discutono di adozione: è probabile che le associazioni gay strumentalizzino il tema in chiave ideologica (anche se l’accusa potrebbe esserci ritorta contro). Forse si potrebbe cercare di aiutare di più le coppie tradizionali che vogliono adottare, riorganizzando il settore non sempre limpido delle centinaia di enti preposti all’adozione, togliendo alcuni assurdi paletti burocratici, aprendo l’adozione anche ai single. Ma il vero problema è quanto ci vogliamo aprire alla minaccia dell’amore. Chiunque faccia questo percorso non è un eroe, ma certo l’adozione è un percorso che difficilmente si fa a cuor leggero. Oggi è più difficile adottare bambini piccoli e senza problemi di salute, almeno a livello internazionale. I paesi che hanno ratificato un trattato internazionale sull’adozione (la maggioranza), cercano di mantenere i bimbi nel loro ambiente familiare allargato, e comunque nel loro paese. Solo come extrema ratio si apre la soluzione dell’adozione internazionale. Questo significa che, prima di arrivare a questa soluzione, passano spesso diversi anni, molti bimbi entrano nel circuito dell’adozione internazionale già «grandi», e se oltre a ciò non sono in buona salute hanno scarse possibilità di trovare una famiglia adottiva.
In Russia il loro destino, quando va bene, è di rimanere in un istituto, dove poco motivati allo studio, usciranno con scarse competenze, per finire in genere nell’alcol e nella criminalità. Non mi piace l’idea di affidare dei bimbi a coppie omosessuali, ho dei dubbi persino sui single, ma a fronte del niente (perché il rapporto bimbi-genitori adottivi è, nonostante alcune assurdità, assolutamente sbilanciato) è meglio una famiglia con delle disfunzionalità, che almeno sia in grado di assicurare affetto e interesse. Certo, anche queste famiglie devono essere seguite con attenzione (come tutte, del resto), ma dobbiamo metterci nell’ordine di idee che, quando facciamo delle considerazioni generali che riguardano non solo noi e la nostra chiesa ma la polis in generale, dobbiamo orientarci secondo il criterio del male minore, piuttosto che su quello dell’etica in bianco e nero. Lo stesso criterio vale per il tema del divorzio, dell’aborto, forse anche della legalizzazione della droga, sapendo che soluzioni perfette non esistono e che, qualunque scelta uno Stato operi, ci saranno sempre delle controindicazioni. La soluzione perfetta ce la offrirà soltanto Dio nel suo regno.
Roberto Vacca, chiesa di Firenze