La speranza conta
16 Luglio 2024

Non possiamo vivere di solo pane. Abbiamo bisogno anche di sperare.

Bruce Manners – “Liberate la vostra speranza!”. Questo è il messaggio di David Hamilton, autore di How Your Mind Can Heal Your Body (Come la mente può curare il corpo). Hamilton aggiunge che dovremmo sperare in grandi cose perché “la speranza fa bene su molti livelli: mentale, emotivo e fisico”.

Riguardo alla dimensione fisica, l’autore guarda a uno studio dell’Università di Harvard condotto su 13.000 anziani. La ricerca ha evidenziato quanto segue: “La speranza era associata a una migliore salute fisica, a un ridotto rischio di mortalità legato a tutte le cause, a un minor numero di condizioni croniche, a un minor rischio di cancro e a una migliore qualità del sonno”. Non solo: “La speranza era anche abbinata a un migliore benessere psicologico, includendo una crescita delle emozioni positive, della soddisfazione della vita, di un più ampio benessere sociale e di un maggiore senso di scopo, associandosi a meno stress”. Tutte condizioni preziose a qualsiasi età.

La speranza può essere “contagiosa” e trasmissibile ad altri, in modo significativo. “Quando qualcuno perde la speranza, la tua speranza può essere virale”, o almeno può aiutare qualcuno che affronta momenti difficili a percepire un po’ di fiducia. Uno stato d’animo che può sottrarre parte della solitudine che deriva dal sentirsi disperato”.

La speranza conta. Hamilton ci incoraggia a non avere paura di sperare, a liberarla e a sperare in grandi cose.

La speranza conta per i risultati della vita
Nella sua ricerca, Carol Graham, accademica e autrice di The Power of Hope (Il potere della speranza), avverte che negli Stati Uniti vi è una “crisi di disperazione”. Graham definisce gli individui disperati “come coloro che non hanno speranza e sono in bilico tra la vita e la morte”. Un ulteriore problema riguarda il fatto che queste persone sono anche “inclini a credere alle notizie false, alle relative teorie complottiste e alla radicalizzazione”.

Carol Graham lancia un accorato appello alle comunità perché si impegnino nella “riduzione della disperazione e nel ripristino della speranza”, identificando coloro che sono vulnerabili per aiutarli a sperare. Graham aggiunge: “La disperazione ha già causato danni, solo nel 2021 nella vita di quasi un milione di americani; sarebbe scoraggiante se dovesse essere trasmessa alla prossima generazione”.

Graham scrive a proposito di “morti di disperazione” (l’espressione è usata per il suicidio) che rappresentano un problema enorme negli Stati Uniti e hanno causato un crollo dell’aspettativa di vita nel Paese.

Chi vive fuori dagli Usa potrebbe far finta di niente e pensare che questa realtà non abbia effetti in altre parti del mondo. Se in Australia le morti per disperazione non sono un problema così grave come negli Stati Uniti, l’Istituto australiano per la salute e il welfare ha evidenziato un “aumento preoccupante negli ultimi anni”, nel suo report di incidenza sulla mortalità (General Record of Incidence of Mortality, noto come Grim). Sebbene i tassi di suicidio in Paesi come la Nuova Zelanda siano diminuiti negli ultimi anni, si tratta ancora di un problema sociale significativo. Gli uomini hanno il doppio delle probabilità di suicidarsi rispetto alle donne; i più a rischio sono i maschi Maori di età compresa tra 15 e 44 anni e i Pasifika (i nativi delle isole del Pacifico) tra 15 e 24 anni.

Un continuum di speranza e disperazione
Mandy Scotney ha condotto la sua ricerca sulla speranza con alcune persone che stavano tentando di lavorare e risolvere uno dei problemi più urgenti della terra, secondo molti: il cambiamento climatico. La questione che hanno affrontato era semplice: “Può apparire che ci sia poca capacità di mettere in atto strategie per creare un mutamento desiderato, quando ci sono così tante altre forze in campo”.

Scotney ha concluso, in base al suo studio, che la speranza è come la marea: “Scorre e rifluisce: non è costante e non dovremmo aspettarci che lo sia”. La sua ricerca ha dimostrato che accettare che alcuni giorni siamo ricchi di speranza, e altri “non così tanto”, costruisce la resilienza e la capacità di continuare ad andare avanti.

“Non sorprenderti se avrai giorni in cui la speranza sembra sfuggirti – aggiunge la ricercatrice – accetta che tutti abbiamo momenti del genere e sappi che non è una situazione permanente: un dì, la speranza scorrerà di nuovo.” Sorprende poi una sua affermazione: “Puoi trovare la speranza nella disperazione”. Nello studio di Scotney sulle persone che affrontano il cambiamento climatico, è emerso “un movimento costante tra speranza e disperazione… un equilibrio consapevole tra i due estremi di questo continuum è importante per un approccio utile e curativo volto a sperare”.

Scotney ha scoperto che questi individui “hanno investito una notevole energia per evitare la disperazione… e la disperazione ha alimentato le loro azioni”. La studiosa ha concluso così: “La disperazione non è da evitare, piuttosto da gestire. I partecipanti alla ricerca non evitano di riconoscere i fatti o affrontare il potenziale disperante che le loro azioni comportano. Usano, al contrario, tutto questo come un trampolino di lancio per l’azione. La disperazione diventa allora un alleato della speranza”.

Il rapporto di Mandy Scotney suggerisce che “un senso di accettazione di come stanno le cose, avere la visione di un mondo migliore e focalizzare l’attenzione su quelle aree in cui possiamo facilitare quel tipo di cambiamento, sono i capisaldi di una speranza che può essere una forza trainante della cura di sé e del benessere”.

Pensiero fiducioso
Lo psicologo positivista Charles Snyder è spesso citato quando si conducono ricerche sulla speranza. È morto nel 2006, ma la sua influenza continua. Snyder ha concluso che “i pensatori fiduciosi ottengono di più e sono fisicamente e psicologicamente più sani delle persone meno speranzose”.

È diventato popolare un approccio al tema noto come la Teoria della speranza di Snyder. Lo psicologo ha sostenuto che sono tre gli atteggiamenti/approcci principali che compongono il pensiero fiducioso. Li ha chiamati: obiettivi, percorsi e agentività (io sono agente della mia speranza).
Chi li pratica:
– si approccia alla vita in modo orientato agli obiettivi;
– trova diversi modi per raggiungere i propri obiettivi;
– crede di poter mettere in moto il cambiamento e raggiunge gli obiettivi.

In realtà, tante cose succedono e “qualunque talento o abilità tu possa avere, la speranza è lo stato d’animo che ti aiuta a navigare tra le svolte della vita, facendoti andare avanti quando i tempi sono ardui. Non solo… la speranza non è semplicemente una sensazione di felicità: è un meccanismo di sopravvivenza umana e non potremmo prosperare senza di essa”.

Quando Polly Campbell iniziava ad affermarsi come scrittrice, ha trovato questo tipo di approccio molto utile e ci offre un consiglio: “Apprezza le battute d’arresto dell’esistenza e vai oltre. La speranza si rafforza in modo esponenziale quando si incontra un ostacolo e si persevera nonostante tutto. La prossima volta che ti ci imbatterai, presta attenzione a ciò che quel contrattempo offre: un’opportunità di crescita, una possibilità per imparare qualcosa che devi conoscere per raggiungere i tuoi obiettivi; quindi, supera quella sfida. Sappiamo tutti che i tempi difficili arriveranno. Forse ne vivi uno proprio ora”.

“La speranza” continua Polly Campbell “ci ricorda che possiamo andare oltre e, nonostante le sfide, perseguire potenzialità più grandi. È una sensazione potente. Ci tiene in movimento, invece di bloccarci nella disperazione. Ha funzionato per me all’inizio della mia carriera… Sono ancora una libera professionista, scrivo ancora. Sperando sempre”.

La ricerca ha individuato un legame tra umorismo e speranza con risultati che sostengono “l’influenza positiva dello humor su un atteggiamento fiducioso”. Secondo un approccio relativamente semplice, alle persone coinvolte è stato chiesto di compilare una scala di speranza, prima e dopo aver visto un video. Una metà dei partecipanti ha guardato un video umoristico, l’altra un video “neutro”, privo di humor. Gli “esiti hanno indicato un aumento statisticamente significativo di speranza dopo l’esposizione al video umoristico, rispetto al gruppo di controllo che aveva visto un filmato neutro. Risultati che avvalorano l’influenza positiva dell’umorismo su uno stato d’animo fiducioso”.

La ricerca evidenza, inoltre, che è stato “dimostrato empiricamente che l’umorismo può influenzare positivamente il benessere psicologico e fisico, e che il senso dello humor è una componente importante negli individui che hanno alti livelli di speranza”.

Speranza e missione
Il ricercatore Brené Brown afferma: “La speranza non è un’emozione; è un modo di pensare o un processo cognitivo. Le emozioni svolgono un ruolo di sostegno, ma la speranza è davvero un processo del pensiero… In termini molto semplici, la speranza si manifesta quando abbiamo la capacità di fissare obiettivi realistici (so dove voglio andare). Siamo in grado di capire come raggiungere questi obiettivi, compresa la capacità di rimanere flessibili, e sviluppare percorsi alternativi (so come arrivarci, sono tenace, posso tollerare una delusione e riprovare). Quando crediamo in noi stessi (posso farcela!).”

Puoi farcela!

Victoria Safford ci chiama alla nostra missione con questi versi:
La nostra missione è quella di piantarci alle porte della Speranza.
Non le porte prudenti dell’Ottimismo,
che sono un po’ più strette.
Non le porte vigorose e noiose del Buon senso;
nemmeno le porte stridenti dell’Autodeterminazione,
che scricchiolano su cardini striduli e arrabbiati
(lì la gente non può sentirci, non può passare oltre);
neanche l’allegro e inconsistente cancello del giardino
dell’”Andrà tutto bene”.
Ma un posto diverso, a volte solitario,
Il luogo della verità. 

Questo è il momento di liberare la tua speranza!

(Bruce Manners è autore, pastore in pensione ed ex redattore di Signs of the Times edizione Australia/Nuova Zelanda. Vive a Lilydale, Victoria. Una versione di questo articolo è apparsa per la prima volta sul sito web Signs of the Times Australia/New Zealand ed è ripubblicata dietro autorizzazione).

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio] 

 

 

 

 

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