Giuseppe Marrazzo – Gesù sapeva sorridere e ridere. Con la sua enorme capacità di comunicare simpatia attirava i bambini, le donne e gli uomini del suo tempo; perfino coloro che cercavano di intrappolarlo nei loro sofismi riconoscevano l’acuta intelligenza del Maestro. Grazie al suo geniale intuito sapeva lasciare a bocca aperta coloro che volevano trascinarlo su un terreno paludoso: le tasse, i rapporti con il potere, la risurrezione, le relazioni con gli esattori, la donna colta in adulterio… Insomma, come i nostri, anche i suoi erano tempi da piangere!
Eppure, Gesù sapeva suscitare gioia, fede e ottimismo. Quale straordinaria capacità di mostrare il volto di un Dio familiare, confidenziale e non quello di un Dio esigente, inaccessibile, lontano! La tristezza che riesce a incutere il «dio» dei fanatici o degli integralisti potrebbe addirittura scusare lo spirito polemico e aggressivo. Si comprende che non può essere il Dio di Gesù che chiede l’immolazione di martiri vestiti al tritolo o la mutilazione sessuale femminile. Si diceva una volta «scherza coi fanti e lascia stare i santi».
L’umorismo religioso potrebbe suscitare il sorriso su cose molto serie, fino a «vedere» con altri occhi tutto ciò che sembra scontato. Nel romanzo di Umberto Eco, Il nome della rosa, padre Jorge fa morire i frati curiosi che si apprestano a leggere il secondo volume della poetica di Aristotele dove si parla del sorriso, atteggiamento indegno e superficiale in un’abbazia nella quale i frati si macerano l’animo per i peccati del mondo; così, forse, si pensa che Gesù, dovendo portare i peccati di tutti, sia stato una persona cupa, seria, triste. Invece leggiamo: «In quella stessa ora, Gesù, mosso dallo Spirito Santo, esultò e disse: “Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli!”» (Luca 10:21). Mi piace tanto il Gesù che esulta!