Anche se intangibili e apparentemente fragili, le parole modellano la nostra visione del mondo, della vita e di noi stessi. Diventando un balsamo o un’arma che ferisce mente e corpo.

Carmen Lăiu – “Le parole sono senza dubbio la droga più potente usata dall’umanità” (Rudyard Kipling). “Esprimersi male non è solo difettoso per quanto riguarda la lingua, ma crea danni all’anima”, diceva Platone. Basandosi su questa riflessione, Gabriel Liiceanu sottolinea l’importanza di un discorso corretto ed elegante, sostenendo che la corruzione del linguaggio (un bene comune che non appartiene solo a noi) porti al disprezzo di altre regole su cui è costruita la società. In definitiva, il filosofo sostiene che: “L’esigenza del rigore sarà bandita dalle nostre anime e tutte le successive convenzioni della vita ricadranno nello schema del ‘va bene qualsiasi cosa’”.

Esprimersi correttamente non è un semplice capriccio. Dovremmo tutti preoccuparci di conoscere le corrette norme del discorso (e della scrittura). Ma perché non trattiamo con lo stesso zelo l’impiego positivo delle parole? Coloro che ci circondano hanno bisogno di comprensione, apprezzamento, incoraggiamento e, quando possibile, di un riscontro positivo. Forse possediamo un vocabolario ricco e sfumato, ma quanto siamo consapevoli, quando parliamo, che le nostre parole possono essere un balsamo per l’anima o un’arma con cui feriamo?

Sappiamo per esperienza quanto sia sorprendente il potere delle parole, anche quando esse sembrano volatili. Le parole possono far rivivere teneramente i bei giorni; cancellare i dolori incisi nel cuore e riempire di luce i momenti scuri di una giornata. Ma possono frantumare altrettanto facilmente la tranquillità dell’anima, con il loro passo pesante, spazzando via la gioia di un momento e avendo il potere di deviare una persona dal suo percorso e di condannarla a brancolare nel buio.

Ci si parla con termini di vari tipi: parole di benedizione, parole di guarigione, parole pungenti, parole memorabili e non poche parole pesanti. Visto l’impatto di questa ragnatela di parole che ci avvolge l’un l’altro, dovremmo pesare attentamente ciò che diciamo agli altri (e anche a noi stessi).

Parole che ci guariscono
“Il dolore è l’habitat ideale per la crescita delle preoccupazioni” affermano gli autori di uno studio del 2007 che esamina la connessione tra il dolore cronico e la preoccupazione.
Basandosi su questa associazione, i ricercatori David Hauser e Norbert Schwarz hanno condotto una nuova ricerca nel 2016 in cui hanno evidenziato la sensibilità dei pazienti alle parole che in genere hanno un significato neutro. Quando interpretavano un referto medico ambiguo, i partecipanti allo studio tendevano a vederlo negativamente se il medico usava i verbi “causare” o “scatenare”, e positivamente se il verbo scelto era “produrre”. In un nuovo contesto, le persone tendono a trasferire significato tra le parole (alcune con connotazione positiva diventano negative e viceversa, a causa dell’uso frequente di questi termini in contesti positivi o negativi). I ricercatori chiamano questo fenomeno “prosodia semantica”.

In un articolo pubblicato nel 2018 sul Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy, Hauser e Schwarz raccomandano agli operatori sanitari di usare, se possibile, frasi e parole che non enfatizzano l’idea di sofferenza e disagio quando si discute di procedure di recupero medico.

“Nella riabilitazione muscoloscheletrica, dovremmo rimanere sempre vigili su come le nostre parole possono essere interpretate” affermano gli autori, sottolineando che, mentre “gli esseri umani sono costituiti da muscoli, ossa e tessuti, (…) le parole che usiamo in terapia possono avere una profonda influenza su come le persone sentono i loro corpi e su come interpretano ciò che stanno vivendo”. Riferendosi a studi che mostrano come i fattori psicologici siano migliori indicatori di disabilità e livelli di dolore rispetto a quelli patologici, i due professori notano che ignorare i fattori psicologici può influenzare il processo di recupero dei pazienti. Le parole scelte dai medici hanno il potenziale per guarire o causare danni significativi, dicono Hauser e Schwarz. “Come le droghe, le parole hanno la capacità di cambiare il modo in cui un’altra persona pensa e sente” evidenziano i ricercatori.

L’incoraggiamento verbale ha migliorato le prestazioni in un test di equilibrio, secondo uno studio del 2021. I partecipanti alla ricerca, degli atleti dilettanti, sono stati selezionati tra gli studenti di un’università statale e divisi in due gruppi: soggetti sani e quelli che soffrivano di instabilità cronica della caviglia.

Lo studio ha rivelato che, nei testi di equilibrio, le prestazioni degli studenti con instabilità cronica della caviglia sono aumentate con l’incoraggiamento verbale (frasi come: “Dai, dai, dai!” o “Vai il più lontano possibile!”), mentre quelle dei soggetti sani sono rimaste invariate. I dati delle ricerche precedenti mostrano che le distorsioni della caviglia sono uno degli infortuni più comuni tra gli atleti e gli individui con queste lesioni hanno spesso difficoltà a recuperare il livello di funzionalità pre-infortunio e sperimentano più recidive.

Inoltre, il 40% di questi individui sviluppa instabilità cronica della caviglia. Altri studi hanno evidenziato la paura del movimento nei pazienti con instabilità cronica della caviglia, così come il fatto che lo stress peggiora l’instabilità posturale. Pertanto, gli autori dello studio del 2021 hanno concluso che l’incoraggiamento verbale ha aiutato gli studenti con questa condizione ad aumentare l’autostima e a controllare la loro paura.

Mentre gli allenatori o i tifosi usano, a volte, le critiche e i rimproveri per alimentare l’ambizione degli atleti,  è l’incoraggiamento che aumenta la motivazione e porta a risultati migliori. In uno studio condotto dall’Università dell’Essex, il dott. Paul Freeman ha fornito assistenza ai giocatori di golf ascoltando le loro preoccupazioni e offrendo incoraggiamento e rassicurazioni che tutto sarebbe andato bene prima delle competizioni sportive. Le prestazioni dei giocatori sono migliorate, in media, di 1,78 colpi per round, un risultato significativo per uno sport competitivo. Freeman ha dichiarato che i risultati dello studio sono rivelatori degli effetti del sostegno sociale, dato l’impatto che il supporto di uno sconosciuto ha avuto sulle prestazioni sportive.

Proprio come con le parole giuste, l’effetto di quelle negative può essere immediatamente evidente, ma spesso non ci rendiamo conto del loro impatto a lungo termine. Anche se intangibili e apparentemente fragili, le parole modellano la nostra visione del mondo, della vita e di noi stessi e, in giovane età, possono agire come uno scalpello che scolpisce letteralmente il nostro cervello.

Parole che ci paralizzano 
Anche un breve sguardo, solo per pochi secondi, a una lista di parole negative può peggiorare l’umore di una persona ansiosa o depressa. Se l’assalto dei pensieri negativi non viene fermato, può influenzare le strutture cognitive che regolano la memoria, le emozioni e i sentimenti.

Le parole negative possono dare origine a pregiudizi fin dalla tenera età, dice un recente studio che ha coinvolto bambini dai 4 ai 9 anni. I bimbi sono stati divisi in gruppi più piccoli e impegnati in un’attività. A un certo punto, un adulto nella stanza ha partecipato a una videochiamata in cui parlava di un gruppo immaginario di persone (denominato Flurps o Gearoos). Mentre alcuni gruppi di bambini non sono stati esposti a messaggi negativi su questi personaggi di fantasia, altri hanno ascoltato descrizioni negative su di loro (sono persone cattive, parlano male, indossano abiti strani e hanno una dieta disgustosa).

I bambini esposti a questa conversazione hanno mostrato atteggiamenti significativamente più negativi nei confronti del gruppo fittizio subito dopo aver assistito alla conversazione, così come due settimane dopo l’esperimento. Questo effetto era più pronunciato nei bambini tra i 7 e i 9 anni, ma trascurabile per quelli della fascia di età 4-5. La coordinatrice dello studio, Emily Conder, ha ammesso di non conoscere la spiegazione di queste differenze nella formazione dei pregiudizi, ma ha suggerito che potrebbe essere dovuto ai tempi di attenzione più brevi e alla ridotta capacità di assorbimento delle informazioni nei bambini piccoli.

Quando un bambino non è solo esposto a messaggi negativi e aggressivi, ma ne diventa anche il bersaglio, i danni a lungo termine possono essere notevoli. Il professore di psichiatria Martin Teicher ha condotto diversi studi che evidenziano le conseguenze fisiche ed emotive dell’abuso verbale.

Una ricerca ha scoperto che l’aggressione verbale è associata a sintomi psichiatrici e che gli effetti sullo sviluppo del bambino sono più gravi di quelli che si hanno crescendo in una famiglia con violenza domestica. I ricercatori hanno anche scoperto che l’abuso verbale ha effetti paragonabili a quelli dell’abuso sessuale.

L’esposizione ad abusi verbali da parte di coetanei è stata anche collegata a un rischio più elevato di sintomi psichiatrici. Gli effetti più dannosi sono stati osservati durante gli anni delle scuole medie: le molestie verbali hanno portato a cambiamenti nella materia bianca del cervello.

L’aggressività verbale può essere minimizzata rispetto ad altre forme di aggressione, ma non dovrebbe mai essere trattata con leggerezza, sostiene il professore di psichiatria Martin Teicher, sottolineando che le esperienze che attraversiamo modellano letteralmente il nostro cervello, un organo altamente adattabile.

Nel caso delle donne che hanno subito violenza domestica (quella che l’Organizzazione Mondiale della Sanità chiama “violenza intima del partner”), gli studi hanno rilevato una forte associazione tra violenza verbale e depressione.

Per mantenere una relazione sentimentale armoniosa, lo psicologo John Gottman suggerisce che ci vogliano cinque interazioni positive per ogni negativa. Una singola interazione positiva non è sufficiente per contrastare una negativa; quindi, un rapporto 1 a 1 indica che la relazione è in pericolo. La ricerca di Gottman ha dimostrato che le relazioni coniugali possono essere gravemente danneggiate dalle critiche (così come dalla difensiva, dal disprezzo e dal muro contro muro) e che l’80% delle coppie che tollerano questi comportamenti è a rischio di divorzio.

Il nostro linguaggio quotidiano rivela più della semplice categoria socioeconomica a cui apparteniamo. Racconta delle nostre motivazioni, delle ferite radicate dentro di noi, dei modelli di comunicazione ereditati e dello sforzo che abbiamo (o non abbiamo) fatto per domare le nostre parole. E, in definitiva, svela la salute della nostra anima.

Se siamo già ben addentro nel labirinto della critica e del sarcasmo, se respiriamo con gusto il profumo delle parole rabbiose o scoraggianti, se ci cibiamo al banchetto tossico dei pettegolezzi, forse non dovremmo essere così preoccupati per gli additivi alimentari o l’eccesso di sale e zucchero.

Per avere uno stile di vita veramente sano, dovremmo pensare e parlare in un modo che non ci faccia vergognare di tutte le 16.000 parole che pronunciamo in un solo giorno.

(Carmen Lăiu è redattrice di Signs of the Times Romania e ST Network).

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio] 

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