Un’intervista al pastore Remo Cristallo, presidente della Federazione delle chiese pentecostali (Fcp)
Fcp – La segreteria della Federazione ha continuato a ricevere numerose richieste di chiarimento relative alla visita del papa fatta al past. Traettino di Caserta; è sembrato utile chiedere al past. Remo Cristallo, presidente della Federazione, di dare una prima risposta a queste richieste sotto forma di un’intervista che riassume i contenuti delle domande pervenute.
1. Chi sono i pentecostali che il papa ha visitato a Caserta?
L’aggettivo “pentecostale” oggi viene usato per indicare indiscriminatamente un mondo molto ampio e complesso; vi sono ormai diversi studi in materia che affrontano la questione e che chiariscono come sia necessario specificare ulteriormente questo aggettivo per provare a dare qualche definizione. Per quanto mi riguarda, questo termine può essere usato legittimamente solo da quei gruppi, chiese o movimenti che fanno risalire la loro origine storica al grande risveglio che ha assunto questo nome all’inizio del Novecento e che spesso vengono definiti “pentecostali classici”. Naturalmente, se tutti quelli che in qualche modo riconoscono nella Pentecoste narrata dagli Atti degli apostoli un punto di riferimento ideale vogliono definirsi “pentecostali” sono liberi di farlo; ma le distinzioni storiche e teologiche non sono questioni secondarie.
2. La chiesa della Riconciliazione e il past. Traettino dove si collocano?
Si collocano nella più ampia area cosiddetta “evangelica carismatica”, o “neopentecostale” come risulta anche dai circuiti cui essi aderiscono; in Italia il termine “carismatico” indica un’area interna al cattolicesimo ben definita che poi ha assunto il nome di “Rinnovamento nello Spirito” ed è stata incardinata nella chiesa di Roma. A livello internazionale, invece, il termine indica un’area molto vasta di carattere trasversale al mondo cristiano nata sulla scia di contatti con il mondo pentecostale classico. Quest’area per alcuni anni è stata piuttosto mobile e senza confini denominazionali, poi ha cominciato ad organizzarsi in gruppi con un assetto più comunitario che ecclesiale ed in alcuni casi con una propensione al dialogo ecumenico tendente ad una facile conciliazione di posizioni; la chiesa della Riconciliazione è un prodotto di questo processo. La storia personale del past. Traettino e della sua chiesa con i loro attraversamenti denominazionali (prima battista, poi pentecostale delle Assemblee di Dio in Italia, poi aderente al movimento di Restaurazione, infine chiesa della Riconciliazione) mostrano come i rapporti con il pentecostalesimo siano molto deboli e senza alcun radicamento storico e teologico.
3. Eppure il past. Traettino intrattiene buoni rapporti con tanti esponenti del mondo pentecostale italiano.
I buoni rapporti sono una cosa, la condivisione di una certa teologia e di determinate modalità operative sono altra cosa; anche io ho buoni rapporti con lui: operiamo a 20 km di distanza! La prima volta che ci siamo conosciuti è venuto spontaneamente in visita alla vecchia sede della nostra chiesa di Aversa, credo che fosse l’anno 1991. Ma lui sa molto bene che il mondo pentecostale italiano gli ha sempre contestato non solo alcuni metodi ecclesiastici, ma anche una certa visione dell’ecumenismo: in particolare per quanto attiene quello nei confronti del cattolicesimo; gli abbiamo sempre contestato approssimazione e mancanza di realismo nelle sue scelte, ma soprattutto gli è stato contestato il tentativo di intestarsi una rappresentanza del mondo pentecostale italiano che non ha mai avuto. Per queste ragioni, ad esempio, non è stato possibile accogliere lui e la sua chiesa all’interno della Federazione pentecostale.
4. E allora che senso ha avuto la visita del papa a questa chiesa?
Francamente non lo so; immagino che il papa e gli apparati vaticani che si occupano di queste cose conoscano molto bene il contenzioso tra la chiesa cattolica e le chiese pentecostali; contenzioso che in realtà corrisponde a quello storico che tutto il mondo protestante ha con la chiesa di Roma e che in Italia è stato aggravato, per quanto riguarda i pentecostali, da atteggiamenti aggressivi molto spinti. Tutte cose che vengono segnalate da tempo a vari livelli e su vari tavoli di confronto, ma che finora non hanno trovato alcuna risposta significativa e lineare; per non parlare di rapporti tesi e difficili ancora oggi in tante realtà locali. Da quello che ho potuto capire attraverso i mass media il papa ha voluto fare una specie di regalo a Traettino con il quale intrattiene da molto tempo una personale amicizia nata quando era ancora cardinale; ma, per quanto privato e personale, il gesto di un papa non è mai fine a se stesso e ha sempre delle ripercussioni. E, infatti, pare che abbia finito per scontentare un po’ tutti: cattolici e pentecostali. I primi per essersi sentiti un po’ messi da parte, gli altri per essere stati identificati con un interlocutore che non li rappresenta in alcun modo. Se questa visita voleva avere un valore ecumenico o di dialogo, mi pare che l’obiettivo non sia stato raggiunto, anzi queste ambiguità hanno reso le cose più difficili.
5. Però sono state fatte dichiarazioni importanti; ad esempio, il papa ha chiesto perdono per il coinvolgimento dei cattolici nei provvedimenti fascisti antipentecostali.
Una richiesta di perdono è una cosa importante, ma il perdono in se è anche una cosa molto seria; io non mi permetto di giudicare la richiesta di perdono del papa, ma credo che il valore di questi gesti sia direttamente proporzionale alla volontà di non ripetere più gli errori che hanno prodotto il danno per cui si chiede perdono. Tuttavia, credo anche che un cristiano per perdonare non aspetti che gli venga chiesto. I pentecostali italiani non hanno aspettato certo oggi per perdonare quello che è accaduto negli anni Trenta del Novecento; ma vorrebbero capire come mai in tanti contesti locali accadono ancora cose molto spiacevoli nei loro confronti. Vi è un problema culturale contro i pentecostali che non è mai stato risolto e non so se basta un gesto di questo tipo. Inoltre, vorrei dire che la cosa è stata anche un po’ enfatizzata; si è detto che in Italia sono state promulgate leggi contro i pentecostali; in realtà non si è mai trattato di leggi, ma solo di una circolare ministeriale emanata tre anni prima delle leggi razziali contro gli ebrei. In quella circolare furono utilizzati motivi razziali in modo del tutto ingiustificato, ma l’invenzione servì per ordinare l’illegalità del culto pentecostale. E se poi la devo dire fino in fondo, credo che ai pentecostali debba chiedere scusa più lo Stato Italiano che non la chiesa cattolica; aldilà delle ingerenze indebite che pure ci sono state da parte di settori cattolici, rimane il fatto che a porre in essere la persecuzione sono stati apparati dello Stato e non solo negli anni Trenta. Vorrei ricordare che la famigerata circolare Buffarini Guidi con la quale il culto pentecostale veniva vietato per motivi razziali è rimasta in vigore fino al 1955; quindi, qualche colpa l’ha anche lo Stato repubblicano.
6. Quindi le ferite non sono sanate, come invece auspicava il papa nelle sue parole.
… Io credo che il papa e i suoi collaboratori sappiano che in Italia c’è una lunga tradizione pentecostale che si incarna in precise organizzazioni: le Assemblee di Dio in Italia, La Federazione delle Chiese Pentecostali, le Congregazioni Cristiane Pentecostali e altre comunità indipendenti. Queste rappresentano la storia e il credo del pentecostalesimo italiano. Se si vuole dialogare con questo mondo, le modalità di approccio sono diverse e molto più impegnative.
7. Allora nessuna possibilità di dialogo con la chiesa cattolica?
Tutto dipende da cosa si intende per dialogo. Se si intende un confronto teologico per illustrare le proprie posizioni, allora posso dire che il dialogo tra cattolici e pentecostali è il più longevo dell’era post conciliare; a livello internazionale, infatti, questo dialogo promosso dal Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani è in piedi dal 1970 se si tiene conto anche della fase preparatoria al suo avvio. Certo, sorprende che non si siano mai seduti degli italiani a questo tavolo; forse sono considerati troppo radicali e poco diplomatici o forse c’erano troppe altre scottanti questioni che riguardavano i rapporti tra pentecostali e cattolici in Italia e quindi era meglio non farle venire fuori. O forse si riteneva che i pentecostali italiani non fossero all’altezza di confronti teologici di quel livello. Le ragioni possono essere varie, ma il dato di fatto è l’esclusione. Questo modo di procedere ha sempre dato l’impressione che la chiesa cattolica voglia dialogare con interlocutori selezionati da lei; e in questa prospettiva da noi è stato letto anche l’evento della visita. Ma il dialogo vero si fa non tra individui o vecchi amici; si fa con chiese diverse dalla propria accolte in tutta la pienezza della loro diversità, anche se si trattasse di una diversità problematica o urtante.
8. La Federazione che lei rappresenta che idea ha del dialogo?
La Federazione delle chiese pentecostali conduce dialoghi bilaterali con altre confessioni evangeliche fin dalla sua nascita; in questo ambito ha sottoscritto un documento pubblico sull’ecumenismo. Inoltre, partecipa regolarmente agli incontri del Global Christian Forum dal 2006. I pentecostali sanno, possono e vogliono dialogare con tutti, infatti, ci sono realtà locali che intrattengono buone relazione anche con i cattolici; ma vogliono anche sempre capire perché si dialoga e con quale finalità. Ci sono le anime belle che credono che il dialogo sia fine a se stesso e passi soprattutto attraverso rapporti personali piacevoli e culturalmente elevati; si tratta di una forma di dialogo che finisce per rimanere appannaggio di piccoli circoli che poi non hanno alcun impatto sulla realtà delle cose. Ci sono quelli che lo intendono come mezzo per accordi diplomatici e istituzionali; poi ci sono quelli che lo intendono in funzione politica in vista di coalizioni tese a difendere il cristianesimo dalle altre religioni. Infine, ci sono quelli che lo intendono come un mezzo per arginare l’attività di altre chiese. Insomma, ci sono tanti modi di pensare il dialogo. La Federazione incoraggia una spiritualità che privilegia la testimonianza personale di fede del credente; questa porta naturalmente a dialogare, soprattutto quando si vogliono trattare ed esaminare questioni importanti partendo anche da punti di vista opposti, purché l’intento sia di far prevalere la Parola di Dio così come le Scritture bibliche la propongono.