Michele Abiusi – “Nessuno ha amore più grande di quello di dare la sua vita per i suoi amici. Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando. Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo signore; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udite dal Padre mio” (Giovanni 15:13-15).
Il rapporto di intimità fra Gesù e il discepolo non solo assicura stabilità e sicurezza, ma è alla base di una radicale trasformazione di quest'ultimo: da servo diventa amico. Questo cambiamento è significativo e ne possiamo cogliere il senso dalla tradizione biblica e dallo stesso Vangelo di Giovanni, tenendo presente che sia la figura del servo sia quella dell’amico esprimono un rapporto positivo e specifico nei confronti di Dio.
I profeti parlavano di se stessi come servi di Dio, fino a giungere alla figura del “Servo di Dio” tratteggiata nella seconda parte del libro di Isaia: è una figura la cui sorte è inseparabile da quella del suo popolo e che offre la sua vita per giustificare i popoli di tutte le nazioni.
Gesù stesso introduce l’incontro di addio con i discepoli lavando loro i piedi e assumendo così la funzione del servo. Anche i discepoli si considerano servi quando si rivolgono a lui con il titolo di “Signore”.
Senza negare il senso e il valore del rapporto di servizio, anzi, rafforzandolo, Gesù inserisce i discepoli in un nuovo rapporto: “non più servi, ma amici”. Quello di amico è un titolo che nell’Antico Testamento viene riservato solo ad Abramo e a Mosè, perché il Signore ha comunicato con loro a faccia a faccia.
Gesù trasforma i discepoli da servi in amici perché li ha amati fino al dono della vita e perché ha rivelato loro tutte le parole che ha udito dal Padre. Nella preghiera rivolta al Padre, Gesù dirà: “Io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro” (Giovanni 17:26).
Gli amici di Gesù sono coloro che hanno accolto tutte le sue parole e sono stati trasformati dall’amore ricevuto. La parola accolta e interiorizzata trasforma la vita in amore vissuto. Diventare amici e non più servi indica un rapporto di reciprocità nel quale non solo si accolgono i comandamenti, ma si condividono anche i sentimenti. È il recupero della libertà.
Il passaggio dalla condizione di servi a quella di amici spiega anche come il rapporto di intimità con Gesù Cristo sfoci nella gioia: “Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia completa” (Giovanni 15:11).