Quando l’automobile diventa luogo di testimonianza
15 Giugno 2017

Massimo Fabbri – È iniziato un po’ per gioco un po’ per necessità, quando mio papà è venuto a mancare prematuramente e il tragitto da Padova, dove abito, a Circeo, dove vive la mia famiglia, era diventato così frequente da dover cercare un modo per ammortizzare i costi del viaggio. Ho quindi trovato un sito che permette di far incontrare autisti e le proprie automobili con aspiranti passeggeri. Una cosa tanto semplice quanto geniale: condividere la propria auto con chi come te viaggia sulla stessa tratta, in questo modo si risparmia entrambi e ci guadagna l’ambiente. Non voglio qui parlare di ecologia e della mia, tua, nostra personale e doppia responsabilità verso il creato, anche se ne sarei veramente tentato. Desidero invece focalizzare l’attenzione su un altro rivoluzionario quanto semplice aspetto di questo «gesto di condivisione», perché non si condividono solo quattro ruote e un tratto di strada, ma un pezzo di se stessi.

È troppo divertente incontrare vite diverse. In questa piccola esperienza, ho incontrato donne e uomini dalle professioni più disparate, come un elicotterista dell’Esercito italiano che mi ha raccontato i retroscena della guerra in Afghanistan, una tricologa, un surfista australiano con i dread (capelli rasta) fin sotto la «cintura», addirittura una naturopata che verso la fine del viaggio si è rivelata essere una cultrice dello sciamanesimo. Ma anche tante persone «normali», con le quali ho condiviso progetti di vita, sfide in corso, sogni e sconfitte. Insomma, devo dire che da quando provo questa modalità di viaggiare la noia non è di casa. E ormai alla vigilia di un viaggio penso: «Che cosa mi aspetterà questa volta?».

Ecco il punto: perché condivido qui questa esperienza? Perché, non so per quale oscuro motivo, ma avere uno sconosciuto nella mia automobile mi ha permesso di testimoniare di Dio e della mia fede in maniera sorprendente. Finora non ricordo un viaggio in cui non sia riuscito a condividere la mia fede e il mio credo, in cui non abbia parlato per ore della mia conversione, del mio rapporto personale con Dio. Tutti i muri di pregiudizi, diffidenza, paura cadono e, con una semplicità disarmante, si riesce a condividere ciò che si ha dentro.

Adesso che rifletto meglio, mi accorgo che la cosa funziona perché metto in pratica, in maniera «originale» e per alcuni poco ortodossa, il metodo di Gesù. Quel metodo fatto di 5 punti che si scoprono analizzando come Gesù agiva. Ancora una volta ho la personale conferma che soltanto seguendo il suo metodo possiamo avvicinare le persone con successo. Il Salvatore si mescolava con le persone dimostrando loro bontà, manifestava simpatia, si occupava delle loro necessità ottenendone la fiducia e poi rivolgeva loro l’invito: seguitemi.

C’è una piccola poesia di Robert Frost che mi fa riflettere e che rappresenta una specie di parabola di questa esperienza.

La strada che non presi
Due strade divergevano in un bosco giallo / e mi dispiaceva non poterle percorrere entrambe /ed essendo un solo viaggiatore, rimasi a lungo
a guardarne una fino a che potei.

Poi presi l’altra, perché era altrettanto bella, / e aveva forse l’aspetto migliore,
perché era erbosa e meno consumata, / sebbene il passaggio le avesse rese quasi simili.

Ed entrambe quella mattina erano lì uguali, / con foglie che nessun passo aveva annerito. / Oh, misi da parte la prima per un altro giorno! / Pur sapendo come una strada porti ad un’altra, / dubitavo se mai sarei tornato indietro.

Lo racconterò con un sospiro / da qualche parte tra anni e anni: / due strade divergevano in un bosco, e io – / io presi la meno percorsa, / e quello ha fatto tutta la differenza. (Robert Frost)

Questa esperienza mi ha insegnato che posso scegliere di intraprendere il mio viaggio nel comfort, nella mia automobile, e sono io a decidere chi invitare, con chi dialogare, che cosa ascoltare alla radio o con chi parlare al cellulare… La strada «battuta» di Frost, per intenderci. Oppure, posso lasciare all’incontro «imprevisto» la possibilità di donarmi qualcosa di nuovo, un incontro che può cambiare la mia vita e non solo. È sul sentiero poco battuto che sicuramente il Signore ha più margine di manovra e può agire con più forza anche in noi, che forse lo abbiamo più o meno inscatolato in luoghi, liturgie, canoni, modalità più o meno ortodosse.

In un’epoca dove la diffidenza e la paura verso l’altro sono pane quotidiano delle nostre vite, ho sperimentato personalmente quanto arricchente sia entrare in relazione con l’altro. Non serve molto, basta volersi mettere in gioco… e sperimentare. Basta lasciare le redini del gioco al Signore e qualcosa di nuovo può accadere, e «quello ha fatto tutta la differenza».

(Massimo Fabbri è membro della chiesa di Padova e membro laico del Comitato Uicca)

(Immagine: adventistreview.org)

 

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