Teliamura (India) – Non ha voluto abbandonare la religione cristiana per abbracciare l’induismo. Una scelta che è costata la vita a, insegnante di trentacinque anni che viveva nel villaggio di Teliamura (West Tripura), nella zona nord-orientale del Paese.
A ucciderlo in modo brutale, addirittura con una decapitazione, è stato il suocero. L’uomo, un 55enne impiegato governativo del dipartimento di scienze e tecnologia, è riuscito per ora a far perdere le sue tracce. Il corpo della vittima è stato ritrovato qualche giorno fa in un ruscello vicino al villaggio
Secondo quanto riferisce l’agenzia missionaria AsiaNews, che cita i media locali, l’assassino è riuscito a portare a termine il suo disegno grazie all’aiuto di uno sciamano, il 42enne Khrishapada Jamatiya. Lo sciamano, già arrestato, prima dell’uccisione aveva eseguito, insieme con l’assassino, una puja, la preghiera rituale.
La vittima aveva sposato tre anni fa Jentuly, figlia del suo carnefice. «Mio padre – ha dichiarato la donna ai giornali – non aveva mai accettato che Tapas fosse cristiano, aveva sempre esercitato pressioni, ma mio marito non aveva mai ceduto. Adesso ho paura: mio padre potrebbe uccidere anche me e mio figlio».
Il delitto si inserisce in un contesto difficile, segnato da una legislazione anti-conversione. In India, secondo il rapporto Acs del 2012, è lunghissima la lista degli attacchi alle minoranze. Secondo dati raccolti dal Global Council of Indian Christians (GCIC), nel solo 2011, la minoranza cristiana è stata vittima di 170 attacchi di nazionalisti indù, di entità più o meno grave. Si tratta di attacchi di vario genere perpetrati da gruppi appartenenti al movimento nazionalista indù del Sangh Parivar.
Nel settembre 2011 il Parlamento ha bloccato per l’ennesima volta l’approvazione del Communal Violence Bill, la legge sulla violenza interreligiosa.
(Mauro Pianta, Vatican Insider – LaStampa.it, 3 giugno 2013)