Le pressioni ambientali costringono le persone a lasciare un luogo per andare a vivere in un altro. Oggi, anche i biblici Abramo e Sara, Isacco e Rebecca, Giacobbe e la sua famiglia, e Naomi sarebbero tutti “rifugiati ambientali”.
Notizie Avventiste – Il Sabato del rifugiato 2024 ritorna il 15 giugno, data più vicina alla Giornata mondiale istituita dall’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) e che ricorre ogni 20 giugno. Adra Italia invita alla riflessione, in occasione di questa giornata, tramite un articolo di David L. Wright sui rifugiati ambientali.
David L. Wright – Immaginate di vivere vicino alla costa e il livello del mare inizia ad alzarsi, o nei pressi di un vulcano pronto a eruttare, o che i vostri campi non producano e il vostro bestiame stia morendo perché non piove da anni, o che faccia così caldo da mandare a fuoco le foreste, o che un terremoto o una frana abbiano appena distrutto la vostra casa, o che ci sia uno tsunami in arrivo, o che un’alluvione abbia sepolto la vostra abitazione e l’intero quartiere. È chiaro che vi spostereste altrove, con i vostri cari e tutto ciò che potete portare con voi, in un luogo più sicuro, anche se è molto lontano e richiede tempo per arrivarci.
Nel 2001, l’ambientalista britannico Norman Myers spiegò come i rifugiati ambientali sarebbero diventati “il crescente fenomeno globale del XXI secolo”. Descriveva l’aumento delle persone sul nostro pianeta, che “non possono più assicurarsi il sostentamento nelle loro terre d’origine a causa della siccità, dell’erosione del suolo, della desertificazione, della deforestazione, della carestia e di altri problemi ambientali, oltre alle questioni associate alla pressione demografica e alla povertà assoluta. Nella loro disperazione, queste persone sentono di non avere altra alternativa se non quella di cercare rifugio altrove, per quanto rischioso sia il tentativo”.[1]
Mentre alcuni si spostano all’interno del loro Paese (sfollati interni), la maggior parte abbandona la propria terra natia, con poche speranze di ritornarvi. Nel 1995, il numero dei rifugiati ambientali cominciò a superare quello dei rifugiati tradizionali, cioè di coloro che fuggivano dall’oppressione politica, dalle persecuzioni religiose o dai problemi etnici. Myers aveva previsto che i rifugiati ambientali sarebbero aumentati non solo a causa del numero sempre più crescente di persone impoverite che sottoponevano a pressione i loro ecosistemi già sovraccarichi, ma sarebbe poi esploso con l’impatto del riscaldamento globale che avrebbe provocato l’innalzamento del livello dei mari, le inondazioni costiere, le interruzioni dei sistemi pluviometrici e l’aumento delle siccità di “gravità e durata senza precedenti”.
Rifugiati tradizionali, ambientali e climatici
I rifugiati tradizionali, dicono le Nazioni Unite, sono coloro che attraversano i confini internazionali per sfuggire a guerre, violenze o conflitti; i “rifugiati ambientali”, invece, sono quelle persone che fuggono dai disastri naturali; mentre i “rifugiati climatici” lasciano le loro case a causa del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici.
Trent’anni fa, Sadako Ogata, della Commissione delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), avvertiva che “il rapporto tra i rifugiati e l’ambiente era stato a lungo trascurato”. Dieci anni dopo, l’Unhcr ha ammesso che “non è cambiato molto… a parte il fatto che il numero dei rifugiati è raddoppiato… e il livello di distruzione dell’ambiente è accelerato”.[2]
Ora, a distanza di altri dieci anni, gli effetti catastrofici dei disastri naturali – terremoti, tsunami a essi associati, inondazioni, frane, incendi, siccità ed eruzioni vulcaniche – insieme all’impatto inconfutabile dei cambiamenti climatici, costringono un numero sempre maggiore di persone ad abbandonare casa e mezzi di sussistenza, e a diventare “rifugiati ambientali”. Se si considerano anche le conseguenze ecologiche dei conflitti interni e delle guerre, diventa chiaro il motivo per cui la Croce Rossa Internazionale ha recentemente riferito che oggi abbiamo più rifugiati ambientali che politici.[3]
I cambiamenti climatici agiscono come moltiplicatori di rischi, con ricadute sull’accesso all’acqua, la sicurezza alimentare e i mezzi di sostentamento. Tutto questo aggrava i conflitti geopolitici e crea un numero ancora maggiore di sfollati. La desertificazione, l’innalzamento del livello del mare, il sovraccarico dei sistemi igienico-sanitari e l’acqua inquinata o scarsa costringono un numero sempre maggiore di persone a emigrare, obbligando la comunità internazionale a gestire la conseguente e immensa pressione ambientale sui luoghi in cui si trasferiscono, compresa la maggior parte dei campi profughi.[4]
Nel 2022, 108 milioni di persone in tutto il mondo sono state costrette a fuggire a causa di “persecuzioni, conflitti, violenze, violazioni dei diritti umani ed eventi che turbano gravemente l’ordine pubblico”. L’Unhcr prevede che, entro la fine del 2024, altri 22 milioni di persone saranno obbligate a spostarsi o a diventare apolidi. L’Istituto internazionale per l’economia e la pace, tuttavia, fa eco alle previsioni di Norman Myers, prevedendo oltre 1,2 miliardi di sfollati e profughi a livello globale entro il 2050 esclusivamente a causa dei cambiamenti climatici e dei disastri naturali. Sono 2,8 miliardi coloro che risiedono ancora in Paesi che affrontano gravi minacce ecologiche.[5]
Sebbene nessun angolo del nostro pianeta sembri indenne dai problemi legati alla migrazione, i Paesi che in maggior parte vengono colpiti per primi, e in modo peggiore, sono quelli che producono meno emissioni di anidride carbonica.[6] Ciò significa che circa il 60% di tutti i profughi e gli sfollati interni oggi vive in aree che sono più vulnerabili ai cambiamenti climatici.[7]
I rifugiati ambientali e climatici, tuttavia, non sono ancora legalmente protetti dalla Convenzione sui rifugiati del 1951, a meno che non si possa dimostrare che il rischio di guerra, violenza o persecuzione sia stato aumentato da cause ambientali. Ne è un esempio quanto è avvenuto in Camerun di recente: molti residenti sono fuggiti verso il vicino Ciad per scampare alle ostilità tra agricoltori e pescatori, scatenate dalla diminuzione delle riserve idriche legata al mutamento di temperatura.[8]
Sebbene la Bibbia non utilizzi il termine “rifugiato”, ha molto da dire sulle persone definite stranieri, forestieri, esuli o estranei. La storia biblica del popolo d’Israele è essenzialmente un racconto di immigrazione e di rifugiati, con molti dei suoi protagonisti costretti a lasciare la loro casa a causa della carestia. Persone come Abramo e Sara, Isacco e Rebecca, Giacobbe e la sua famiglia, e Naomi verrebbero tutti classificati oggi come rifugiati ambientali. Le Scritture ci ricordano ripetutamente che le esperienze degli Israeliti in Egitto, e altrove, dovrebbero servire da motivazione su come trattare chi si trova tra noi in circostanze simili. “Tratterete lo straniero, che abita fra voi, come chi è nato fra voi; tu lo amerai come te stesso; poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto. Io sono il Signore vostro Dio” (Levitico 19:34).
Note
[1] N. Myers, “Environmental refugees: a growing phenomenon of the 21st century” (Rifugiati ambientali; un fenomeno crescente del XXI secolo), in Philosophical Transactions of the Royal Society di Londra, del 29 aprile 2002.
[2] A. Harper, “A critical time for refugees and their environment (again)” (Un periodo critico per i rifugiati e l’ambiente), sul sito web Unhcr Innovation, del 10 dicembre 2016, link: https://www.unhcr.org/innovation/critical-time-refugees-environment/
[3] International Federation of Red Cross and Red Crescent Societies, “Climate change and human mobility: A humanitarian point of view” (Cambiamenti climatici e mobilità umana: una prospettiva umanitaria), su Refworld.com, 22 aprile 2009, link: https://www.refworld.org/policy/legalguidance/ifrc/2009/en/
[4] A. Harper, Op. cit.
[5] Institute for Economics and Peace, Ecological Threat Report 2023 (Rapporto 2023 sui rischi ecologici).
[6] Y. Reschechtko “Evidence to Action: Climate Change and the Global South”, su Cega, 19 novembre 2020, link: https://medium.com/center-for-effective-global-action/evidence-to-action-2020-climate-change-and-the-global-south
[7] K. Siegfried, “Climate change and displacement: the myths and facts”, su sito web Unhcr UK, 15 novembre 2023, link: https://www.unhcr.org/news/stories/climate-change-and-displacement-myths-and-facts
[8] Ibidem
[Fonte: Adra Italia. Immagini del concorso artistico “Ascoltami. Guardami. Cammina con me“ 2024]