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Il burattino giace in un angolo e, non appena Pinocchio lo vede, esclama: «Com’ero buffo, quand’ero un burattino». Non è un burattino «trasformato» in bambino, come nella edulcorata versione Disney, ma è «un altro».
Non è trasformazione, ma nascita: è morto l’io-schiavo (burattino) ed è nato l’io-libero (figlio). Si è compiuto il destino: l’avventura di ogni vita è diventare vivi per amore, attraversando la morte dell’io chiuso in sé e ancora incapace di amare.
Dall’articolo di Alessandro D’Avenia
“Una bambinata universale” del Corriere della Sera del 13 gennaio 2020
In questo numero Claudio Coppini e Roberto Vacca intervistano il pastore e scrittore Rolando Rizzo sulle suggestioni che ci offre ancora oggi il Pinocchio di Collodi, riproposto in questi giorni nella versione cinematografica di Matteo Garrone.