Sette  religiose e responsabilità sociali

Sette religiose e responsabilità sociali


La strage familiare di Altavilla Milicia (Palermo), compiuta dal fanatico religioso Giovanni Barreca, ha portato alla ribalta il fenomeno delle sette.

“Si tratta di comunità, in apparenza accoglienti e seducenti, che nella realtà sfruttano la fragilità sociale e psicologica delle persone per ridurle in una sorta di schiavitù”. Così inizia un articolo di TGCom24, che ripropone l’allarme sociale rispetto alle sette religiose, diffuse e  potenzialmente pericolose. Nel caso della strage di Altavilla è stata tirata in ballo anche una chiesa evangelica locale di orientamento pentecostale

Ma le cose stanno davvero così? È corretto sociologicamente e giornalisticamente parlare di sette? È la dimensione religiosa la prima chiave di lettura di questa tragedia familiare? O non è piuttosto la povertà, l’ignoranza e l’isolamento sociale – anche rispetto alle comunità di fede originali – il brodo di coltura della violenza e della follia, dell’ennesimo femminicidio e infanticidio?

Su questi temi Claudio Coppini e Roberto Vacca hanno sentito il parere di Raffaella Di Marzio, direttrice del Centro Studi LIREC (Libertà di religione, credo e coscienza).

Quando il diavolo siamo noi

Quando il diavolo siamo noi


Si era convinto che la sua famiglia fosse posseduta dai demoni. E per “liberarli”, così ha raccontato, li ha massacrati senza pietà durante un rituale di esorcismo a cui anche altri potrebbero aver partecipato. E’ con inaudita violenza che Giovanni Barreca, muratore di 54 anni, ha ucciso la moglie Antonella Salamone e i due figli maschi, Kevin di 16 anni ed Emanuel di 3. (…)   A quanto pare Barreca si era avvicinato, via social, a Roberto Amatulli, un parrucchiere barese autoproclamatosi pastore evangelico, guaritore ed esorcista, che affermava di essere in grado di scacciare il demonio.  (…)  Chiaramente affetto da un profondo disagio psichico, per il quale non è ancora chiaro se fosse seguito da uno specialista, il muratore di Altavilla era diventato un fanatico religioso. Ovunque – dice chi lo conosceva – vedeva la presenza del diavolo e dei suoi effetti. E lui, da “soldato di Dio”, così si definisce sui suoi profili social, abbandonati o blindati almeno da cinque anni, era convinto di avere il compito di “combattere per il regno di Dio” (da Repubblica del 12-2-2022)

Su questa triste vicenda, dai molteplici risvolti, Claudio Coppini e Roberto Vacca hanno raccolto un commento del pastore Saverio Scuccimarri, decano della Facoltà avventista di teologia di Firenze. Per commentare questa intervista mandateci un messaggio whatsapp (anche vocale) al seguente numero: 3482227294.

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