Il Convegno “Dai culti ammessi alla libertà religiosa” svoltosi al Senato segna una svolta importante nel dibattito pubblico.
Paolo Naso – Per una volta il bicchiere non è mezzo vuoto ma quasi pieno. Il Convegno “Dai culti ammessi alla libertà religiosa” svoltosi al Senato il 16 e il 17 febbraio, segna una svolta importante nel dibattito pubblico su temi che faticano a entrare nell’agenda politica. Eppure, anche grazie all’iniziativa costante e tenace della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), in collaborazione con la Commissione delle Chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (Ccers), qualcosa sembra muoversi.
Il primo messaggio è arrivato dal Quirinale, e non poteva essere più chiaro nel riconoscere l’attualità del tema e “l’esigenza di aggiornare tutele per tutte le minoranze religiose, nel quadro dei principi sanciti dalla Costituzione”. Parole impegnative e direi solenni, pronunciate nel giorno in cui si ricordava la concessione dei diritti civili ai valdesi del Regno di Sardegna. Sempre dal Colle più alto, è arrivato anche il riconoscimento del “patrimonio spirituale delle chiese evangeliche” che “continuerà a rappresentare una grande risorsa per una proficua azione educativa a vantaggio dell’intera comunità”. Qualcosa di più che un saluto formale e di un attestato di stima, ma il sostegno a un percorso legislativo di aggiornamento delle tutele per le minoranze, nel quadro della Costituzione. Parla il Presidente Mattarella, ma anche il costituzionalista, consapevole delle potenzialità della Carta in materia di libertà religiosa, non ancora pienamente espresse e anzi ancora oggi condizionate dal piombo della normativa di epoca fascista sui “culti ammessi”. E volendoci esercitare nell’analisi testuale, non deve sfuggire che il Presidente abbia parlato di tutele per “tutte” le minoranze religiose. L’aggettivo rinforza un concetto e un principio pienamente inclusivo. “Tutte” vuol dire che le nuove norme dovranno superare la discrezionalità di quelle vecchie, storicamente applicate secondo logiche e tempi che risentivano di valutazioni e di opportunità politiche.
Il secondo messaggio è arrivato dal presidente del Senato, che sin dai primi giorni del suo mandato ha aperto un canale di comunicazione con la Fcei, ricevendo in varie occasioni delegazioni evangeliche e ospitando ben due convegni sul tema della libertà religiosa. Quando ci sarà un disegno di legge – ha rassicurato il presidente Grasso – il Senato è pronto a recepirlo. Un riconoscimento importante, avvalorato dagli interventi di politici di diverso orientamento politico: Malan per Forza Italia, Mazziotti Di Celso per Scelta Civica, Airola per il Movimento Cinque Stelle, Campana per il PD.
Il terzo messaggio è arrivato forte e chiaro da mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei. Intervento molto atteso, il suo, da chi si ricordava l’audizione di un suo predecessore di fronte alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati. “L’uguale libertà di tutte le confessioni garantita dalla Costituzione non implica piena uguaglianza di trattamento” fu l’ardita affermazione di mons. Betori, oggi arcivescovo a Firenze ma nel 2007 numero due dei vescovi italiani. Una semplice frase che pose una pietra tombale sul progetto di legge che si discuteva in Parlamento. Otto anni dopo il vescovo Galantino, senza troppi giri di parole, è andato subito al dunque: la Cei condivide la necessità di “superare la legislazione sui culti ammessi” – ha affermato – che “risulta stridente sia con i principi costituzionali”, sia con gli indirizzi del Magistero della Chiesa cattolica.
Uomo franco e leale interprete della Chiesa di papa Francesco, Galantino ha ripreso il tema del suo predecessore per offrirne una nuova e direi opposta lettura: è “essenziale” – ha affermato – dare piena attuazione a questo principio di “eguaglianza nella libertà”. “Forse non si potrà essere d’accordo su tutto – ha concluso – ma è necessario che su tutto ci si confronti, con attenzione alle diverse identità e nel rispetto di una laicità pluralista e inclusiva, secondo le caratteristiche proprie dell’esperienza italiana indicate dalla Corte costituzionale già sul finire degli anni ’80”. Anni di pronunciamenti coraggiosi e innovativi, che arrivarono a definire la laicità dello Stato “supremo principio costituzionale”.
L’ultimo messaggio è arrivato dalla comunità scientifica, e in particolare dal mondo del diritto ecclesiastico che, sotto la presidenza del costituzionalista Roberto Zaccaria, sta lavorando a un testo di legge le cui linee fondamentali sono state presentate nel corso del Convegno. Prossima tappa a giugno, per la presentazione pubblica del progetto di legge e l’affidamento alle forze politiche e quindi al Parlamento. Sarà un cammino in salita ma intanto raccogliamo i risultati di questo importante 17 febbraio.
(fonte: Nev-notizie evangeliche 08/2015)