Animaliamoci 21-12-2018: “Le condizioni di sfruttamento degli animali nei circhi”

Animaliamoci 21-12-2018: “Le condizioni di sfruttamento degli animali nei circhi”


Nel corso di questa nuova puntata di Animaliamoci, Sergio Ammannati e Roberto Vacca intervistano Mariangela Corrieri, presidente di Gabbie Vuote onlus.

In questa puntata parliamo dello sfruttamento degli animali nei circhi.
I circhi si presentano come attrattiva, luoghi originali e allegri; il risultato è l’alto numero di visitatori, principalmente bambini, invitati, tra le altre cose, dagli animali che possono essere visti. Sfortunatamente, in questi circhi esiste un’altra realtà oltre l’atmosfera allegra e i tendoni sgargianti, i clown e gli animali-giocolieri, una realtà piena di sofferenza, privazioni. Per gli animali che vi sono costretti a vivere c’è veramente poco per cui gioire, poiché questa non è che un’altra faccia dello sfruttamento.

Buongiorno con l’Edicola RVS del 20 dicembre 2018

Buongiorno con l’Edicola RVS del 20 dicembre 2018


In questo numero Claudio Coppini e Roberto Vacca commentano con i loro ospiti alcuni articoli pubblicati sui giornali di oggi. Sono intervenuti Alessandro Martini, responsabile Caritas Toscana e Eugen Havresciuc, pastore della Chiesa avventista di Genova.
Tra i temi affrontati: l’ “inutile guerra” con l’UE e i veri problemi del Paese (00:03:00), la necessità di politiche di solidarietà e integrazione (15:30:00), Trump annuncia il ritiro dalla Siria (00:23:00), il Natale di Gesù profugo e migrante (00:25:00), il ponte di Genova come metafora dei ponti spirituali da (ri)costruire in Italia (00:32:00).

Buon Natale! Ho pulito il disastro che hai combinato

Buon Natale! Ho pulito il disastro che hai combinato

“Dio infatti non ha mandato il proprio Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma affinché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Giovanni 3:17).

Omar Miranda – “Aaagggghhhhhh!”. Udimmo nitido l’urlo e un tonfo. Mia figlia ed io ci precipitammo in sala da pranzo e trovammo mio figlio immobile, ricoperto di porridge che era colato e aveva imbrattato il pavimento. Mia figlia, esasperata da quel fratellino (o “piccolo scocciatore” come soleva chiamarlo), gli puntò il dito davanti al viso. “Guarda che disastro hai combinato!” gli disse decisa.

Accompagnai mio figlio nella sua stanza per ripulirsi e poi tornammo per dare una lavata al pavimento. Ma sentimmo mia figlia esclamare con dolcezza: “Buon Natale, Jackson, ho pulito il disastro che hai combinato!”.

Scoppiai in una fragorosa risata. Poi diventai silenzioso e cominciai a commuovermi mentre il senso profondo di quelle parole emergeva nel mio cuore.

Sapete, in una notte silenziosa di circa 2.000 anni fa, in una piccola città senza nome, una madre adolescente senza nome diede alla luce un bambino, nato in un fienile buio, pieno di spifferi, sporco, puzzolente, freddo. Il vangelo annuncia: “Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. Essa era nel principio con Dio. Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta. In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini. […] E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre” (Giovanni 1:1-4, 14).

Dio è venuto per stare con noi. La sua nascita fu il modo usato da Dio per dire all’intero genere umano, a te e a me: «Guarda che guaio hai combinato peccando e voltandomi le spalle. Ma, buon Natale. Ho pulito il tuo disastro!”.

Gesù disse a Nicodemo: “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Giovanni 3:16,17).

Sono così felice che Dio sia venuto in questo mondo non solo per evidenziare i nostri disastri, ma per porvi rimedio. Per questo è nato come un bambino indifeso, ha vissuto una vita perfetta e ha subìto – nonostante fosse perfetto – la morte di un peccatore; ma poi è risorto alla vita.

Allora, buon Natale! Gesù ha rimediato ai problemi che non avremmo mai potuto risolvere da soli! Viviamo la nostra vita per lui! E quando incontriamo delle persone che hanno reso la loro esistenza disastrosa, condividiamo con loro il messaggio di Cristo, morto per pulire anche la loro vita, e poi è risorto.

Non dimentichiamo mai che è Gesù la ragione di questo periodo di feste.

 

[Fonte: Adventist Review online]

 

Adra Svizzera invia 3.048 pacchi natalizi ai bambini della Moldavia

Adra Svizzera invia 3.048 pacchi natalizi ai bambini della Moldavia

Al progetto “I bambini aiutano i bambini” partecipano chiese e scuole.

Hope Media Italia – Alla fine di novembre, un treno con 3.048 pacchetti a bordo ha attraversato l’Europa per raggiungere i bambini svantaggiati della Moldavia e donare un sorriso durante le feste. Circa 50 coordinamenti Adra (Agenzia Avventista per lo Sviluppo e il Soccorso) della Svizzera hanno partecipato alla campagna “I bambini aiutano i bambini”, e raccolto i doni.

“Questo progetto di Natale” ha spiegato Nathalie Beck, responsabile delle comunicazioni per Adra Svizzera “è attivo da diversi anni e si diffonde sempre di più”. Infatti, grazie al passaparola, l’agenzia umanitaria ha ricevuto anche quest’anno chiamate da persone che volevano partecipare. I pacchetti vengono distribuiti, fin dal 2009, dall’agenzia partner (Adra Moldavia) ai bambini degli orfanotrofi, alle famiglie povere e ai bambini disabili del Paese. Chi desidera ricevere un pacchetto, deve contattare i servizi sociali, le scuole o l’agenzia umanitaria avventista che effettua la selezione. La Moldavia, situata tra la Romania e l’Ucraina, è uno dei Paesi più poveri d’Europa. A maggioranza cristiana ortodossa, celebra il Natale il 6 e il 7 gennaio.

I coordinamenti di Adra Svizzera pubblicizzano il progetto nelle scuole e nelle chiese, ricevendo numerose adesioni. Ffs Cargo e la società “Tts Transport & Terminal Services AG” di Buchs/SG, che organizza il trasporto, finanziano parte dei costi; contribuiscono alle spese anche Rail Cargo Austria e Ungheria Gysev Cargo.

[Fonte: Agenzia stampa Apd]

Il documento sui diritti umani, ormai settantenne, ha un significato speciale per le persone di fede

Il documento sui diritti umani, ormai settantenne, ha un significato speciale per le persone di fede

Nelu Burcea, rappresentante della Chiesa avventista presso le Nazioni Unite, riflette sul recente anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani.

Settant’anni fa, la comunità internazionale stipulò un accordo rivoluzionario per sostenere una serie di princìpi e valori condivisi, che avrebbero guidato l’umanità nel suo futuro. Sette decenni dopo, quell’accordo, vale a dire la Dichiarazione universale dei diritti umani, è diventato parte integrante del panorama internazionale e l’espressione dominante dei vari diritti che le nazioni devono salvaguardare affinché i cittadini possano vivere un’esistenza piena e dignitosa. Oggi, la Dichiarazione è disponibile in un numero sempre crescente di lingue e dialetti – 514 secondo gli ultimi dati – divenendo così, secondo il Guinness dei primati, il documento più tradotto al mondo.

La Dichiarazione è stata chiamata idealistica e certamente ha una visione olistica molto ampia dei diritti umani, che comprende un’ampia gamma di valori sociali, politici ed economici. Tra i suoi 30 articoli è enunciato il diritto all’uguaglianza di fronte alla legge; il diritto a non essere discriminati; il diritto alla libertà di riunirsi; il diritto al lavoro e all’istruzione; e il diritto alla libertà dalla detenzione arbitraria. Anche lo svago, il riposo, partecipare alla vita culturale, artistica e scientifica della propria comunità sono diritti sanciti dal documento.

Eleanor Roosevelt, che lavorò instancabilmente per mobilitare le Nazioni Unite attorno alla Dichiarazione, nutriva grandi speranze su ciò che un simile accordo internazionale avrebbe potuto significare. “Se riconosciamo questi diritti a noi stessi e per gli altri” affermò “sarà più facile costruire la pace nel mondo”.

Lo scorso anno, per sottolineare l’importanza della Dichiarazione universale sui diritti umani, l’Onu ha lanciato una campagna di sensibilizzazione durata per l’intero 2018 e culminata il 10 dicembre, con l’obiettivo di far riprendere confidenza a tutti nel mondo con i diritti umani fondamentali. È stato un tentativo, in un’epoca in cui la violenza e la repressione continuano a dominare i titoli dei media, per sottolineare l’urgente necessità di concordare un insieme di norme fondamentali sui diritti umani. “Assicurare che questa Dichiarazione universale sia la luce che brilla e guidi il modo in cui ci relazioniamo gli uni con gli altri” è l’obiettivo evidenziato da Michelle Bachelet, alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani.

Per me, in quanto persona di fede, l’articolo 18 della Dichiarazione ha un significato speciale. Esso recita: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; talediritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti”.

Sebbene l’articolo 18 si riferisca specificamente alla libertà religiosa, questa non è un diritto umano isolato e autonomo. È inestricabilmente legato a molte altre libertà fondamentali, come la libertà di riunione, la libertà di pensiero, la libertà di espressione e così via.

In più suggerirei, in quanto avventista del settimo giorno, che esiste un’espressione dell’articolo 18 ancora più fondamentale e precedente. Quando leggo la Bibbia, apprendo che siamo tutti nati liberi e uguali; che ogni essere umano ha ricevuto la scintilla divina dal suo Creatore; che ogni uomo, donna e bambino è uguale davanti a Dio in valore e dignità. Anzi, la Scrittura ci insegna che ogni persona ha il diritto – anzi, l’obbligo – di scegliere liberamente se adorare Dio e seguire la sua volontà.

Cosa significa questo per noi avventisti? Cosa significa per me che rappresento la chiesa alle Nazioni Unite?

Significa che abbiamo la responsabilità continua di difendere la libertà di religione, o di credo, per ogni persona, indipendentemente dalla nazionalità, dalla cultura o dalla tradizione religiosa. Indipendentemente dal fatto che siamo d’accordo con le sue convinzioni oppure no.

Significa, e secondo me è la cosa più importante, difendere questa libertà non solo perché è un diritto umano fondamentale, ratificato dalla comunità internazionale, ma perché riflette il carattere d’amore di Dio. Pe questo dobbiamo continuare a promuovere la libertà di religione o di credo.

Ascolta il programma di Radio Voce della Speranza andato in onda il 10 dicembre, in occasione della Giornata mondiale dei diritti umani dell’Onu. Interviste a Lorella Rotondi, docente di un liceo fiorentino; Teresa Manes, madre di un ragazzo vittima di cyber-bullismo; Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia; e con Severino Saccardi, direttore di Testimonianze.

 


 

 

A tu per tu: lotta contro i mutamenti climatici

A tu per tu: lotta contro i mutamenti climatici


Vi proponiamo un’intervista di Claudio Coppini e Roberto Vacca a Mariagrazia Midulla, responsabile Energia e Ambiente del WWF Italia, registrata a margine dei lavori della recente Conferenza ONU sui mutamenti climatici che si è svolta a Katowice e si è conclusa sabato 15 dicembre 2018 (un estratto dalla rubrica “Buongiorno con l’Edicola RVS” del 14 dicembre 2018).

(Nella foto Mariagrazia Midulla9

Menù vegetariano per le feste

Menù vegetariano per le feste


Durante le feste possiamo concederci qualche piccola eccezione a tavola senza scendere necessariamente a troppi compromessi con la salute.

Alessia Calvagno in questo podcast ci presenta un menù vegetariano completo, dall’antipasto al dolce, proposto dalla Fondazione Vita e Salute sul suo sito.

Leggiamo insieme: “Giovanni Calvino, il riformatore profugo”

Leggiamo insieme: “Giovanni Calvino, il riformatore profugo”


In questo numero Roberto Vacca intervista Emanuele Fiume, storico e pastore valdese, autore del libro “Giovanni Calvino, il riformatore profugo che rinnovò la fede e la cultura dell’Occidente” (ed. Salerno, 2017).

La biografia di Fiume colma un vuoto nella storiografia italiana. Le ultime due opere biografiche di spessore datano infatti la prima metà del secolo scorso. Una lacuna che ha lasciato la figura di Calvino, probabilmente il più controverso dei Riformatori protestanti, prigioniera dei numerosi pregiudizi di cui è da sempre oggetto: eresiarca per il cattolicesimo, intollerante per l’illuminismo, inventore del capitalismo per il marxismo. L’opera di Fiume intende rendere giustizia alla figura del riformatore della città di Ginevra con una biografia che, scrive lo stesso autore, “non emani né olezzo d’incenso né puzza di zolfo”, ma solo la figura di un uomo, con le sue coerenze e contraddizioni, collocato in un’epoca violenta e precaria.

Eloquente è il sottotitolo dell’opera “Il riformatore profugo”. “Calvino – spiega Fiume – è l’unico dei Riformatori maggiori ad aver vissuto per la maggior parte della sua vita da esule”. Ginevra gli concesse la cittadinanza solo a pochi anni dalla sua morte, costringendolo a vivere da straniero in mezzo ai tanti altri profughi che, a causa della loro fede, trovarono in quella città rifugio dalla persecuzione.

Scrive Fiume: “Sarà dunque la chiave del pellegrinaggio biografico che ci aiuterà a comprendere tanto il senso di precarietà della vita terrena e e del mondo così presente nella spiritualità di Calvino, quanto la sua concezione della luce della rivelazione divina che illumina, fedele, il viaggio del credente in questa vita e lo orienta infallibilmente verso la meta celeste”. (fonte nev.it)

Daniele in breve. Conclusione

Daniele in breve. Conclusione

Francesco Zenzale – Eccoci al termine di questa serie di brevi riflessioni. Indubbiamente ci sono ancora tante parole che possono essere scritte e tante lezioni da apprendere, ma in quest’ultima riflessione conclusiva, vorrei brevemente soffermarmi sull’uomo Daniele. Sul modo come egli interagisce con i potenti, i re e gli amministratori e su come riesce a rimanere incollato a Dio, nonostante gli alti e bassi della sua “carriera politica”.

Daniele e i potenti, i re e i governanti
Sin dal primo capitolo si evince l’importanza di riconoscere le motivazioni malvagie da quelle buone che si celano dietro ordini o decreti. Nabucodonosor dispone che i prìncipi Israeliti siano trattati con riguardo, permettendo loro di avvalersi della mensa reale. Questo consueto gesto, per quanto nobile, pone Daniele e i suoi compagni in difficoltà riguardo al secondo comandamento (cfr. Es 20:4-6), perché gli alimenti erano offerti alle divinità babilonesi e poi mangiati. Daniele, pur comprendendo che nel gesto del re non c’era nulla di malvagio, agisce con diplomazia e accortezza (cfr.Da 1:8-16).

Al contrario, nel sesto capitolo, di fronte all’arroganza dei perfidi satrapi, apre le finestre e prega il Signore, non lasciandosi in alcun modo asservire. Come i suoi amici nel terzo capitolo, Daniele sfida apertamente il decreto del re Dario, sapendo che era stato escogitato da governatori invidiosi, desiderosi di eliminarlo. Ciò significa che non sempre le leggi (o i decreti) che emana uno Stato o un’organizzazione, per quanto contradditorie, fruiscono da un cuore disumano. Pertanto, è logico agire con perspicacia e non urlare “attenti al lupo”, come se quella legge fosse stata emanata con l’intenzione di ferire i figli di Dio o la chiesa. A qualsiasi livello politico e religioso ci sono uomini e donne che lottano per i diritti umani. Questi agiscono per il bene della comunità sociale. Non sono satrapi malvagi.

Daniele, con l’aiuto di Dio, oltre a cogliere ciò che animava ogni azione politica, aveva imparato ad amare il re Nabucodonosor, suo nipote Baldassare il sacrilego, la regina madre, Dario il Medo e tutti quelli che, nel bene e nel male, facevano parte del suo entourage. Pregava per loro e li presentava a Dio affinché fossero benedetti nei loro rispettivi bisogni. Gesù invita i credenti ad amare i propri nemici e a pregare per chi perseguita (cfr. Mt 5:44).

Daniele e Dio
Sin dall’inizio della sua esperienza alla corte di Babilonia, in Daniele si coglie un’intensa maturità spirituale. Nonostante le difficoltà, aveva dato spazio, con impegno e dedizione, a uno dei più importanti bisogni dell’uomo, quello di trascendenza. Al culmine della sua esperienza spirituale, Dio stesso riconosce di avere a che fare con un uomo che non riesce più a staccarsi da lui. Con parole e atteggiamenti diversi, ogni giorno della sua vita lottava con Dio, implorandolo: “Non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto!” (Ge 32:36). Dopo anni d’intensa e variegata comunione con il cielo, Dio si “arrende”, si “innamora” di Daniele e decide di aprirgli il cuore, chiamandolo “uomo grandemente amato” (Da 10:11, 19).

Dio era orgoglioso di Daniele, come lo è stato di Gesù-uomo (Mt 3:17; 17:5) e come vorrebbe esserlo di ciascuno di noi. Spesso diamo poca importanza a questo nostro bisogno di Dio. Di trascendere l’umana esistenza e di favorire la nostra cittadinanza celeste (cfr. Fl 3:20). Di imparare a vivere tra il cielo e la terra, di avere un gran desiderio di andare incontro a Dio e di rimanere su questa terra (cfr. Fl 1:23-26). Essere in questa tenda e non esserci, spogliati e rivesti d’incorruttibilità (cfr. 2 Cor 5:1-10; 1 Cor 15:42-50).

Purtroppo, diamo molto più importanza a bisogni, come quelli fisiologici di appartenenza, di affetto, di autostima, ecc., che per quanto siano fondamentali per vivere, non dovrebbero prevalere su quello che sta alla base della stessa esistenza: il bisogno di Dio, di esistere in chi è la sorgente e il sostenitore della vita (cfr. At 17:28; Mt 6:25-34).

Abbiamo bisogno di interiorizzare la grazia salvifica, la quale “ci insegna a rinunciare all’empietà e alle passioni mondane, per vivere in questo mondo moderatamente, giustamente e in modo santo, aspettando la beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù” (Ti 2:12-13).

 

 

Editoriale – Un Natale diverso

Editoriale – Un Natale diverso


Nei giorni che precedono il 25 dicembre tutto luccica. Siamo investiti dai colori, dalle luci, dai rumori della festa. La riflessione del pastore Daniele Benini, direttore nazionale di Radio Voce della Speranza ci riporta alla semplicità e sobrietà delle parole dell’evangelista Luca che al capitolo 2, versetto 7 racconta: “Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo”.

Dopo duemila anni, queste brevi parole hanno la forza di condensare un messaggio straordinario: l’affresco della natività ci consegna l’immagine di un Dio che in punta di piedi, in silenzio, è entrato nella storia e si è fatto uomo per camminare insieme a noi. Non conosciamo la data esatta della nascita di Gesù ma quello che conta è altro, è la sua presenza nel mondo, nella vita di ciascuno di noi tutti i giorni, non solo il 25 dicembre.

Televisione – Protestantesimo

Televisione – Protestantesimo

Lunedì 24 dicembre, alle 6.35 del mattino, su Rai 2, la rubrica Protestantesimo manda in onda la replica della puntata dal titolo “Le sfide dell’integrazione”. I molti esempi positivi d’integrazione presenti oggi nel nostro Paese avranno un seguito? A quale scenario dovremo prepararci dopo la recente approvazione del Decreto Sicurezza?

Per rivedere tutte le puntate andate in onda dal 2013 a oggi: VIDEO

Protestantesimo su Facebook

Le dieci parole – Puntata 04

Le dieci parole – Puntata 04


In questa puntata de L’Altro Binario vi proponiamo il quarto di una serie di appuntamenti sull’analisi dei Dieci Comandamenti. Ne parliamo con il professor Miguel Gutierrez, docente di Antico Testamento presso la Facoltà avventista di teologia di Firenze.

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