Daniele in breve. Aspettalo!
7 Giugno 2018

Francesco Zenzale – “Io starò al mio posto di guardia, mi metterò sopra una torre, e starò attento a quello che il Signore mi dirà, e a quello che dovrò rispondere circa la rimostranza che ho fatta.  Il Signore mi rispose e disse: ‘Scrivi la visione, incidila su tavole, perché si possa leggere con facilità; perché è una visione per un tempo già fissato; essa si affretta verso il suo termine e non mentirà; se tarda, aspettala; poiché certamente verrà; e non tarderà’” (Ac 2:1-3).

Daniele è un uomo sensibile, ama il Signore e la sua opera. Le sue parole, fluenti dal cuore, esprimono afflizione (Da 10:2), perché la restaurazione del tempio, iniziata con il decreto di Ciro, emanato nel 538 a.C., era stata interrotta a causa di avversari, i quali avevano inviato una lettera al re di Babilonia inducendolo a sospendere i lavori per verificare le accuse in essa contenute (Ed 4:1-6). Questa penosa situazione portò il profeta ad attivare la diplomazia del cielo e quella terrena con lo scopo di neutralizzare i sobillatori, cercando di mostrare quanto le loro accuse fossero infondate. Ma nonostante i molteplici tentativi, la ricostruzione del tempio non riprendeva. Purtroppo, quest’avvilente condizione durò diciotto anni, fino al decreto di Dario Istaspe (Ed 6:1-12), emanato nel 520 a.C.

Quali oscuri motivi impedivano la ripresa dei lavori? Cosa l’anziano profeta non riusciva a capire? Come Daniele, spesso anche noi ci troviamo di fronte a situazioni dolenti e non riusciamo a comprendere le ragioni per cui si protraggono per lungo tempo, nonostante la preghiera, la sincerità e la determinazione. A volte si ha l’impressione di aver pregato e “faticato” inutilmente e che il nostro amore per Dio e per la sua opera non abbia alcun riscontro tangibile.

Niente di tutto ciò! Gabriele rivela a Daniele che in una dimensione diversa dalla nostra è in atto un conflitto che ritarda la ripresa dei lavori: “Il capo del regno di Persia mi ha resistito ventun giorni; però Michele, uno dei primi capi, è venuto in mio soccorso e io sono rimasto là presso i re di Persia” […] “Ora torno a lottare con il re di Persia; e quando uscirò a combattere, verrà il principe di Grecia” (Da 10:13,20).

La risposta dell’angelo ci permette di formulare le seguenti considerazioni:
– Le soluzioni a specifiche situazioni non dipendono da noi, né da Dio, ma da Satana (1 Te 2:18), dal modo come gli altri interagiscono con noi, alle circostanze e alle sollecitudini divine. – Il fatto che non conosciamo il motivo per cui le nostre richieste non sono esaudite, non significa che necessariamente difettiamo di consacrazione. Colpevolizzarsi è un non senso se l’apparente fallimento fluisce da iniziative attuate nello spirito di Cristo.

– Non dobbiamo sopportare il male, l’ingiustizia o la sofferenza, senza anelito alla speranza, come se Dio si fosse dimenticato di noi. Dio sta lavorando con e per noi, affinché le nostre richieste siano esaudite secondo la sua volontà, in favore di un benessere migliore rispetto a quello richiesto (Ro 8:26-27).

– L’idea che Dio sia attivo in nostro favore e del suo popolo dovrebbe aiutarci a vivere con maggiore fiducia, sapendo che “l’immediato” fa parte della fantasia: di quel mondo magico tipico dei bambini. Noi adulti facciamo parte di un’altra categoria, quella dell’attesa in un fiducioso silenzio. La pazienza e la sopportazione si addicono al credente, l’immediatezza a un cuore ansiogeno e insofferente.

“Confida nel Signore e fa’ il bene; abita il paese e pratica la fedeltà. Trova la tua gioia nel Signore, ed egli appagherà i desideri del tuo cuore. Riponi la tua sorte nel Signore; confida in lui, ed egli agirà.  Egli farà risplendere la tua giustizia come la luce, e il tuo diritto come il sole di mezzogiorno. Sta’ in silenzio davanti al Signore, e aspettalo” (Sl 37: 3-7).

 

 

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