Nei suoi primi due decenni, sono già stati attribuiti diversi titoli al XXI secolo: il secolo della velocità, l’era dell’informazione o l’era digitale. In un mondo costantemente connesso, esiste ancora un’autentica disconnessione?
Codrin Panainte – L’umanità ha raggiunto enormi progressi nel campo della tecnologia e, di conseguenza, ora possiamo essere "collegati" a ciò che sta accadendo intorno a noi in ogni momento, 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Con i mezzi a nostra disposizione, potremmo dire che le nostre vite sono a tal punto intrecciate che il nostro universo personale diventa condiviso. Il problema sollevato da questo universo comune sta proprio nell’atto di disconnettersi, cosa che spesso si rivela impegnativo.
La facilità con cui abbiamo accesso a quasi tutto ciò che desideriamo può essere insidiosa in modo schiacciante, ed erodere silenziosamente la barriera tra tempo libero e lavoro. Le notifiche spuntano in qualsiasi momento della giornata, ricordandoci problemi professionali o di scuola, presentandoci titoli di notizie terribili, inutili e banali pettegolezzi, facendoci arrabbiare su questioni insignificanti, pubblicizzando prodotti di cui non abbiamo bisogno e inviandoci messaggi o chiamate a cui preferiremmo non rispondere. Questa amalgama, impossibile da ordinare idealmente, non fa altro che spingerci verso un sovraccarico perpetuo dell’universo personale che condividiamo con molti altri. L’inerzia con cui assorbiamo questo volume di informazioni conduce alla necessità di una "disintossicazione".
Per quanto riguarda la disconnessione, ci sono due approcci principali che differiscono secondo la loro ideologia di base: potremmo desiderare di disconnetterci per concentrarci sullo sviluppo personale o per sfuggire alle responsabilità. Un approccio, quest’ultimo, ovviamente più dannoso che benefico. Evitare dei compiti non fa altro che aumentare la nostra ansia che alla fine si traduce in esaurimento. Una strategia come questa ha molto in comune con la procrastinazione. Procrastinare non è un sinonimo di pigrizia perché consiste in un rinvio delle responsabilità, non in un assoluto disprezzo per esse. Tuttavia, la proroga diventa un peso per la nostra coscienza, rendendo impossibile una vera disconnessione.
La prima strategia, d’altra parte, prevede una chiara separazione tra il tempo dedicato al lavoro e quello per se stessi, promuovendo lo sviluppo della propria personalità e il recupero, o il consolidamento, della propria identità al di fuori delle circostanze attuali in cui si vive. Andrei Pleșu definisce, sinteticamente ma in modo suggestivo, tale tipo di disconnessione come "un’uscita igienica e verticale, al di fuori del momento presente".[1] Questi sono i momenti in cui gli obblighi, le urgenze e i problemi vanno temporaneamente in secondo piano e il tempo libero diventa primario. È qui che entra in gioco la versatilità, poiché ognuno di noi ha un modo diverso di capitalizzare il tempo trascorso lontano dagli schermi. Tali attività sono accompagnate da un’anticipazione positiva dell’esperienza e di per sé rappresentano un’opportunità di crescita e relax. Questo approccio allo sviluppo di sé facilita un buon clima morale e un funzionamento ottimale nella vita di tutti i giorni.[2]
Al di là dei benefici appena menzionati, è difficile da descrivere il piacere che deriva dall’immersione in un’attività gradevole. Quando siamo veramente assorbiti dalle nostre passioni, ci dimentichiamo involontariamente dello stress, le ore volano tanto da sembrare pochi minuti e la nostra attenzione è dedicata a un compito molto chiaro, orientato verso un’opportunità di crescita. La soddisfazione di superare gradualmente i nostri limiti nell’ambito che abbiamo scelto è insostituibile, e ci fornisce l’energia essenziale per affrontare le sfide che dobbiamo superare nella nostra routine quotidiana. Durante questa esperienza, le emozioni si comprendono meglio dopo averle vissute.
Tuttavia, non possiamo semplicemente limitarci a un’immagine ideale di disconnessione benefica e costruttiva, perché nella vita reale affrontiamo problemi che presentano una varietà di sfumature personalizzate.
Una fonte di scoraggiamento è data dalla mancanza di un hobby. Alcuni confessano di non avere alcun passatempo. Ho attraversato anch’io fasi come queste e penso che tale barriera, apparentemente insormontabile, si sgretoli se si persiste nell’individuare un hobby che si adatti alla propria personalità. Spesso è necessario un periodo di tentativi ed errori per scoprire esattamente ciò che potrebbe interessarci, poiché le proprie aspettative potrebbero non essere sempre congruenti con la realtà.
In ogni caso, gli ostacoli possono continuare a insorgere anche dopo aver scelto un hobby. Un impedimento comune, che spesso porta all’abbandono, è la necessità di familiarizzare con l’attività che abbiamo scelto. L’inizio in qualsiasi campo può essere demotivante ed è normale sentirsi scoraggiati. Tuttavia, con perseveranza e un po’ di disciplina, questa fase si supera ed è seguita dalla soddisfazione.
I momenti di riposo fuori dal tumulto della vita quotidiana non sono un concetto estraneo agli insegnamenti biblici. Un esempio rilevante viene dallo stesso Salvatore. Gesù usò il tempo trascorso lontano dalla folla per la preghiera o la meditazione prima di una decisione importante, per la condivisione fraterna con i suoi discepoli, ma anche per dedicarsi al riposo necessario per poi procedere con la sua opera: “Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. Ed egli disse loro: ‘Venitevene ora in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un poco’. Difatti, era tanta la gente che andava e veniva, che essi non avevano neppure il tempo di mangiare. Partirono dunque con la barca per andare in un luogo solitario in disparte” (Marco 6:30-32).
Anche se la missione degli apostoli era nobile, la loro energia limitata non si poteva ignorare. La loro costante presenza tra le persone e il loro lavoro per e tra di esse possono essere considerati al pari della frenesia che sperimentiamo oggi. Le persone non possono seguirci fisicamente ovunque andiamo, ma digitalmente potremmo avere un mondo intero intorno e dietro di noi.
La disconnessione è uno strumento vitale nell’era in cui viviamo. A volte può sembrare innaturale perché molti di noi hanno dimenticato cosa significhi esistere al di fuori del proprio universo personale e condiviso. Tuttavia, se applicata con saggezza ed evitando un’eccessiva dipendenza da essa, la disconnessione ci aiuterà a navigare più agevolmente nelle tempeste della vita.
(Per Codrin Panainte, disconnettersi dal flusso costante di informazioni si rivela un compito impegnativo, data la facilità con cui possiamo abusarne o farne uso in modo dannoso. Ma ha indicato alcuni dei suoi benefici).
Note
[1] Andrei Pleșu, Sulla bellezza dimenticata della vita, ed. a 3-a, Humanitas, Bucarest, 2016, p. 15.
[2] Richard M. Ryan e Edward L. Deci, Teoria dell’autodeterminazione e facilitazione della motivazione intrinseca, dello sviluppo sociale e del benessere, all’interno di American Psychologist, vol. 55, gennaio 2000, pp. 68-78; Barbara L. Fredrickson, Il ruolo delle emozioni positive nella psicologia positiva: la teoria dell’ampliamento e della costruzione delle emozioni positive, in American Psychologist, vol. 56, marzo 2001, pp, 218-226.
[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio]