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Il 22 maggio 1874 nella Chiesa di San Marco a Milano Giuseppe Verdi dirigeva per la prima volta la sua Messa da Requiem, donata alla città per commemorare, un anno dopo, la morte di Manzoni. (…) La fede è sicura speranza di salvezza: ma se in Manzoni la notte dell’Innominato si chiude con un’alba di conversione, in Verdi il dubbio continua a convivere con la speranza sino alla fine. Non c’è spazio per la sicurezza, c’è piuttosto angoscia, assenza, c’è buio. In questo Requiem più che altrove si legge il rovello dell’uomo (…) Questo Requiem ci interroga, sospinge alla ricerca della fede, non la afferma. È forse questo il lascito più grande: quando la musica nutre il dubbio, allora ha raggiunto il suo obiettivo. E per noi, figli di un tempo debole, dubbio e speranza sono compagni di cammino sempre più rari (da una lettera aperta di Federico Freni, sottosegretario all’Economia, apparsa su Repubblica del 23 maggio 2024). Sulla valenza teologica ed esistenziale di questa riflessione verdiana, Claudio Coppini e Roberto Vacca hanno chiesto un parere al pastore Saverio Scuccimarri, decano della Facoltà avventista di teologia di Firenze.