Il solo Dio, il solo Signore

Il solo Dio, il solo Signore

L’affermazione “Yahweh nostro Dio, Yahweh è uno” è complessa da interpretare per diverse ragioni. Riflettiamo insieme.

Ángel Manuel Rodríguez – Cosa vuol dire “L’Eterno [Yahweh] è uno” (Deuteronomio 6:4, ND)? Ecco il versetto completo: “Ascolta, Israele: l’Eterno [Yahweh], il nostro Dio [’elohim], l’Eterno [Yahweh] è uno”. Questo testo, chiamato Shema, è di fondamentale importanza nella fede ebraica: shema‘ è la parola ebraica che significa “ascoltare”. Si tratta di un invito rivolto a Israele ad ascoltare e obbedire al Signore. Il significato della parte restante del versetto è oggetto di dibattito.

Possibili interpretazioni
La frase “Yahweh, il nostro Dio, Yahweh è uno” è difficile da interpretare per diverse motivazioni: non abbiamo un’altra frase nominale biblica come questa; il numero uno (’ekhad) non è normalmente usato con un nome proprio; e la frase intera manca di un verbo. Nelle proposizioni nominali, di solito si suppone il verbo “essere”. Gli studiosi sono concordi nell’affermare che la traduzione più probabile è: “Yahweh [è] nostro Dio/Yahweh nostro Dio, Yahweh [è] uno”. Cosa significa? Alcuni potrebbero sostenere che voglia riferirsi al monoteismo: esiste un solo Dio, Yahweh. Altri vedono in questa frase l’esclusiva adorazione di Yahweh (“Yahweh è nostro Dio, solo Yahweh” o “il solo Yahweh”). Chi mantiene la traduzione “Yahweh è uno” lo interpreta così: Yahweh non è un Dio regionale (ad esempio, il Dio di Samaria; il Dio di Gerusalemme) venerato in modi diversi. Yahweh è uno e lo stesso ovunque.

Esiste una via d’uscita?
Considerando le difficoltà associate al passo, gli studiosi suggeriscono solo letture possibili. Se la traduzione più naturale è “Yahweh è nostro Dio, Yahweh è uno,” è chiaro che ci confrontiamo con due affermazioni, o predicati, su Dio: lui “è nostro Dio” e lui “è uno”. Forse la prima affermazione apre a ciò che il testo prosegue a dire: “amerai il Signore, il tuo Dio, con tutto il tuo cuore” (v. 5).

La seconda espressione riguarda probabilmente l’unità e l’unicità di Yahweh. La radice verbale ’akhad, legata al numero “uno” (’ekhad), significa “essere unito”. Probabilmente l’enfasi sarebbe sull’unità e sull’unicità di Dio nel senso che non c’è nessuno come lui; lui è l’unico del suo tipo.

Qui risiede fondamentalmente il monoteismo biblico (cfr. Deuteronomio 4:35) ed è sostenuto da Zaccaria 14:9. Questo testo, richiamando lo Shema, prevede un futuro in cui chiunque competa con Dio per la supremazia verrà superato, e poi “il Signore sarà l’unico e unico sarà il suo nome”. Sarà adorato come colui la cui stessa natura (cioè, il suo nome) è unica (cfr. Esodo 3:13-17); non c’è nessun’altro simile a lui.

Un solo Dio
Lo Shema è citato nel Nuovo Testamento per affermare che Dio è veramente uno (cfr. Marco 12:29; 1 Timoteo 2:5; Giacomo 2:19). Questa dichiarazione è una convinzione biblica non negoziabile, confermata senza dubbi dal cristianesimo, pur insegnando la pluralità all’interno della Divinità. Ed è possibile perché il numero “uno” può essere usato per designare una singola unità che include al suo interno una pluralità. Il passo più noto è in Genesi: “Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una sola carne [’ekhad]” (Ge 2:24). Qui l’”uno” è costituito da due persone.

Forse la più sorprendente allusione allo Shema si trova in 1 Corinzi 8:6, dove Paolo identifica l’“uno Dio” con il Padre e l’“uno Signore” (greco kurios) con Gesù Cristo, specificando che Gesù appartiene alla comprensione biblica dell’unità del solo Dio.[1]

(Ángel Manuel Rodríguez, dottore in teologia, ha servito come pastore, professore e teologo. Ora è in pensione) 

Nota[
[1] Richard Bauckham, Jesus and the God of Israel, Grand Rapids: Eerdmans, 2008, pp. 210-218.

[Fonte: adventistworld.org. Traduzione: V. Addazio] 

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Giacobbe, figlio di Isacco, a un certo punto della sua vita è costretto a fuggire, perché il fratello vuole ucciderlo. E proprio nel corso del viaggio che lo porta verso una vita lontana dalla propria famiglia, Dio gli si rivela in sogno e gli fa una promessa straordinaria. Queste parole di speranza sono valide anche per tutti noi oggi che, come Giacobbe, possiamo trovarci in situazioni difficili. Alessia Calvagno ne ha parlato con la pastora Silvia Vadi, responsabile dei corsi biblici Voce della Speranza.

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Continuano le conversazioni di Roberto Vacca con  Alberto Corsani, direttore del settimanale Riforma,  organo ufficiale delle Chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi.

Tra i temi affrontati: disarmare Napoli; le religioni e il fallimento della Cop29.

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È il più grande del Sudamerica ed è entrato nel guinness dei primati brasiliano.

Notizie Avventiste – Sono state necessarie due gru per alzare il più grande fazzoletto scout mai realizzato in Sudamerica. Misura 60 metri per 30 ed è entrato nel RankBrasil Records, il guinness dei primati brasiliano. Cucito in una sola settimana da undici persone con 700 metri di tessuto, il fazzoletto gigante è stato innalzato nella sede amministrativa della Chiesa avventista, l’Associação Mineira Leste, in occasione dell’VIII Camporee degli scout della regione.

Perché realizzare quest’opera?
“Il fazzoletto è l’identità dello scout” ha affermato il past. Thiago Furtado, direttore regionale degli scout avventisti. L’idea di poter passare alla storia e di attirare l’attenzione e la curiosità delle persone ha accompagnato la realizzazione di quest’opera da record.

Elemento importante della divisa scoutistica, il fazzoletto reca in sé una serie di significati nella forma e nel colore. La sagoma triangolare rappresenta la trilogia dello sviluppo della persona: fisico, mentale e spirituale. E poi c’è il colore. “Per me, il colore giallo rappresenta l’eccellenza in tutto ciò che si fa, l’eccellenza nel mettersi alla presenza di Dio e nel fare del proprio meglio per gli altri, affinché Gesù ritorni presto” ha sottolineato il past. Julimar Gualberto, dirigente della Chiesa avventista del Minas Gerais orientale.

“Quando indosso il fazzoletto è come se sentissi la presenza di Dio. È incredibile, e vedo che è anche una responsabilità” ha dichiarato lo scout Álvaro Jardim. Insieme a lui, un altro milione e mezzo di giovani scout, sparsi in 160 Paesi, escono ogni settimana indossando il loro fazzoletto e diffondendo in tutto il mondo il messaggio che porta con sé.

[Foto e fonte: noticias.adventistas.org/pt/

Una tregua e le ipocrisie della politica

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Nel corso della diretta RVS del 27 novembre 2024, Claudio Coppini e Roberto Vacca intervistano il sociologo Marco Bontempi, già presidente del Consiglio delle Chiese Cristiane di Firenze.
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La guerra dei cento anni

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Nel corso della diretta RVS del 27 novembre 2024, Claudio Coppini e Roberto Vacca hanno intervistato il politologo Paolo Naso, poco prima di una lezione che ha svolto nella Facoltà avventista di teologia sul tema “La guerra dei cento anni”: un riferimento ai tanti conflitti che hanno contrapposto Israele, i paesi arabi e la popolazione palestinese.
Questa lezione speciale (videoregistrata e presto disponibile on line) s’inserisce nel quadro del progetto “Fermiamo l’odio, aiutiamo i costruttori di pace”, un’iniziativa della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia.
L’intervista, realizzata negli studi Rvs, in sintesi affronta alcuni dei temi oggetto della lezione, prendendo spunto dalla tregua in Libano ma anche da una guerra che continua – in modo crudele e insensato – a Gaza.
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