TedNews/Maol – La vignetta della settimana, pubblicata dal Financial Times negli ultimi giorni del 2017, che mostra il globo terrestre sull’orlo dell’abisso, ha fatto riflettere David Neal, direttore die Ministeri per la Gestione Cristiana della Vita della Regione transeuropea della Chiesa. Ha pensato così al testo «Non disprezzate le profezie» (1 Te 5:20).
Neal racconta.
Quando ero piccolo, mio nonno mi chiamava, apriva la sua Bibbia e mi parlava dei profeti, in particolare di Daniele e Giovanni. Da adolescente, conoscevo bene le immagini di bestie strane. Le storie, rese ancora più forti dai miei genitori, dagli animatori della Scuola del Sabato e dai pastori, svilupparono la convinzione sulla Bibbia e sui «tempi». Non ultimo, alla luce di ciò che dice la Bibbia, le notizie di oggi sono storia.
Mio nonno sperava che la fine del mondo arrivasse presto. Con altri, esaminava energicamente i tempi della Bibbia nei dettagli, delineando ciò che doveva accadere da allora e quando Cristo ritornerà. Senza dubbio, negli anni del dopoguerra, gli ha dato speranza in tempi d’incertezza.
Sarebbe facile liquidare la fede di mio nonno nella Bibbia come al limite del fanatico. Certo, sono convinto che il suo concentrarsi sui problemi del mondo creava a volte, nelle persone, più paura che speranza. Ma non posso ignorare il suo intento sincero di vivere il tempo «con urgenza». Essendo avventista del 7° giorno, credeva fermamente che il primo avvento letterale di Cristo sarebbe stato seguito da un secondo avvento letterale.
Questo mi porta al testo di Paolo in 1 Tessalonicesi: «Non disprezzate le profezie» (5:20). Consiglio sano ed equilibrato su molti fronti, dal momento che ci sono sempre stati coloro che, nella chiesa, sia ai tempi di Paolo sia più di recente, rendono eccessivamente letterale e sensazionale la profezia. Altri, mettono da parte troppo facilmente lo studio delle profezie, per paura che siano troppo complicate da capire. Un terzo gruppo reagisce negativamente al primo gruppo, evitando qualsiasi enunciazione profetica perché, semplicemente, li imbarazza. C’è da meravigliarsi che Paolo consigli, nel versetto successivo, «esaminate ogni cosa» (v. 21).
All’inizio del 2018, in quale stato è il mondo? «Sull’orlo dell’abisso» dice la vignetta del Financial Times (FT), disegnata da Ingram Pinn e pubblicata il 29 dicembre.
Sembra un po’ ironico che sia necessario il FT per ricordarmi in maniera così vivida che il mondo è nei guai. I media ci informano che 1,25 milioni di persone rischiano di morire di fame in Sudan; centinaia di migliaia di abitanti soffrono la fame nel Congo; mentre oltre 400 bambini sono stati uccisi in Afghanistan, lo scorso anno. E poi ci sono i bambini nello Yemen, devastato dalla guerra, e i rifugiati Rohingya. Riprendendo questa immagine del mondo in bilico, John Simpson, direttore di Bbc World Affairs, ha recentemente riflettuto sul vuoto di leadership sul pianeta terra, e ha paragonato il mondo a un aereo che vola senza i piloti.
In contrasto con il globo barcollante di Simpson e Pinn, la fede del cristiano, nella nascita, nella vita, nella morte e nella risurrezione di Cristo, offre una solida sicurezza e ragioni valide per essere ottimisti. Il discepolo Giovanni descrisse Gesù come l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Molti decenni dopo, lo stesso Giovanni ebbe una visione sul futuro, e la scrisse in quello che è ora conosciuto come l’Apocalisse. Nelle visioni, Giovanni vide di nuovo l’«Agnello» tra numerose, strane e mostruose creature. Ma indovinate un po’? È Dio ad avere il controllo perché, nella lotta tra il bene e il male, vince l’Agnello!
Sì, il mondo sembra sull’orlo dell’abisso, ma il suo destino non sarà determinato da Trump, da May, da Putin, o da Kim Jong-un, bensì da Dio. Il Signore promette che, alla fine, tutto andrà bene, e ciò grazie all’Agnello di Dio, arrivato fino al Calvario.
Forse, prendere a cuore le parole di Paolo nel 2018, potrebbe essere proprio l’aiuto di cui abbiamo bisogno.