L’Islam e la condizione della donna ai nostri giorni

L’Islam e la condizione della donna ai nostri giorni


Come è possibile che ancora nel 2024 le donne che non portano il velo in alcuni Paesi del mondo rischiano di essere punite? Ne abbiamo parlato con il professor Giancarlo Rinaldi, già docente di storia del Cristianesimo all’università degli studi di Napoli l’Orientale.

L’Islam e la condizione della donna ai nostri giorni

L’Islam e la condizione della donna ai nostri giorni


Come è possibile che ancora nel 2024 le donne che non portano il velo in alcuni Paesi del mondo rischiano di essere punite? Ne abbiamo parlato con il professor Giancarlo Rinaldi, già docente di storia del Cristianesimo all’università degli studi di Napoli l’Orientale.

Quando i profeti falliscono

Quando i profeti falliscono

Dio desidera parlare di nuovo con noi.

Justin Kim – In 1 Re 18, Elia è al suo apice; nel capitolo 19, è al suo punto più basso. Il capitolo 18 mostra il coraggio; il 19 la viltà. Nel capitolo 18, Elia è campione contro i profeti di Baal; nel 19, trema di paura per un "sms". Il capitolo 18 si svolge sulla cima di una montagna; il 19, sotto un albero nel deserto.

L’ansia si impadronisce di Elia e lo induce a disertare il suo incarico profetico nel momento in cui è più necessario per la leadership e il risveglio. Poco dopo una grande vittoria, fugge dalla morte. Ironia della sorte, poi cerca la morte dicendo: “Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri” (1 Re 19:4, Cei). Meno male che Dio non risponde a tutte le preghiere del nostro cuore, per quanto sincere siano.

Quanti di noi hanno avuto questi momenti che non hanno senso. Ci portano a contemplare la morte e il suo silenzio come se fossero migliori del tumulto della vita. Anche i profeti possono avere pensieri suicidi, provare scoraggiamento e paura, e vivere la depressione, sia essa clinica, spirituale o emotiva.

I versetti 5 e 6 (del capitolo 19, ndt) contengono gli ingredienti della cura del Signore per lo stato in cui versava Elia. La prima fase è la terapia fisica: Dio tratta Elia con dolcezza e lo fa addormentare. Il riposo può fare miracoli per ridurre lo stress e migliorare l’umore. Il sonno ristabilisce il cervello, provocando un pensiero chiaro e razionale.

In secondo luogo, invece di parlare a distanza, l’angelo tocca Elia nella sua solitudine e nel suo isolamento. Gli abbracci e il tocco non sensuali provocano il rilascio di ormoni salutari, che riducono l’ansia e i pensieri negativi. Ricordiamo le volte in cui Gesù ha toccato le persone, specialmente quelle che avevano vissuto lunghi periodi di isolamento, malattia e privazione.

Terzo, a Elia vengono dati cibo e acqua. Per quanto banali siano, cibo e acqua sono gli elementi fondamentali del nostro corpo. Questo gigante spirituale, nel suo zelo, aveva dimenticato di rifornire il suo organismo delle necessità fisiche primarie. Elia aveva trascorso tutto il giorno sul monte Carmelo senza mangiare, poi era tornato di corsa a Izreel con il carro di Achab.

Per rendere completa la sua guarigione fisica, Elia deve ripetere nuovamente i primi tre passi: riposo, contatto e nutrimento. Piuttosto che riprendere e rimproverare, Dio offre i piccoli bisogni fondamentali nel silenzio della sua amorevole dolcezza. Grazie all’assunzione di questi due pasti, Elia viaggia per i successivi 40 giorni verso la seconda fase della guarigione: la terapia spirituale di udire di nuovo la voce sommessa di Dio.

Forse un tempo eravate forti con il Signore, ma ora vagate in un deserto lontano. Che si tratti di dubbio, scoraggiamento, disillusione o di qualcos’altro, potreste sentirvi come se vi steste "mantenendo", chiedendovi che senso abbia tutto questo. Dio desidera parlare di nuovo con noi. Per aiutarci a sentirlo ci suggerisce, con benignità, soprattutto il consiglio fisico del riposo, del contatto e del nutrimento. Poi Dio ripete teneramente un secondo giro della stessa cosa. E, come conclude 1 Re 19, Dio cerca di ravvivare i nostri cuori con la sua voce sommessa. Egli desidera darci la forza fisica e spirituale affinché possiamo vivere un’esperienza in cima alla montagna insieme con lui. I fallimenti sono semplici opportunità di rinascita personale.

“Gli uomini non vengono sempre convinti e convertiti da una dotta presentazione della verità di Dio. I cuori degli uomini non si raggiungono né con la logica né con l’eloquenza, ma tramite il dolce influsso dello Spirito Santo che opera silenziosamente ma con efficacia per la trasformazione e lo sviluppo del carattere. È soltanto il lieve sussurro dello Spirito di Dio che può cambiare il cuore” – Ellen G. White, Profeti e Re, p. 106.

(Justin Kim è il direttore delle riviste Adventist Review e Adventist World)

[Foto: Michael Dziedzic su Unsplash. Fonte: Adventist Review. Traduzione: L. Ferrara]

 

 

 

 

A Trieste il Museo avventista della Bibbia

A Trieste il Museo avventista della Bibbia


Inaugurati presso la chiesa avventista di Trieste, alla presenza delle varie autorità cittadine, il Museo della Bibbia e l’Archivio storico della chiesa. In esposizione innumerevoli traduzioni, alcune anche antiche. Qual è l’importanza della Bibbia oggi? Com’è giunta fino a noi?

Il pastore Francesco Mosca, direttore del mensile Il Messaggero Avventista, ha tenuto una lectio magistralis sul valore della Bibbia nella storia.

Intervista di Mario Calvagno e Carmen Zammataro.

Le montagne della Bibbia. Le altezze più alte!

Le montagne della Bibbia. Le altezze più alte!


Il Discorso sulla montagna (Matteo capp. 5-7) implica una conversione vera. Qual è l’unico modo in cui può avvenire? Le montagne in tutta la Bibbia quale funzione spirituale rivestono?

Intervista di Mario Calvagno e Carmen Zammataro a Franco Evangelisti di Guerrino, pastore delle chiese avventiste di Cremona, Mantova e Parma.

Cop28. La Bibbia e il clima, un’antica relazione

Cop28. La Bibbia e il clima, un’antica relazione


Quale rapporto ha il messaggio biblico con la natura, l’ambiente, il clima nella condizione odierna? Una prima risposta la troviamo in Paolo che scrive (Romani 8:22) “tutto il creato (…) soffre e geme come una donna che partorisce” e in Giovanni (Apocalisse 11:18) che preannuncia il Giudizio finale di Dio per “distruggere quelli che distruggono la terra”.

Mario Calvagno e Carmen Zammataro ne parlano con il pastore Francesco Mosca, direttore del mensile “Il Messaggero Avventista” e Vicepresidente della Federazione delle Amicizie ebraico-cristiane in Italia.

Trieste. Inaugurato il Museo avventista della Bibbia

Trieste. Inaugurato il Museo avventista della Bibbia

Adriana Bulzis – Sabato 18 novembre, nella chiesa avventista di Trieste, alla presenza di numerose autorità cittadine, è stato inaugurato il Museo avventista della Bibbia e l’Archivio storico della chiesa.

Il past. Francesco Mosca, pastore emerito e direttore della rivista Il Messaggero Avventista, ha tenuto una lectio magistralis, molto apprezzata dai presenti, sulle caratteristiche della Bibbia e la sua storia. L’evento è stato sicuramente un’occasione di testimonianza del perché la chiesa avventista è chiamata ancora oggi il popolo del Libro.

[Foto: Michele Gaudio]

 

 

 

 

Chiedere al debole la sottomissione è una parodia del messaggio evangelico

Chiedere al debole la sottomissione è una parodia del messaggio evangelico


Nel corso della diretta RVS del 22 novembre 2023 Claudio Coppini e Roberto Vacca intervistano sui temi di stretta attualità il pastore Luca Baratto, segretario esecutivo della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) e curatore del culto evangelico su RAI Radio1.

Tra i temi affrontati: chiese e patriarcato; la Bibbia e la sottomissione della donna; raggiunta un’intesa a Gaza per una tregua e lo scambio di alcuni ostaggi.

 

Essere testimoni oggi, sulle orme di uomini e donne della Bibbia

Essere testimoni oggi, sulle orme di uomini e donne della Bibbia


Nel mese di novembre le chiese avventiste di tutto il mondo si riuniscono per la settimana di preghiera. Durante gli incontri si prega e si riflette su un argomento specifico. Il tema di quest’anno è: “Mi sarete testimoni”. Prendendo spunto dalle storie raccontate nel fascicolo che accompagna questo evento, abbiamo commentato brevemente le esperienze di fede di alcuni uomini e alcune donne della Bibbia.

Alessia Calvagno intervista il pastore avventista Mihai Bumbar.

Brasile. Inaugurato il primo museo di archeologia biblica in Sudamerica

Brasile. Inaugurato il primo museo di archeologia biblica in Sudamerica

Notizie Avventiste – Il Centro Universitário Adventista de São Paulo (Unasp), in Brasile, ha inaugurato il Museo di archeologia biblica (Mab), il primo del suo genere in Sudamerica. “Non è qui per essere visitato. È qui per essere vissuto” ha detto Rodrigo Silva, ideatore del progetto.
La cerimonia è iniziata con il tradizionale taglio del nastro davanti all’ingresso dell’edificio. Sono seguite sette visite guidate con ospiti d’onore, donatori e invitati.

Cos’è il Mab 
Il logo del museo rappresenta una lampada a olio, oggetto diffuso e molto utilizzato nell’antichità, che è anche simbolo della luce della Parola di Dio per tutte le persone.
“Con questo museo, la Chiesa avventista vuole dare al testo biblico l’importanza che deve avere, ed esso è per noi il grande riferimento per avere un mondo più giusto e migliore” ha affermato Gilberto Kassab, segretario di governo e delle relazioni istituzionali dello Stato di San Paolo.

Inoltre, il Mab offre una nuova prospettiva a chi già conosce la Scrittura ma non sa degli idiomi, della cultura e della geografia che ne influenzano l’interpretazione e la veridicità.
“I pezzi del museo portano in Brasile uno spaccato di quel Vicino Oriente antico del periodo biblico così che le persone possano leggere la Bibbia in modo tridimensionale, rafforzando ulteriormente la fede che già hanno” ha spiegato Silva.

Infine, utilizza la conoscenza biblica in modo scientifico per incoraggiare gli studenti a sviluppare il pensiero critico. “Avere un museo che valorizzi la Bibbia e la colleghi alla scienza è l’apice dell’esistenza di una scuola che vuole avanzare a tutti i livelli della conoscenza” ha sottolineato Martin Kuhn, presidente del campus universitario.

Installazioni interne e giardino della Bibbia 
Visitare il Museo di archeologia biblica è come entrare in un tunnel temporale. Con circa 3.000 pezzi originali e decine di repliche, la mostra racconta più di 4.000 anni di storia attraverso una linea temporale che divide le fasi dall’età del bronzo antico al periodo bizantino. “Abbiamo pensato al museo come se fosse una scatola flessibile, dove la collezione è più importante dell’architettura stessa” ha affermato Thiago Pontes, architetto del progetto.

Entrando, i visitatori trovano subito una riproduzione del pavimento del tempio di Gerusalemme all’epoca di Gesù. Si tratta di una copia unica in Brasile, con solo altre due in Israele. Oltre a questo manufatto, nell’esposizione spicca anche un antico mattone con scrittura cuneiforme. Il pezzo ha un significato importante poiché menziona il re Nabucodonosor, responsabile della conquista di Giuda, della distruzione del tempio di Gerusalemme e della prigionia del popolo di Israele a Babilonia nel 609 a.C.

I pezzi del museo risalgono fino a 2.000 anni a.C. e provengono da tutto il mondo, tra cui Israele, Egitto, Giordania e alcuni Paesi europei. Per garantire il mantenimento di questa collezione, è necessaria una pianificazione per evitare eventuali danni. “Prestiamo particolare attenzione alla conservazione dei pezzi, assicurando ad esempio la corretta esposizione alla luce a seconda del tipo di materiale e di colorazione”, ha affermato Sergio Micael, storico del museo.

Oltre alla parte interna, il Mab offre ai visitatori anche il Giardino della Bibbia che ospita diverse specie di alberi e oggetti che riportano alla Scrittura. Alcuni esempi sono: la vite, usata come esempio da Gesù nei vangeli, dall’uva si fa il vino che simboleggia il sangue di Cristo; il mulino che produce la farina da cui si fa il pane, simbolo del corpo di Cristo; e il frantoio, dove le olive sono trasformate in olio, simbolo dello Spirito Santo. Sempre all’esterno si trova una riproduzione del sepolcro dove fu posto Gesù dopo la sua morte sulla croce, con la pietra rimossa come avvenne alla risurrezione. Pur non essendo prevista nel progetto iniziale, ora questa parte ha la stessa importanza dell’ambiente interno.

Per saperne di più sul museo visita il sito: unasp.br/mab.

[Foto: Aicom. Fonte: Noticias Adventistas

La comunicazione strategica nella lettera di Giuda

La comunicazione strategica nella lettera di Giuda

Tre lezioni da apprendere analizzando l’epistola del Nuovo Testamento.

Felipe Lemos – L’antico Impero romano disponeva di un sistema di comunicazione estremamente avanzato per quei tempi. I romani crearono quello che oggi conosciamo come sistema postale. Le lettere, o epistole, erano un modo efficiente e rapido per comunicare. Documenti, scambi epistolari privati e anche lettere comunitarie erano parte della comunicazione strategica dell’epoca.

Parlando del sistema postale romano, lo storico Mark Cartwright afferma che “inizialmente si utilizzavano i messaggeri (iuvenes) che viaggiavano dal mittente al destinatario; in seguito, si cominciò a usare un sistema di ritrasmissione di messaggeri. Ai messaggeri venivano offerti approvvigionamenti e nuovi mezzi di trasporto (vehicula) in punti regolari lungo i 120.000 chilometri della rete stradale, che permettevano loro di percorrere quasi 80 chilometri al giorno”.[1] In altre parole, i Romani crearono qualcosa di efficiente e veloce secondo gli standard di un’epoca senza Internet, fibra ottica, Bluetooth, ecc.

Scritti comunitari 
In questo contesto, risaliamo al primo secolo dell’era cristiana. Abbiamo il ben noto apostolo Paolo e le sue lettere indirizzate a varie comunità di credenti in Asia e in Europa. Si trattava di messaggi pensati per essere letti in pubblico; era, quindi, una strategia di comunicazione adeguata a chi aveva la responsabilità di gestire diverse chiese sparse in luoghi lontani. Kossar e Gadini, in un articolo sull’argomento, affermano che “il senso della comunità si presenta nel desiderio di Paolo che le lettere fossero lette in pubblico durante le funzioni, incontri che riunivano il maggior numero di membri della comunità, e da diffondere in altre chiese”.[2]

La stessa abitudine mantenuta da Paolo fu adottata da altri scrittori di epistole del Nuovo Testamento. Il canone biblico attesta la paternità di lettere attribuite a Giacomo, Giovanni e a un individuo noto come Giuda. Sicuramente non si trattava di Giuda Iscariota, ma probabilmente di un fratello di Giacomo e di Gesù Cristo.

Ciò che vorrei evidenziare in questo articolo è l’utilizzo di almeno tre strategie di comunicazione attraverso la lettera inviata da Giuda, probabilmente nel 67 d.C., a una comunità cristiana non identificata. E penso che il modo in cui è redatta l’epistola di questo apostolo e i retroscena che si possono dedurre siano lezioni importanti per i comunicatori.

Tre lezioni di comunicazione nella lettera  
Negli ambienti teologici si discute se la lettera di Giuda sia stata scritta prima o dopo la seconda lettera di Pietro, perché si riscontra un’incredibile somiglianza nell’approccio ai due contenuti. Alcuni credono che, poiché è un’epistola più breve, il materiale di Giuda sia più antico. Sta di fatto che la lettera pervenuta fino a oggi è composta da un solo capitolo di 25 versetti: sembra poco, ma la sua densità è evidente quando si studia il testo.

Nel versetto 3, Giuda dice: “Carissimi, avendo un gran desiderio di scrivervi della nostra comune salvezza, mi sono trovato costretto a farlo per esortarvi a combattere strenuamente per la fede, che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre”.

È chiaro che l’autore della lettera era consapevole di cosa avevano bisogno i suoi destinatari. Oggi diremmo che aveva studiato il suo target (o pubblico di riferimento) per valutare il tipo di messaggio da inviare. Aveva intenzione di scrivere su un altro argomento, ma ha cambiato tono e direzione. Ha poi scritto un’esortazione, un monito specifico contro i cosiddetti falsi maestri che mettevano a rischio l’integrità dottrinale della comunità cristiana.

Obiettività e centralità delle argomentazioni 
Un altro aspetto riscontrato nella lettera è che Giuda mette in pratica molto bene ciò che manca a molti comunicatori di oggi: l’obiettività e la centralità degli argomenti. Circolano testi, video e audio con argomenti così confusi e soggettivi da rendere difficile capire esattamente cosa si vuole comunicare. E si va dalle dichiarazioni di governi e aziende, ai video promozionali e alla vita degli influencer. L’impressione che ne deriva è che gli argomenti manchino di solidità, manchi l’articolazione per comunicare adeguatamente ciò che si desidera e manchi un pensiero strutturato.

L’epistola di Giuda, però, soprattutto dai versetti 4 a 16, rende del tutto esplicita la sua preoccupazione per i falsi maestri, i falsi insegnamenti e le relative conseguenze. Egli traccia anche un parallelo con esempi negativi noti al pubblico di lettori della Bibbia ebraica (il nostro Antico Testamento), e perfino di libri apocrifi o pseudoepigrafi. Leggendo Giuda, si capisce il problema centrale presentato dall’autore, cosa questo potrebbe causare nella comunità e viene anche ricordato che un problema del genere si era verificato in passato.

È del tutto strategico, dal punto di vista della comunicazione, chiarire quale messaggio si trasmette al pubblico. La chiarezza nasce da una conoscenza profonda di ciò che si vuole comunicare. In questa epistola scritta da Giuda è molto probabile che i destinatari capissero esattamente di cosa trattasse l’esortazione apostolica. L’autore utilizza espressioni comuni e riferimenti noti in modo che il suo pubblico venga connesso al contenuto della lettera.

I tempi bui esemplificati da alcune comunicazioni digitali rivelano un’incapacità, intenzionale o meno, di farsi capire. Spesso, in alcuni ambienti virtuali, le percezioni sono influenzate da discorsi, interventi e manifestazioni che appaiono in forma tronca, crittografica e dubbia.

Esortazioni finali e soluzioni 
Infine, l’epistola, che tende sempre a essere più formale, si conclude con parole che conducono a quelli che potremmo definire percorsi per la soluzione del problema, o ricerca di una soluzione. Giuda scrive: “Ma voi, carissimi, edificando voi stessi nella vostra santissima fede, pregando mediante lo Spirito Santo, conservatevi nell’amore di Dio, aspettando la misericordia del nostro Signore Gesù Cristo, a vita eterna” (vv. 20, 21).

La comunità ha avuto accesso a una comunicazione positiva, espressa in un documento che si conclude con un appello alla riconsacrazione con Dio. E l’epistola chiarisce, ai versetti 22 e 23, che parte del gruppo dei cristiani pii e timorati del Signore dovrebbe dispiacersi per coloro che sono nel dubbio e seguono una strada considerata sbagliata.

La comunicazione strategica costruisce per educare, formare e stabilire qualcosa che sia migliore di quanto esisteva già. È ciò che fa Giuda nella sua epistola. Non si limita al problema, ma si muove verso la soluzione.

Questo articolo non ha l’intenzione di esaurire l’analisi della lettera di Giuda, ma ha cercato di indicare alcuni pensieri legati alla comunicazione strategica presenti in uno scritto destinato a essere letto e che serviva come mezzo di comunicazione per una comunità di cristiani nel primo secolo.

Cos’altro noti in questa lettera che potrebbe essere interessante per quanto riguarda la comunicazione strategica? Prova a leggerla con questi occhi e a immaginare le reazioni delle persone nel ricevere una lettera con questo approccio e contenuto. E poi, pensa al tipo di comunicazione in cui sei coinvolto: nei rapporti interpersonali, nel tuo lavoro, nella comunicazione della tua chiesa, o anche in qualsiasi altro tipo di comunità.

Riepiloghiamo 
Giuda ci dà tre consigli riguardo alla comunicazione strategica:
1. L’autore della lettera ha fatto una lettura dei destinatari e ha cambiato argomento prima di scrivere. Comprendi il tuo pubblico.
2. Giuda preferisce una comunicazione obiettiva, con un focus centrale sugli argomenti. Sii consapevole di cosa vuoi comunicare e nel farlo cerca di essere il più chiaro possibile.
3. L’epistola si conclude con parole che indicano i modi per risolvere il problema. Genera una comunicazione che costruisca qualcosa, che insegni, che formi davvero le persone e non informi soltanto.

(Filippo Lemos, giornalista, specialista in marketing e comunicazione aziendale, gestisce l’Ufficio Comunicazioni della Chiesa avventista sudamericana che ha sede a Brasilia)

Note 
[1] https://www.worldhistory.org/trans/pt/2-1442/as-cartas-e-correspondencia-na-antiguidade/
[2] K. Furtado, K. W., & Gadini, “Cartas cristãs como mídia comunitária: o que Paulo de Tarso pode ensinar sobre comunicação popular?”, Revista Famecos, 22(4), S. L. (2015), p.8.

[Fonte: noticias.adventistas.org/pt. Traduzione: L. Ferrara]

La Bibbia Expo fa tappa a Cremona

La Bibbia Expo fa tappa a Cremona


Bibbia Expo: un percorso culturale e didattico coinvolgente e affascinante. I tempi, i luoghi, i popoli, la storia della Bibbia. I visitatori potranno ammirare, fra le altre cose, i modelli in scala dell’arca di Noè e del Santuario ebraico, ma anche dell’Arca del Patto. Ci sono delle implicazioni che ancora oggi la Bibbia può avere per ciascun essere umano ma anche per l’intera società del nostro mondo?

Mario Calvagno e Carmen Zammataro ne parlano con Franco Evangelisti di Guerrino, pastore delle chiese avventiste di Cremona, Mantova e Parma.

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