Tre lezioni da apprendere analizzando l’epistola del Nuovo Testamento.

Felipe Lemos – L’antico Impero romano disponeva di un sistema di comunicazione estremamente avanzato per quei tempi. I romani crearono quello che oggi conosciamo come sistema postale. Le lettere, o epistole, erano un modo efficiente e rapido per comunicare. Documenti, scambi epistolari privati e anche lettere comunitarie erano parte della comunicazione strategica dell’epoca.

Parlando del sistema postale romano, lo storico Mark Cartwright afferma che “inizialmente si utilizzavano i messaggeri (iuvenes) che viaggiavano dal mittente al destinatario; in seguito, si cominciò a usare un sistema di ritrasmissione di messaggeri. Ai messaggeri venivano offerti approvvigionamenti e nuovi mezzi di trasporto (vehicula) in punti regolari lungo i 120.000 chilometri della rete stradale, che permettevano loro di percorrere quasi 80 chilometri al giorno”.[1] In altre parole, i Romani crearono qualcosa di efficiente e veloce secondo gli standard di un’epoca senza Internet, fibra ottica, Bluetooth, ecc.

Scritti comunitari 
In questo contesto, risaliamo al primo secolo dell’era cristiana. Abbiamo il ben noto apostolo Paolo e le sue lettere indirizzate a varie comunità di credenti in Asia e in Europa. Si trattava di messaggi pensati per essere letti in pubblico; era, quindi, una strategia di comunicazione adeguata a chi aveva la responsabilità di gestire diverse chiese sparse in luoghi lontani. Kossar e Gadini, in un articolo sull’argomento, affermano che “il senso della comunità si presenta nel desiderio di Paolo che le lettere fossero lette in pubblico durante le funzioni, incontri che riunivano il maggior numero di membri della comunità, e da diffondere in altre chiese”.[2]

La stessa abitudine mantenuta da Paolo fu adottata da altri scrittori di epistole del Nuovo Testamento. Il canone biblico attesta la paternità di lettere attribuite a Giacomo, Giovanni e a un individuo noto come Giuda. Sicuramente non si trattava di Giuda Iscariota, ma probabilmente di un fratello di Giacomo e di Gesù Cristo.

Ciò che vorrei evidenziare in questo articolo è l’utilizzo di almeno tre strategie di comunicazione attraverso la lettera inviata da Giuda, probabilmente nel 67 d.C., a una comunità cristiana non identificata. E penso che il modo in cui è redatta l’epistola di questo apostolo e i retroscena che si possono dedurre siano lezioni importanti per i comunicatori.

Tre lezioni di comunicazione nella lettera  
Negli ambienti teologici si discute se la lettera di Giuda sia stata scritta prima o dopo la seconda lettera di Pietro, perché si riscontra un’incredibile somiglianza nell’approccio ai due contenuti. Alcuni credono che, poiché è un’epistola più breve, il materiale di Giuda sia più antico. Sta di fatto che la lettera pervenuta fino a oggi è composta da un solo capitolo di 25 versetti: sembra poco, ma la sua densità è evidente quando si studia il testo.

Nel versetto 3, Giuda dice: “Carissimi, avendo un gran desiderio di scrivervi della nostra comune salvezza, mi sono trovato costretto a farlo per esortarvi a combattere strenuamente per la fede, che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre”.

È chiaro che l’autore della lettera era consapevole di cosa avevano bisogno i suoi destinatari. Oggi diremmo che aveva studiato il suo target (o pubblico di riferimento) per valutare il tipo di messaggio da inviare. Aveva intenzione di scrivere su un altro argomento, ma ha cambiato tono e direzione. Ha poi scritto un’esortazione, un monito specifico contro i cosiddetti falsi maestri che mettevano a rischio l’integrità dottrinale della comunità cristiana.

Obiettività e centralità delle argomentazioni 
Un altro aspetto riscontrato nella lettera è che Giuda mette in pratica molto bene ciò che manca a molti comunicatori di oggi: l’obiettività e la centralità degli argomenti. Circolano testi, video e audio con argomenti così confusi e soggettivi da rendere difficile capire esattamente cosa si vuole comunicare. E si va dalle dichiarazioni di governi e aziende, ai video promozionali e alla vita degli influencer. L’impressione che ne deriva è che gli argomenti manchino di solidità, manchi l’articolazione per comunicare adeguatamente ciò che si desidera e manchi un pensiero strutturato.

L’epistola di Giuda, però, soprattutto dai versetti 4 a 16, rende del tutto esplicita la sua preoccupazione per i falsi maestri, i falsi insegnamenti e le relative conseguenze. Egli traccia anche un parallelo con esempi negativi noti al pubblico di lettori della Bibbia ebraica (il nostro Antico Testamento), e perfino di libri apocrifi o pseudoepigrafi. Leggendo Giuda, si capisce il problema centrale presentato dall’autore, cosa questo potrebbe causare nella comunità e viene anche ricordato che un problema del genere si era verificato in passato.

È del tutto strategico, dal punto di vista della comunicazione, chiarire quale messaggio si trasmette al pubblico. La chiarezza nasce da una conoscenza profonda di ciò che si vuole comunicare. In questa epistola scritta da Giuda è molto probabile che i destinatari capissero esattamente di cosa trattasse l’esortazione apostolica. L’autore utilizza espressioni comuni e riferimenti noti in modo che il suo pubblico venga connesso al contenuto della lettera.

I tempi bui esemplificati da alcune comunicazioni digitali rivelano un’incapacità, intenzionale o meno, di farsi capire. Spesso, in alcuni ambienti virtuali, le percezioni sono influenzate da discorsi, interventi e manifestazioni che appaiono in forma tronca, crittografica e dubbia.

Esortazioni finali e soluzioni 
Infine, l’epistola, che tende sempre a essere più formale, si conclude con parole che conducono a quelli che potremmo definire percorsi per la soluzione del problema, o ricerca di una soluzione. Giuda scrive: “Ma voi, carissimi, edificando voi stessi nella vostra santissima fede, pregando mediante lo Spirito Santo, conservatevi nell’amore di Dio, aspettando la misericordia del nostro Signore Gesù Cristo, a vita eterna” (vv. 20, 21).

La comunità ha avuto accesso a una comunicazione positiva, espressa in un documento che si conclude con un appello alla riconsacrazione con Dio. E l’epistola chiarisce, ai versetti 22 e 23, che parte del gruppo dei cristiani pii e timorati del Signore dovrebbe dispiacersi per coloro che sono nel dubbio e seguono una strada considerata sbagliata.

La comunicazione strategica costruisce per educare, formare e stabilire qualcosa che sia migliore di quanto esisteva già. È ciò che fa Giuda nella sua epistola. Non si limita al problema, ma si muove verso la soluzione.

Questo articolo non ha l’intenzione di esaurire l’analisi della lettera di Giuda, ma ha cercato di indicare alcuni pensieri legati alla comunicazione strategica presenti in uno scritto destinato a essere letto e che serviva come mezzo di comunicazione per una comunità di cristiani nel primo secolo.

Cos’altro noti in questa lettera che potrebbe essere interessante per quanto riguarda la comunicazione strategica? Prova a leggerla con questi occhi e a immaginare le reazioni delle persone nel ricevere una lettera con questo approccio e contenuto. E poi, pensa al tipo di comunicazione in cui sei coinvolto: nei rapporti interpersonali, nel tuo lavoro, nella comunicazione della tua chiesa, o anche in qualsiasi altro tipo di comunità.

Riepiloghiamo 
Giuda ci dà tre consigli riguardo alla comunicazione strategica:
1. L’autore della lettera ha fatto una lettura dei destinatari e ha cambiato argomento prima di scrivere. Comprendi il tuo pubblico.
2. Giuda preferisce una comunicazione obiettiva, con un focus centrale sugli argomenti. Sii consapevole di cosa vuoi comunicare e nel farlo cerca di essere il più chiaro possibile.
3. L’epistola si conclude con parole che indicano i modi per risolvere il problema. Genera una comunicazione che costruisca qualcosa, che insegni, che formi davvero le persone e non informi soltanto.

(Filippo Lemos, giornalista, specialista in marketing e comunicazione aziendale, gestisce l’Ufficio Comunicazioni della Chiesa avventista sudamericana che ha sede a Brasilia)

Note 
[1] https://www.worldhistory.org/trans/pt/2-1442/as-cartas-e-correspondencia-na-antiguidade/
[2] K. Furtado, K. W., & Gadini, “Cartas cristãs como mídia comunitária: o que Paulo de Tarso pode ensinar sobre comunicação popular?”, Revista Famecos, 22(4), S. L. (2015), p.8.

[Fonte: noticias.adventistas.org/pt. Traduzione: L. Ferrara]

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