Halloween. Origini di una ricorrenza non cristiana

Halloween. Origini di una ricorrenza non cristiana

Michele Abiusi – Le origini di Halloween sono antichissime, risalgono all'epoca in cui Francia, Irlanda, Scozia e Inghilterra erano dominate dalla cultura celtica, prima che l'Europa cadesse sotto il dominio di Roma. Per i Celti l'anno nuovo non cominciava il primo gennaio, come per noi oggi, bensì il primo novembre, quando terminava ufficialmente la stagione calda e iniziava quella delle tenebre e del freddo.

Alla fine di ottobre il lavoro nei campi era concluso, il raccolto era al sicuro e i contadini potevano finalmente rilassarsi e prepararsi a vivere chiusi in casa per molti mesi, riparandosi dal freddo, costruendo utensili e trascorrendo le serate a raccontare storie e leggende. Ovviamente, questo era il pretesto per organizzare, la vigilia del primo giorno di novembre, la festa più importante dell'anno, una sorta di Capodanno dedicato a Samhain, divinità considerata “Signore della Morte” e “Principe delle Tenebre”.

I Celti credevano che alla vigilia di ogni nuovo anno, cioè il 31 ottobre, Samhain chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti, che vivevano in una landa di eterna giovinezza e felicità chiamata Tir nan Oge.

In questo giorno tutte le leggi dello spazio e del tempo erano come sospese e il velo che divideva il mondo dei vivi dal mondo dei morti si faceva più sottile, permettendo agli spiriti di mostrarsi, di comunicare con i viventi e di divertirsi alle loro spalle, facendo scherzi e impaurendoli con le loro apparizioni. "Samhain" era una celebrazione che univa la paura della morte e degli spiriti all'allegria dei festeggiamenti per la fine del vecchio anno.

La notte del 31 ottobre i Celti si riunivano nei boschi e sulle colline per la cerimonia dell'accensione del fuoco sacro e facevano sacrifici animali. Vestiti con maschere grottesche ritornavano al villaggio, facendosi luce con lanterne costituite da cipolle intagliate al cui interno erano poste le braci del fuoco sacro. Dopo questi riti, i Celti festeggiavano per 3 giorni, mascherandosi con le pelli degli animali uccisi per spaventare gli spiriti.

In Scozia, nella notte di Samhain, gli abitanti dei villaggi seppellivano pietre nella terra, che venivano ricoperte di cenere e lasciate lì sino al mattino successivo. Se al mattino una pietra era stata smossa, significava che la persona che l'aveva seppellita sarebbe morta entro la fine dell'anno. In Irlanda si diffuse la tradizione di lasciare qualcosa da mangiare e del latte da bere fuori dalla porta, in modo che gli spiriti, passando, potessero rifocillarsi e decidessero di non fare degli scherzi agli abitanti della casa.

In seguito alle conquiste romane, cristiani e Celti vennero in contatto. Durante il periodo della cristianizzazione dell’Europa, la chiesa cercò di sradicare i culti pagani, ma non sempre vi riuscì. Nel tentativo di far perdere significato ai riti legati alla festa di Samhain, nell’835 papa Gregorio Magno spostò la festa di Ognissanti, dedicata a tutti i santi del paradiso, dal 13 maggio al 1° novembre.

Tuttavia, l'influenza del culto di Samhain non fu sradicata e per questo motivo la chiesa aggiunse, nel X secolo, una nuova festa: il 2 novembre, giorno dedicato alla memoria dei defunti che venivano festeggiati dai loro cari mascherandosi da santi, angeli e diavoli e accendendo dei falò.

In inglese Ognissanti si dice All Hallows' Day; la vigilia del giorno di Ognissanti, cioè il 31 ottobre, si chiama All Hallow' Eve. Queste parole si sono trasformate prima in Hallows' Even, e da lì ad Halloween il passo è stato breve. Nonostante i tentativi della chiesa cristiana di eliminare i riti pagani di Samhain, Halloween è rimasta una festa legata al mistero, alla magia, al mondo delle streghe e degli spiriti.

Tra il 1845 e il 1850, a causa di una malattia che devastò le coltivazioni di patate, circa 700.000 irlandesi emigrarono in America, portando le loro usanze, tra cui anche quella di festeggiare Halloween.

Negli Stati Uniti Halloween ha perso i suoi significati religiosi e rituali, ed è diventata un'occasione per divertirsi e organizzare party. Pare che ogni anno gli americani spendano due milioni e mezzo di dollari in costumi, addobbi e feste per il 31 ottobre!

L'abitudine di mascherarsi in occasione di Halloween deriva probabilmente dall'usanza celtica di indossare pelli di animali e maschere mostruose durante i riti di Samhain e dell'accensione del fuoco sacro, per spaventare gli spiriti e tenerli lontani dai villaggi.

L'usanza dei bambini di bussare alle porte delle case gridando “Trick or Treat”, che significa più o meno “dolcetto o scherzetto”, deriva dall'usanza dei Celti di lasciare cibo e latte fuori dalla porta, nella speranza di ingraziarsi gli spiriti ed evitare le loro malefatte.

Quando gli irlandesi arrivarono in America, scoprirono che le zucche erano molto più adatte delle cipolle e delle rape per la costruzione delle tradizionali lanterne di Halloween. Quindi la tradizionale Jack o'lantern, simbolo incontrastato di questa festa, è ricavata da una zucca solo da circa 100 anni.

Alla luce di questo, mi sembra del tutto evidente che, come cristiani, non abbiamo nulla da condividere con questa festività e con quelle che immediatamente seguono. 

Clicca qui per ascoltare l'intervista al past. Michele Abiusi realizzata dalla radio Rvs sul tema di Halloween.

 

 

Ricorda. Il significato di un verbo

Ricorda. Il significato di un verbo

Nella Scrittura il concetto di “ricordare” non è semplicemente una questione di rammentare frammenti di informazioni o l'ora dei prossimi appuntamenti.

Wendy Jackson – Quando ero studentessa avevo una lista infinita di fatti e regole da tenere a mente. Ora, come pastora e accademica, la mia lista di "cose da ricordare" si è trasformata in una raccolta di appuntamenti, comitati e scadenze. Il concetto di ricordare nella Scrittura, tuttavia, non è semplicemente una questione di rammentare frammenti di informazioni o l'ora dei prossimi appuntamenti. Il verbo ricordare, in particolare nell'Antico Testamento, è quasi sempre associato all'azione o alla condotta. Un appello a ricordare significa essere chiamati ad agire in conformità con ciò che viene ricordato.

A volte questo è reso esplicito nel testo, come in Esodo 20:8 (“Ricordati del giorno di sabato per santificarlo”) dove siamo chiamati a ricordare il sabato riposando e mantenendolo santo; oppure nella storia di Giuseppe [in Egitto, ndt] in cui al coppiere viene chiesto di ricordare Giuseppe menzionandolo al faraone: “Ma ricordati di me, quando sarai felice, e sii buono verso di me, ti prego; parla di me al faraone e fammi uscire da questa casa” (Genesi 40:14).

Altre volte l'azione è implicita, come in Ecclesiaste: "Ma ricordati del tuo Creatore nei giorni della tua giovinezza" (12:1). Qui, il testo non chiede di ricordare delle informazioni su Dio, bensì chiama il lettore a seguire e obbedire a Dio mentre è ancora giovane. Il ricordare determina la condotta dell'individuo nel presente e nel futuro.

Nell'Antico Testamento, il verbo ricordare (zakar) è usato nei confronti di Dio per circa un terzo delle volte. Poiché Dio non dimentica, può sembrare a prima vista sconcertante che sia così spesso descritto come colui che ricorda o è chiamato a ricordare. Ma ha più senso se comprendiamo che il ricordare di Dio è una dichiarazione della sua azione. Quando Dio ricorda, significa che ha agito in modi che dimostrano fedeltà alle sue promesse (Salmo 105:42) e al suo patto (Genesi 9:15; Salmo 105:8; 1 Cronache 16:15), o in modi che sono in armonia con il suo carattere (Salmo 98:3).

D'altronde, la richiesta rivolta a Dio di ricordare non è altro che un appello ad ascoltare e agire in armonia con queste sue caratteristiche (Salmo 25:6; 119:49). Vi è tuttavia un'importante eccezione alla perfetta memoria di Dio: la sua promessa in Geremia 31:34 in cui usa un atto di volontà per perdonare e dimenticare i peccati.

Quando, nell'Antico Testamento, sono gli esseri umani a dover avere memoria, il loro ricordare riguarda spesso Dio (Deuteronomio 8:18), il modo potente con cui ha agito in mezzo a loro (Deuteronomio 5:15) e la sua legge (Malachia 4:4). Tuttavia, a differenza di Dio che ricorda sempre, gli esseri umani dimenticano spesso. A volte questo scordare viene equiparato, nei libri profetici, all'infedeltà a Dio e all'alleanza (Ezechiele 23:35). Simboli come il sabato, i giorni di festa (Deuteronomio 16:3) e persino le nappe con i cordoni violetti agli angoli dei vestiti (Numeri 15:39) erano progettati al fine di aiutare a ricordare Dio e la relazione con lui.

Inoltre, per migliorare ulteriormente la memoria tra il popolo d’Israele, gli adulti dovevano raccontare ai propri figli le storie delle azioni potenti di Dio (Deuteronomio 6:20-25). Così, ricordando, gli israeliti non solo costruivano e rafforzavano l'immagine di un Dio fedele e degno di fiducia, ma sviluppavano anche la comprensione della loro identità come amato popolo di Dio. Ciò forniva loro un contesto per comprendere e interpretare le circostanze.

Il concetto veterotestamentario del ricordare è quindi non solo associato all'azione appropriata, ma anche alla relazione e all'identità. Quando consideriamo gli appelli di Dio a ricordare oggi, non dobbiamo considerarli come qualcosa in più da aggiungere alla nostra vita frenetica, bensì come una chiamata ad agire in conformità con la volontà divina, a crescere nella nostra comprensione di Dio e della nostra relazione con lui.

[Wendy Jackson è preside del Seminario di teologia presso l’Avondale University College, istituzione della Chiesa avventista in Australia]

[Immagine e fonte: Adventist Record]

 

Nuovo video di Ted Wilson. Non siete soli

Nuovo video di Ted Wilson. Non siete soli

HopeMedia Italia – Nel suo nuovo video il past. Ted Wilson, presidente della Chiesa avventista mondiale, assicura: “Non siete soli”. Se a volte vi siete sentiti come se foste gli unici a stare dalla parte di Dio, afferma, considerate i vari esempi biblici di persone che hanno sperimentato gli stessi sentimenti. Il presidente ha ragione perché ciò che abbiamo bisogno di ricordare e di scolpire nella nostra mente è la certezza che Dio non lascia mai nessuno da solo.

Guarda il video.

 

[Traduzione e doppiaggio del video sono a cura di Espoir Medias (www.magazineavventista.com)]

 

Introspezione spirituale al tempo della pandemia, ne parliamo con Claudio Coppini

Introspezione spirituale al tempo della pandemia, ne parliamo con Claudio Coppini


In questo numero di Riflettiamo insieme parliamo con Claudio Coppini, conduttore di Radio Voce della Speranza, di introspezione personale sul senso della vita e di riflessione spirituale al tempo della pandemia. E’  un tempo questo in cui confrontarsi come comunità cittadina, nazionale, europea e globale su una riflessione etica, ecologica e sociale. I cristiani devono riscoprire l’essenza e la dinamicità del Vangelo attraverso la concretezza dei loro atti e delle scelte quotidiane, a cominciare dalla salvaguardia dell’ambiente e dei diritti umani e civili per i tanti nel mondo che ne sono ancora oggi privi. Alcuni di questi temi sono espressi in un componimento poetico di Claudio, dal titolo “Siamo qui“, scritto in questi giorni di forzato isolamento a casa, in seguito alle restrizioni per la salute pubblica varate dal governo. La poesia è letta da Roberto Vacca che sollecita anche l’autore con alcune domande.

La poesia è pubblicata sul sito scrivere.info
Claudio Coppini ha su questo sito una pagina riservata come autore con le sue 134 poesie pubblicate a partire dal 2011.

Qui il testo della poesia di oggi.

La voce dell’infinito- il sospiro del mare 05 il mare come ritrovo spirituale

La voce dell’infinito- il sospiro del mare 05 il mare come ritrovo spirituale


Percorso educativo in difesa del creato curato dal dottore Francesco Turano, Istruttore di biologia marina, scrittore, specializzato in fotografia naturalistica subacquea, guida naturalistica ed esperto di educazione ambientale..
In questa puntata il dottor Turano ci ha parlato del silenzio del mare e del suo potere avvolgente, della dimensione acquatica e l’assenza di gravità sott’acqua e di come ritrovare se stessi in una atmosfera incredibile.

Riaccendiamo lo Spirito: camminare guidati dallo Spirito Santo 03- Le cause dei problemi di un cristiano

Riaccendiamo lo Spirito: camminare guidati dallo Spirito Santo 03- Le cause dei problemi di un cristiano


In questa puntata il pastore Abiusi ha esordito con questa domanda: Quali sono le cause dei problemi di un cristiano?
Questa domanda ha aperto una riflessione sulla natura dell’uomo; sulle fasi che lo portano al passaggio da uomo naturale (prima di conoscere Gesù) a cristiano carnale per raggiungere lo stato di cristiano spirituale, grazie all’opera dello spirito Santo.

Speciale dopo Pasqua. Che cosa significa la risurrezione di Cristo

Speciale dopo Pasqua. Che cosa significa la risurrezione di Cristo

Significato risurrezione

Dio guarirà la tristezza più profonda provata dagli esseri umani

Loren Seibold – Era una brutta giornata. La temperatura era sotto zero e raffiche di vento gelido battevano sul parabrezza della mia macchina. Andavo da Lincoln, in Nebraska, a Jamestown, in Dakota del nord, seguendo un furgone nero. Il sole bianco aveva fatto capolino attraverso le nuvole e ho guardato il paesaggio devastato: ammassi di neve sporca sui bordi della strada coprivano i campi, in lontananza vedevo solo lo scheletro di qualche albero. Tutto sembrava morto. Era difficile credere che ci fosse mai stata vita.

Eppure, il clima nel mio cuore era peggiore di quello esterno: nel furgone davanti c’era una bara con il corpo di mia madre, morta pochi giorni prima, a 57 anni. Andavo a seppellirla nello stesso cimitero di campagna dove da un anno riposava mio padre.

Perché i miei genitori, che avevano tante cose per cui vivere, sono morti così giovani? Entrambi si erano ammalati di cancro. Entrambi avevano perso la battaglia. Non vedranno i nipoti crescere; non hanno più senso i progetti fatti in vista delloa pensione. E anche se la loro sofferenza era finita, avevano lasciato un enorme vuoto nella vita di tutti noi.

Ci sono molti modi in cui noi cristiani cerchiamo di capire la risurrezione di Gesù Cristo. Nell’ambito del progetto di salvezza di Dio, la vediamo come adempimento delle profezie e dei riti dell’Antico Testamento. I filosofi religiosi la presentano dal punto di vista metafisico. I grandi artisti la raffigurano con i colori o la pietra. Gli attori ne rappresentano i personaggi e gli eventi. A ogni Pasqua, con il canto e la liturgia, i cristiani di tutto il mondo ricordano quello che è successo in una mattina di primavera di oltre 2000 anni fa. Eppure c’è un solo modo per capire veramente e profondamente la risurrezione di Gesù: stando davanti a una tomba, guardando il corpo di qualcuno che abbiamo amato e che non vedremo più in vita su questa terra. Perché la risurrezione di Gesù non è un’idea teologica o un evento storico, ma una promessa personale in cui Dio guarirà la tristezza più profonda che gli esseri umani possono provare.

La risurrezione di Gesù quella domenica mattina è la prova che Dio non lascerà vincere la morte. L’evento che distrugge ogni vita umana, l’unico davanti al quale siamo completamente indifesi, il più temuto nella vita, Gesù l’ha vinto! Anche se altre persone, come Lazzaro (l’amico di Gesù), sono ritornate in vita per poi morire di nuovo, in Cristo la morte è stata sconfitta per sempre. Poiché egli è il Figlio di Dio, la sua risurrezione incarna la promessa che coloro i quali lo accettano potranno vivere per sempre. “Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati” (1 Corinzi 15:22).

Se è accaduto una volta, può accadere ancora. Se anche una sola volta Dio ha riportato in vita un uomo che era veramente morto, rendendolo forte e perfetto, allora può farlo di nuovo. Se lo ha fatto per Gesù, può farlo per voi e per me, per i nostri bambini, genitori e nonni, per non parlare delle tante persone i cui nomi il mondo ha dimenticato.

E lo farà. Gesù Cristo, ha affermato l’apostolo Paolo, è stato il precursore della risurrezione per tutti noi: “ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta” (1 Corinzi 15:23). Ecco perché ho fiducia che un giorno le tombe si apriranno e vedrò di nuovo i miei genitori. Non come li ho visti l’ultima volta in un letto d’ospedale – consumati dalla sofferenza, senza capelli, gli occhi spenti, collegati a tubi e macchine – ma sani e pieni di vita. Li prenderò per mano e non ci separeremo più. E così accadrà anche a voi.

Tutto ciò che serve è accettare Gesù come proprio Salvatore. Se ancora non lo avete fatto, vi invito a dirgli sì, oggi.  (Da Signs of the Times, aprile 2012)

Rvs Roma si è posta il quesito: perché possiamo credere alla veridicità della risurrezione di Gesù? La risposta nell’intervista di Mario Calvagno ad Adelio Pellegrini, pastore avventista. Per ascoltare il programma cliccare qui.

 

 

Speciale dopo Pasqua. Che cosa significa la risurrezione di Cristo

Speciale dopo Pasqua. Un segno per tutte le stagioni

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Il messaggio della risurrezione di Cristo non è limitato a una data o a un periodo

Bill Knott – L’ho notata per la prima volta a metà febbraio, davanti a una quercia sul prato antistante la casa. Nevicava e nel freddo pungente lessi il messaggio sulla semplice croce bianca: “È risorto!”

“Sono trascorsi dieci mesi da Pasqua e hanno ancora la scritta ‘È risorto’ sul prato”, ho pensato. Ho guardato bene per vedere se avevano dimenticato anche le luci di Natale o le decorazioni di Halloween intorno alla casa, ma non c’erano altri simboli fatta eccezione del messaggio pasquale.

“Probabilmente sono evangelici che vogliono far sapere ai loro vicini ebrei e mussulmani da che parte stanno”, bisbigliai tra me, creandomi nella mente l’immagine di una famiglia che non avevo mai incontrato e che forse, pensai, aveva il simbolo del pesce attaccato dietro la macchina.

Due settimane più tardi ripassai davanti a quella casa. Qualcuno aveva rastrellato il prato dopo l’ultima bufera di neve, eppure la croce bianca era rimasta lì: inclinata sulle ventitré, a predicare ai non credenti “È risorto!”.

“Lasciatela ancora un po’ lì”, pensai, “e ve la ritroverete la prossima Pasqua”. Mi venne allora in mente il pupazzo di neve finta che era ancora accanto alla mia porta di casa a dare il benvenuto, e che avevo lasciato fuori stagione solo per dimenticanza.

La settimana scorsa ho visto di nuovo la croce: fiori di croco e giunchiglie spuntavano intorno alla sua base; il sole del mattino filtrava attraverso le querce e illuminava la scritta con tutto il calore del mattino della risurrezione. Questa volta ho pensato: “Fra non molti giorni 2 miliardi di cristiani in tutto il mondo proclameranno di nuovo ‘È risorto!’”.

E poi, ho trovato la verità davanti al prato di un vicino.

Il messaggio della risurrezione di Cristo non è prigioniero di una stagione, né cresce o diminuisce solo perché sul calendario arriva in marzo o aprile. Anche se lo circondiamo di gigli bianchi e di primavera, è una verità di cui abbiamo bisogno pure quando i prati si addobbano di denti di leone, di crisantemi o di gelo. La risurrezione, nostra unica speranza, non è né legata a una stagione né temporanea, ma è una vittoria duratura riportata da Cristo sulle intemperie e le circostanze mortali che ci affliggono tutto l’anno.

E allora vieni vento, vieni neve, vieni fango o caldo o gelo: tutto questo, e molto di più, cede il passo alla verità imperterrita e incrollabile che rimane piantata sul prato di un vicino: “È risorto!”.

La morte è stata sconfitta dall’unica vittima che essa avrebbe voluto mantenere nel sepolcrop, e il diavolo non può essere consolato perché sa che il suo regno è finito. Egli ora sa ciò che la terra e il cielo testimoniano: la vita è donata liberamente, con amore e per sempre, a tutti coloro che ripongono la loro fede in Cristo e nella potenza della sua risurrezione.

E così, ringrazio il vicino, di cui non so ancora il nome, per la testimonianza che ha lasciato, per questo segno che non ha messo via e per la risurrezione che esso regolarmente mi ricorda . Lascialo lì, per favore, per tutti coloro che bramano la liberazione più delle sentinelle che aspettano il mattino, più del canto degli uccelli che annuncia la primavera. (da AR Intouch)

La proposta di vivere la Pasqua tutti i giorni arriva anche dalla riflessione di Rvs Firenze nella puntata del programma L’Altro-Binario”, condotta da Claudio Coppini, con ospiti i pastori avventisti Saverio Scuccimarri e Rolando Rizzo. Una trasmissione vivace condita in ‘olio’ biblico e con la presa di coscienza del mistero che avvolge anche gli uomini del terzo millennio. Per ascoltare la trasmissione cliccare qui.

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