Un tempo per perdonare
6 Ottobre 2023

Il libro di Darold Bigger, A Time to Forgive, è la storia di un pellegrinaggio attraverso il vuoto del dolore e del trauma. Un padre, devastato dall’enormità della sua perdita, lotta per perdonare l’assassino di sua figlia.

Carmen Lăiu – Pastore, professore alla Walla Walla University e poi cappellano, Darold Bigger, scrive un libro nato dal tumulto di una perdita inimmaginabile e lo dedica a "chiunque abbia bisogno di perdonare o di essere perdonato, cioè tutti noi".[1]

La prima parte del volume, divisa in nove capitoli, è un resoconto delle circostanze che riguardano la morte di Shannon, la prima delle due figlie della famiglia Bigger. L’autore riesce a trasportare il lettore nei retroscena di questa tragedia, seguendo lentamente il vortice degli eventi e delle emozioni, a partire dalla mattina della morte di Shannon e per finire con il momento in cui i suoi genitori, dieci anni dopo, sono tornati sulla scena del crimine.

Siamo guidati attraverso tutte le fasi della perdita, con un turbinio di dettagli e rivelazioni sul terremoto emotivo vissuto dalla famiglia. Impariamo a percepire l’impronta lasciata dalla morte di una persona in circostanze che non saranno mai completamente comprese, con il sostegno degli amici e della comunità. I primi capitoli sono una raccolta dei gesti, dei messaggi e delle conversazioni che hanno provato a confortare il cuore spezzato dei genitori. Bigger tenta anche di mettere insieme un ritratto di Shannon sulla base dei loro ricordi e delle testimonianze di amici, conoscenti e persone estranee, per assicurarsi che non sia dimenticata, ma anche per dare un senso a questa morte che non ne ha, riflettendo sul significato della sua vita troppo breve.

Shannon è stata uccisa a casa sua alla fine del tirocinio nel dipartimento Sviluppo del Washington Adventist Hospital. Solo due settimane dopo, suo padre sarebbe dovuto arrivare con una roulotte per portare lei e tutte le sue cose in Idaho, sul nuovo posto di lavoro. La notte dell’omicidio, sua cugina Ava si era offerta di stare con lei, ma Shannon aveva rifiutato: voleva riposare un po’ e trascorrere la serata a preparare le valigie, visto che il trasloco era vicino. Il giorno dopo Shannon non si è presentata al lavoro e non ha risposto al telefono; è stata trovata senza vita nel suo letto, accoltellata più volte.

L’assassino, un giovane di nome Anthony Robinson, fu trovato presto dalla polizia; sosteneva che Shannon lo aveva invitato a studiare la Bibbia dopo un incontro in un centro commerciale. Diceva che il motivo dell’omicidio dipendeva dal fatto che lei era stata irrispettosa nei suoi confronti. Anthony cambiò la sua versione almeno otto volte, quindi i genitori della ragazza non hanno mai scoperto cosa fosse accaduto davvero quella notte. Tuttavia, conoscendo Shannon, la sua famiglia ha respinto del tutto alcuni scenari, confortandosi con altri. Shannon era nota per il suo blocco emotivo in situazioni di pericolo; perciò, i suoi genitori pensavano che fosse probabile (come ritenevano anche coloro che avevano indagato sul caso) che avesse perso conoscenza molto presto.

"Non pensavo che la gente potesse piangere così tanto" confessa Bigger, cercando di riportare squarci di dolore che ha vissuto all’inizio: vedere sua figlia al telegiornale all’interno di uno di quei grandi sacchi di plastica in cui sono avvolti i corpi, parlare con l’impresa di pompe funebri del modo in cui coprire le ferite per lasciare la cassa aperta, partecipare alla cena in chiesa dopo il funerale e condividere i ricordi di Shannon, studentessa universitaria a Walla Walla.

Nella prima parte del libro, Bigger espone alcune delle domande strazianti che lui e sua moglie hanno affrontato, concludendo che non ci sono risposte facili alle tragedie che si verificano in un mondo decaduto. Anche se si è tentati di credere che la morte di Shannon avrebbe potuto essere evitata (se avesse vissuto altrove, o se la situazione finanziaria dell’aggressore non fosse stata così disperata), Bigger pensa che la sua morte sia "un esempio della ben più sinistra realtà che il male permea ogni essere umano"[2] e che il male che affligge il nostro pianeta non sarà distrutto fino al giorno in cui Dio vi porrà fine per sempre.

Scrivendo a proposito dei doni che hanno alleviato il suo dolore (come quello di una comprensione più chiara nel momento in cui le persone parlavano dell’impatto che la vita di Shannon aveva avuto su di loro; il dono del tempo che sbiadisce i ricordi; il dono della speranza per un mondo migliore), Bigger descrive apertamente quanto sia difficile far fronte ai grandi cambiamenti che sopraggiungono dopo la morte di un figlio. Racconta di quanto sia complesso venire a patti con il fatto che il tuo compagno di vita possa cambiare a causa del trauma e che devi adattarti a quei mutamenti. Oppure accettare che ogni membro della famiglia abbia il proprio tempo di guarigione. O pensare a tutto quello che tua figlia ha perso morendo a soli 25 anni. Infine, raggiungere una nuova prospettiva sulle tue ferite e cercare modi per portare guarigione e speranza a coloro che sono stati feriti e hanno bisogno di sostegno.

La seconda parte del libro presenta una serie di spiegazioni e principi sul perdono e su come si fa a esercitarlo. Molte di queste esperienze sono state provate o adottate nel periodo in cui l’autore ha affrontato un’ondata di rabbia e risentimento. Un anno dopo la morte di Shannon, Bigger scoprì che sotto il dolore schiacciante che aveva intorpidito ogni altra emozione, c’era una rabbia consumante, alimentata in parte dal comportamento dell’autore del reato. Anthony non aveva mostrato alcun segno di rimorso durante il processo ed era stato persino provocatorio. Inoltre, dopo essersi dichiarato colpevole di omicidio e rapina a mano armata (e condannato all’ergastolo senza possibilità di libertà condizionale), Anthony aveva deciso di appellarsi e cambiare la sua testimonianza iniziale per ottenere una condanna minore.

Le tecniche di gestione dello stress che aveva insegnato ai suoi studenti in passato non funzionavano e le pratiche spirituali (preghiera, studio della Bibbia) non alleviavano la rabbia di questo padre in lutto. Bigger descrive il dolore di scoprirsi spiritualmente fallito, incapace di perdonare, inaridito dentro dall’indignazione, dalla rabbia e dal desiderio di vendetta.

Il perdono è arrivato alla fine come dono da Dio, quando si è reso conto che aveva tanto bisogno di trasformazione quanto l’assassino rinchiuso nella sua cella per (probabilmente) il resto della sua vita.

Dopo aver esaminato il ruolo delle emozioni ma anche i limiti, l’autore esplora le ragioni che rendono il perdono un’azione difficile, specialmente quando il male commesso contro di noi ci destabilizza e ci lascia in difficoltà sotto il peso delle nostre cicatrici. In questa sezione si parla anche del nostro dovere di difendere coloro che non possono farlo da soli e si elencano diverse forme di giustizia (che non si escludono a vicenda).

Infine, Bigger sostiene il motivo per cui il perdono è un dono divino, non un nostro compito o risultato. È Dio che perdona per primo, conclude Bigger, evidenziando il modo distorto in cui vediamo le cose quando, interpretando un versetto del Padre nostro (Matteo 6:9-13), arriviamo a credere che il Signore ci perdonerà solo dopo che avremo perdonato coloro che ci hanno fatto un torto ("rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori"). In realtà, solo dopo che siamo stati perdonati, riceviamo il potere di perdonare gli altri, liberandoci dalla forza corrosiva dell’amarezza, del risentimento e della rabbia.

La terza sezione del libro è una raccolta di saggi del ministro di culto metodista Frank Kimper. Bigger era stato uno degli studenti di Kimper e aveva raccolto i saggi del professore che venivano spesso distribuiti agli studenti ma non sono stati mai pubblicati fino a all’uscita di A time to forgive. I saggi affrontano il tema della rabbia, dell’autostima e della critica (come strumento di crescita e sviluppo personale) e pongono l’amore al centro di ogni interazione con gli altri e con noi stessi.

Siamo chiamati a perdonare e ad amare nel modo coinvolgente in cui siamo stati prima amati, non con le nostre risorse limitate, ma con quelle fornite da Colui che non ci ha insegnato una filosofia dell’amore, ce ne ha dato una dimostrazione pratica e senza paura.

Colui che ci ama così come siamo, prima di diventare ciò che ci ha chiamati a essere, di solito non interviene per fermare il tragico corso degli eventi. Ma condivide il nostro dolore, ci accompagna in ogni nostra esperienza e perdita, e ci porta alla guarigione, anche in circostanze che non sappiamo come chiamare (come potremmo definire un genitore che ha perso un figlio? Orfano?), e in quei momenti in cui una domanda altrimenti naturale (Quanti figli hai?) ci fa sentire persi, confusi e sradicati.

Un tempo per perdonare è, in definitiva, un appello credibile per affrontare la realtà del male con speranza, perché abbiamo un Dio per il quale "quello che sarà, lo è già".

(Carmen Lăiu è redattrice di Signs of the Times Romania e ST Network).

Note 
[1] Darold Bigger, A Time to Forgive (Un tempo per perdonare), Pacific Press, 2015. 
[2] Ivi, p.75.

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio] 

 

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