Ancora una volta sono stati pubblicati dati aggiornati sulla pratica religiosa (cattolica) nel nostro Paese. Le ricerche sono state essenzialmente due e la lettura dei risultati risente dell’ideologia di chi ha condotto l’indagine. Anche se è meno attestata l’interpretazione dei sociologi di corte, si coglie una certa volontà di rassicurazione sulle condizioni della fede in Italia, oppure, al contrario, si mette in evidenza la catastrofe che incombe sul futuro della Chiesa. In ogni caso si registra un vertiginoso calo della frequenza dei cattolici alla messa domenicale: secondo le inchieste per campione tra il 15 e il 19% degli intervistati dichiara di partecipare con una certa continuità, ma a sentire alcuni vescovi che hanno fatto una vera “conta” dei fedeli la percentuale sarebbe più bassa e nel Centro-Nord non si raggiungerebbe il 10%. Ciò che stupisce è che negli ultimi vent’anni il numero dei praticanti assidui si sia dimezzato e sia raddoppiato il numero di chi non partecipa mai alla liturgia cattolica. Molti, con superficialità, hanno intravisto nella chiusura delle chiese avvenuta nel lockdown la causa del crollo, ma in realtà altre e più profonde sono le cause e vengono dal passato. Armando Matteo, teologo attento al dato sociologico e al vissuto della Chiesa, già dieci anni fa osservava che i giovani sono «la chiesa che manca» e oggi è ovunque attestato l’abbandono della vita sacramentale dopo la cresima, perché neppure il 10 per cento continua a frequentare la messa (da un articolo di Enzo Bianchi su Repubblica del 21 agosto 2023, dal titolo "Non c’è Chiesa senza fraternità").

Ne parliamo con il teologo cattolico Brunetto Salvarani, autore del recente saggio "Senza Chiesa e senza Dio. Presente e futuro dell’Occidente post-cristiano" (ed. TempiNuovi)

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