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Il discorso pubblico è dominato da vocaboli e gesti scurrili che ci indignano solo quando a pronunciarli e a compierli è l’avversario politico. Altrimenti vengono considerati un segno di vitalità e di schiettezza, oltre che di vicinanza ai gusti del popolo, mentre chi segnala la spaventosa regressione all’infanzia che sembra aver colpito le classi dirigenti del mondo intero passa ancora per un ipocrita o un bigotto (da “Il caffè” di Massimo Gramellini del Corriere della Sera del 30 maggio 2024).
Nel corso della diretta RVS del 30 maggio Roberto Vacca intervista il pastore evangelico Peter Ciaccio su un’altra parola chiave. Oggi è la parola “sdoganamenrto”, in particolare della parolaccia, dell’insulto, del gesto volgare. Nelle relazioni personali e nel dibattito pubblico, in Italia e nel mondo intero. Tutto questo ci riguarda, come italiani e come cristiani?