La storia umana, l’annuncio evangelico e l’indifferenza. Il presidente Cretu commenta, in chiave pastorale, l’anno che volge al termine, su radio Rvs.

Notizie Avventiste – “Sicuramente quest’anno ci ha insegnato che purtroppo non c’è limite al dolore e alla sofferenza, perché quello che sta accadendo in Europa, in Palestina e così via, potremmo continuare con l’elenco, non fa altro che riportare la nostra attenzione su quanto l’uomo può far del male”. Esordisce con queste parole Andrei Cretu, presidente dell’Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno, nel suo intervento ai microfoni di radio Rvs-Accendi la Speranza.

Volge al termine un anno complicato, sia per le due guerre dentro e vicino all’Europa, sia per la questione climatica (il 2023 sarà ricordato come l’anno più caldo da quando esistono le misurazioni), sia per altre criticità come la povertà e le migrazioni. A queste situazioni difficili Cretu aggiunge altro e rivolge il suo sguardo pastorale ai più giovani, alla Generazione Z (i nati tra il 1995 e il 2011) che “sono quelli che hanno sofferto di più le limitazioni imposte dal Covid, e molti di loro ne sono usciti più fragili e diffidenti nei confronti della società”; e alla Generazione Alfa (i nati dal 2012 a oggi)… definita “come probabilmente una delle generazioni più infelici che ci siano mai state”.

In Dio la soluzione
Da pastore, dice Cretu, di fronte a tutto questo, “non posso non pensare a colui che la Bibbia descrive come un Padre amorevole, un Padre che è presente, che soffre insieme ai suoi figli e per i quali ha preparato una soluzione diversa da tutto quello che noi potremmo fare. Nonostante non dobbiamo abbandonare la lotta per raggiungere obiettivi ben determinati, sia per quanto riguarda la situazione ambientale, sia per quanto riguarda i conflitti, non dimentichiamo che la soluzione finale che la Bibbia presenta è l’intervento di Dio, un Dio che ama i suoi figli e che desidera per loro il meglio".

“Ed è in un simile contesto” prosegue “che abbiamo anche la capacità di rinunciare a certi aspetti del nostro orgoglio, delle nostre motivazioni, lasciando che sia Dio a intervenire nella nostra vita, e mettendoci al servizio del prossimo, per dimostrare quello che può fare un amore disinteressato nei confronti degli altri. È una soluzione che oggi deve essere applicata e credo che, come chiesa, abbiamo anche la responsabilità di comunicare questo e insegnare a farlo”.

Vegliare e agire per il bene
Nella nostra società dilaga l’indifferenza, che di recente il Censis ha definito “sonnambulismo”, vale a dire il pensare solo al proprio interesse. Questo è in netto contrasto con l’insegnamento di Gesù che dice di vegliare, di stare svegli. Un messaggio rivolto alla chiesa. 
“Gesù stesso era consapevole di questo rischio che la comunità di credenti può vivere, e cioè di addormentarsi e quindi non credo che dobbiamo parlare di altri, ma dobbiamo parlare di noi stessi” sottolinea Cretu.

E vegliare significa anche occuparsi del prossimo, come invita Gesù.. 
“Le parole oggi non bastano più” spiega il presidente “soltanto nel mettersi al servizio di coloro che sono intorno a noi possiamo in qualche modo trasmettere quello che è il messaggio essenziale del vangelo. Le persone sono stanche e possono anche essere indifferenti nell’ascoltare semplicemente delle parole che non sono seguite da un atteggiamento coerente”. La chiesa deve essere “un luogo primario dove vengono affrontati quelli che sono i problemi esistenziali costanti nella società, dove si parla dei valori in una prospettiva positiva, dove si offre un messaggio di speranza attraverso gesti concreti di amore”.

Clicca qui per ascoltare l’intera intervista di Rvs.

 

 

 

 

 

 

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