Dall’Io al Noi. A Poppi il raduno nazionale Rvs 2018

Dall’Io al Noi. A Poppi il raduno nazionale Rvs 2018

Veronica Addazio – «Dall’Io al Noi» è stato il tema guida e anche l’auspicio che ha ispirato il Raduno nazionale 2018 di Radio Voce della Speranza (Rvs). Gli operatori e alcuni dei volontari che si impegnano ogni giorno, senza sosta e con passione, nella missione della radio avventista sono partiti dalle loro rispettive sedi di Bologna, Forlì, Firenze, Roma, Sciacca, Palermo, Catania per riunirsi tra i boschi di Poppi (AR), negli spazi di Casuccia Visani, dal 16 al 18 novembre scorsi.

Verso la creazione del network Rvs
L’incontro ha rappresentato l’occasione per trovarsi di persona, trascorrere del tempo assieme, in comunione, condividere impressioni e testimonianze, meditare e aggiornarsi sulle nuove sfide che stanno cogliendo il comparto radiofonico e i media dell’Unione italiana (Uicca). In primis la visione del network con la creazione di una rete unitaria che abbracci le singole emittenti radio italiane: Conegliano (TV), Bologna, Forlì, Firenze, Roma, Palermo, Catania, Sciacca (AG), oltre ai ripetitori di Gaeta (LT) e Assoro (EN). Le diverse Rvs che prima erano associate a singole realtà avventiste, ora sono confluite all’interno dell’Ente Voce della Speranza (Vds), l’ente ecclesiastico che si occupa della predicazione e della diffusione del messaggio della parola di Dio riunendo in sé tutti i rami dei nostri media: trasmissioni radiofoniche (Radio Rvs), televisive (Hope Channel Italia), periodici d’informazione e pubblicazioni diverse (Edizioni Adv), Messaggero avventista online e Notizie Avventiste con le loro rispettive newsletter settimanali, corsi per corrispondenza e internet (La Voce della Speranza).

La radio, mezzo «caldo»
«La radio tocca tutti intimamente e personalmente: il suo aspetto più immediato è un’esperienza privata». Lo sosteneva Marshall McLuhan, celebre sociologo canadese, teorico dei media. Un mezzo, quello radiofonico, che l’Unione italiana avventista ha abbracciato in accordo con l’Awr (Adventist World Radio) a cui siamo affiliati, riconoscendone le enormi potenzialità nella diffusione del messaggio del Vangelo tra i nostri contemporanei: da esperienza intima, come sottolineato da McLuhan, la nostra radio si fa voce di speranza, esperienza comunitaria avvicinandosi a tagliare un traguardo storico: il 1 dicembre 2019, celebreremo i primi 40 anni di attività della Radio Voce della Speranza di Firenze, l’emittente fondata nel 1979 da Ron Myers, già direttore di Adventist World Radio Europe. Seguiranno a ruota gli anniversari delle altre emittenti che sono nate nei primi anni Ottanta.

Media alleati
«Il cammino intrapreso ci conduce verso una visione unitaria che si accompagna a trasformazioni di carattere tecnologico, a una nuova riorganizzazione gestionale in considerazione delle risorse che abbiamo e a una nuova programmazione editoriale» ha spiegato Daniele Benini, direttore nazionale di Radio Voce della Speranza, che ha aggiunto «I punti cardine della nostra missione sono la considerazione del valore evangelico di ciascuna persona, il senso civico della responsabilità, la capacità di accendere e condividere la speranza parlando alle donne e gli uomini di oggi, incontrando i loro bisogni esistenziali».

Un invito all’agire unitario nel campo dei media è arrivato anche da Vincenzo Annunziata, direttore del Dipartimento Comunicazioni dell’Uicca e di HopeMedia Italia, il nuovo centro unico dei media avventisti che coordina la produzione e la diffusione di servizi video e radio, notizie web e su carta, corsi biblici sotto un unico cappello, il portale www.hopemedia.it.

Sopravvissute a una miriade di cambiamenti tecnologici che hanno cercato di accogliere adeguandosi di pari passo, la prossima sfida delle nostre radio sarà quella del Dab, il Digital Audio Broadcasting che vede Rvs Firenze pioniera nell’accesso a questi nuovi bacini digitali di trasmissione e ricezione. Il network Rvs si è messo all’opera per seguire questa strada, avviando una strategia di riposizionamento tecnologico che passa anche da un ripensamento editoriale. Nel prossimo futuro sarà avviato un palinsesto nazionale che armonizzerà la programmazione dei tre centri di produzione nazionale (Firenze, Roma, Catania), aprendosi anche alle vocazioni territoriali delle altre emittenti e coinvolgendo le comunità ecclesiastiche italiane nella comunicazione di eventi, iniziative, campagne evangelistiche.

Informare, condividere, servire
«Rvs, infoRmare – condiVidere – Servire» è il motto delle nostre radio, una vocazione che si vive nella società odierna «fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta» ha aggiunto Giuseppe Cupertino, segretario generale dell’Uicca e coordinatore dell’Ente Vds, durante il suo intervento a Poppi, citando il versetto 2 della Lettera agli Ebrei, capitolo 12. «L’Europa è un continente secolarizzato, laico ma profondamente intriso di valori cristiani che abbiamo interiorizzato nel nostro vivere sociale; evangelizzare oggi» ha evidenziato Cupertino «significa esprimere Gesù, creare un ponte con l’altro».

È Gesù il comunicatore numero uno che ci insegna a guardare dritto a lui, al suo esempio vivo, per testimoniare del suo dono di salvezza; le parabole del suo vangelo oggi possono essere raccontate con altre «parabole», quelle che svettano sulle cime dei monti e sui tetti dei nostri palazzi. La radio resta dunque un mezzo vivo, «caldo», vicino agli ascoltatori che si sintonizzano sulle sue frequenze, scaricano podcast, interagiscono con memo vocali e messaggini, creano il loro personale palinsesto, ascoltano una voce amica in FM, dall’app Rvs Italy, dal web.

Discepoli… radiofonici
Sono state numerose le testimonianze condivise nel corso della due giorni, raccolte da Veronica Addazio, vicedirettore nazionale Rvs e da Alessia Calvagno, caporedattore nazionale Rvs. Tanti ascoltatori da nord a sud della penisola ma anche dall’estero e che ci ascoltano in lingua italiana, si sono aperti al messaggio di Gesù sintonizzandosi sulle frequenze della radio; in alcuni casi sono stati i contenuti di natura spirituale a risvegliare l’interesse, talvolta invece, i programmi legati ai temi della salute, del sociale, della famiglia, dell’ambiente hanno acceso curiosità, desiderio di ascoltare e approfondire. In tanti interagiscono quotidianamente con i conduttori durante le dirette, si affidano ai diversi canali a disposizione, via WhatsApp o sulle pagine Facebook, chiedendo libri in omaggio, corsi biblici o semplicemente per inviare un saluto, ricevere una parola che fa sperare, trovare una comunità che accolga.

Un grande patrimonio di esperienze, contatti, amici della radio che ci invita ad andare avanti con fiducia, ad accogliere le sfide tecnologiche, ad affrontare le difficoltà legate al reperimento delle risorse. In questo senso, ha gettato le basi di una nuova sinergia l’intervento di Leonardo Lega, dell’Ufficio Fundraising, che ha offerto alcuni spunti di riflessione sul valore del dono, del contraccambio alla luce di un progetto di sostenibilità e di opportunità che si possono aprire nel prossimo futuro per il comparto dei media avventisti.

Siamo pronti dunque per il 2019, con la carica giusta e l’emozione che accompagna ogni piccolo o grande passaggio. Da 23 anni alla guida nazionale di Radio Voce della Speranza, il pastore Daniele Benini ha annunciato il suo saluto al gruppo di lavoro. Un momento segnato da un commosso applauso e dalla consegna di un simbolico attestato che, in segno di riconoscenza per l’opera svolta, recita: «Dal trono venne una voce che diceva: Lodate il nostro Dio, voi tutti suoi servitori, voi che lo temete, piccoli e grandi» (Ap 19:5).

Guarda il video del raduno qui sotto

Porre fine alle guerre, dare inizio alla pace

Porre fine alle guerre, dare inizio alla pace

Giornata di studio dell’Accademia evangelica di Berlino e dell’Eak, in occasione del Centenario della fine del primo conflitto mondiale.

Apd/Notizie Avventiste – Cosa hanno imparato le chiese dal passato? Cento anni dopo la fine della prima guerra mondiale, questo tema è stato al centro della giornata di studio “Ending wars – starting peace” dell’Accademia evangelica di Berlino e del gruppo di lavoro evangelico per gli obiettori di coscienza e la pace (Eak). Si è parlato di sviluppo dell’etica della pace e del contributo delle chiese in questi cento anni, e di quanto l’argomento sia attuale ancora oggi.

“A quel tempo, nelle chiese, sono sati in pochi ad alzare la voce a favore della pace e di un’intesa internazionale. Oggi, invece, il principio di una pace giusta e il primato della nonviolenza sono le basi dell’azione di pace religiosa” ha sottolineato Renke Brahms, rappresentante per le questioni di pace della chiesa evangelica in Germania.
Ma è proprio per questo che è importante far sapere che c’erano voci pacifiste nelle chiese durante la grande guerra. “Sono la radice del lavoro cristiano contemporaneo per la pace” ha detto Christoph Münchow, presidente federale dell’Eak. “È importante oggi essere consapevoli di questo” gli ha fatto eco Uwe Trittmann, dell’Accademia evangelica di Berlino.

“Pochi piccioni tra molti falchi”, lo storico Karlheinz Lipp ha così definito l’impegno pacifista di alcuni pastori prima e durante il primo conflitto mondiale in Germania. Si erano alzate voci pacifiste, ma erano una netta minoranza del protestantesimo tedesco, ha sottolineato Lipp. Sarebbe importante rendere queste voci visibili in modo che non siano dimenticate o volutamente nascoste, ha sottolineato lo storico durante la Giornata di studi berlinese.
Ad esempio, pastori come Otto Umfrid furono coinvolti nella Società di Pace tedesca fondata nel 1892. Nel 1913, il pastore berlinese Walter Nithack-Stahn pubblicò un appello alla pace firmato da altri 400 pastori. E poi vari tentativi di stabilire la pace in Inghilterra come anche in Germania. Nella primavera del 1914 Walter Nithack-Stahnsdorfer e il past. Hans Francke avevano fortemente criticato la propaganda militarista tedesca. “C’erano queste voci pacifiste, ma erano solo alcune” ha ribadito lo storico Lipp.

Anche durante la prima guerra mondiale vi furono dichiarazioni pacifiste. La risoluzione pacifica di cinque pastori berlinesi nel 1917 attirò l’attenzione in occasione dei Quattrocentesimo anniversario della Riforma protestante. Ma rimane impressa la conclusione raggelante dello storico, dopo il 1918: “L’imperatore se ne andò, ma i funzionari della chiesa e i pastori rimasero con le loro posizioni anti-pacifiste”.

“Ci furono traumi tra i protestanti dopo la prima guerra mondiale… ma non vi fu alcun cambiamento radicale per quanto riguarda l’atteggiamento verso la guerra “, ha detto il professore. Certamente, c’erano anche voci pacifiste, come i socialisti religiosi, ma erano troppo deboli per essere ascoltate all’interno del protestantesimo. “Il potere delle vecchie strutture rimase. Nell’ambiente protestante si verificarono simpatie per l’emergente nazionalsocialismo. E il giorno di Potsdam nel 1933, fu un evento importante per molti protestanti che lo accolsero favorevolmente”, ha detto lo storico di Monaco.

Tuttavia, in questi  cento anni, ci sono state numerose iniziative e si sono formati diversi gruppi nelle chiese e tra i credenti per promuovere la pace. “Tutti hanno radici cristiane e hanno portato fiori variopinti su un grande prato di pace”, ha concluso Max Weber, consulente Eak a Bonn.
[Foto: Eak]

Secondo Convegno nazionale avventista sulla relazione d’aiuto

Secondo Convegno nazionale avventista sulla relazione d’aiuto

 

Marisabel Iacopino/Debora Centorrino – Nel week-end dal 5 al 7 ottobre, presso il Centro «Casuccia Visani» a Poppi (AR), si è svolto II Convegno nazionale avventista sulla relazione d’aiuto, rivolto a tutti i professionisti che lavorano nell’ambito della relazione d’aiuto, quali psicologi, counselor, assistenti sociali, educatori insegnanti e, da quest’anno, anche figure sanitarie.

Il tema affrontato è stato «Sofferenza e relazione d’aiuto: le fatiche nell’aiutare». Realizzato dai Dipartimenti Educazione e Ministeri avventisti della Famiglia, con il patrocinio del CeCsur (Centro culturale di scienze umane e religiose) e dell’Istituto Villa Aurora, l’evento è stato scandito dall’intervento di quattro professionisti avventisti che, ognuno dal proprio background di esperienze lavorative, hanno portato all’attenzione e alla riflessione dei partecipanti alcuni importanti stimoli: Giusy Catalano (assistente sociale e formatore – responsabile dell’area servizi alla persona presso il Comune di Cividate al Piano, Bergamo); Stefano De Vecchis (infermiere – ha fatto parte del gruppo di lavoro che ha dato vita al Sistema 118 nel Friuli-Venezia Giulia – Dipartimento di emergenza S.C. Pronto Soccorso presso l’ospedale Tolmezzo di Udine); Mirela Pascu (psicologo e psicoterapeuta – Professore Dinamiche Relazionali, Università Teologica Avventista, Firenze, e Co-Trainer Scuola Specializzazione Psicoterapia Cognitivo-Costruttivista Nòus, Milano); Deborah Giombarresi (psicologa, psicoterapeuta – lavora con detenuti, con reati di maltrattamento, e nei centri di accoglienza per migranti).

I temi che hanno suscitato maggiore interesse durante il dibattito sono stati: l’importanza della condivisione, dell’autoconsapevolezza dei propri limiti e delle emozioni che la relazione d’aiuto può suscitare in noi e una nuova visione della fragilità, vista come risorsa anziché come ostacolo.

Grazie alla partecipazione del past. Rainer Wanitschek, direttore del Dipartimento Famiglia presso la Regione Intereuropea della Chiesa e ospite spirituale del convegno, abbiamo avuto la possibilità di affrontare il tema della sofferenza anche sotto una prospettiva pastorale e teologica. Il pastore ci ha fatto soffermare sull’importanza del coinvolgere sempre Dio nelle nostre professioni, in quanto l’unico vero Onnipotente in grado di alleviare i dolori delle persone con cui entriamo in relazione, e anche i nostri.

È stato quindi un week-end ricco di momenti di riflessione, di condivisione di pensieri ed esperienze, di arricchimento sotto tanti aspetti, non soltanto professionali ma anche spirituali. Torniamo a casa con un bagaglio di esperienze costruttive e con il seguente versetto, che forse racchiude al meglio cosa non dovremmo mai dimenticarci in quanto professionisti cristiani:

«Il Signore stesso cammina davanti a te. Egli sarà con te, non ti lascerà e non ti abbandonerà. Non temere e non perderti d’animo!» (De 31:8).

Foto e programma sono disponibili sulla pagina Facebook dei Ministeri avventisti della Famiglia.

 

Summit della Chiesa nordamericana contro gli abusi

Summit della Chiesa nordamericana contro gli abusi

Evidenziata la responsabilità di fronte ai casi nelle comunità, nelle scuole e nelle istituzioni della denominazione. La Chiesa avventista non tollera alcuna forma di abuso.

Notizie Avventiste – Si è tenuto a Columbia, nel Maryland, il summit contro gli abusi organizzato dalla Regione Nordamericana (Nad) della Chiesa avventista. “Non vogliamo nascondere la testa e comportarci come se gli abusi non accadessero”, ha affermato Ivan Williams, direttore dell’Associazione Pastorale della Nad, nel messaggio di apertura.

I due giorni di incontri sono stati pensati per offrire a pastori, insegnanti, volontari e membri di chiesa gli strumenti e le conoscenze necessarie per intervenire e porre fine agli abusi nell’ambito della loro influenza.

Al vertice, che rientra nella campagna “EndItNow” della denominazione, hanno partecipato diversi esperti: dai leader delle chiese agli amministratori, agli avvocati alle donne che hanno condiviso il loro incontro personale con l’abuso.

“Si tratta di un evento annuale con relatori e argomenti che cambiano ogni volta perché sappiamo che non basta ascoltarlo una sola volta” ha spiegato Erica Jones, dei Ministri Femminili della Nad e l’organizzatrice del summit.

Pastori locali, dirigenti, insegnanti e studenti sono stati invitati a partecipare alle presentazioni in spagnolo il 24 settembre e in inglese il 25 settembre. Inoltre, entrambe le giornate sono stati trasmesse in diretta su Facebook e YouTube, e seguite da utenti della regione e di altri Paesi, tra cui Messico, Belize, Lettonia, Estonia e Bermuda, che hanno potuto inviare le domande e scaricare le risorse.

Lo streaming dal vivo su Facebook in spagnolo ha ricevuto circa 6.500 visualizzazioni in 48 ore dalla trasmissione, con 858 reazioni, commenti e condivisioni. Lo streaming in inglese ha ricevuto 5.572 visualizzazioni in 24 ore, con 1.223 reazioni, commenti e condivisioni.

La posizione della Chiesa
La sessione di apertura del programma inglese è stata tenuta da Alex Bryant, segretario esecutivo presso la Nad, che ha delineato le politiche della denominazione sugli abusi. “La Chiesa non tollera alcuna forma di abuso, fisico, sessuale, emotivo o mentale”, ha affermato. Alla base vi è la convinzione che tutti gli esseri umani sono fatti a immagine di Dio; perciò, se maltrattiamo una persona, maltrattiamo Dio.

“Abbiamo la responsabilità voluta da Dio di lavorare per proteggere le persone vulnerabili intorno a noi. Quindi, le nostre politiche, i nostri insegnamenti, dovrebbero essere fatti in modo da proteggere gli individui più vulnerabili tra noi, come i bambini, i coniugi e le persone che subiscono abusive”, ha aggiunto Bryant.

Leggi la dichiarazione ufficiale su abuso e violenza in famiglia.

Il costo dell’inattività
Kate Ott, professoressa associata di etica sociale cristiana alla Drew Theological School e docente di teologia pratica presso la Yale Divinity School, ha parlato dell’importanza di creare confini sani, soprattutto nelle comunità di fede. È vero che le politiche e le leggi che seguiamo aiutano a rafforzare questi limiti, ma è necessario altro ancora.

“Le istituzioni religiose non sono esenti dalle leggi del Paese in cui si trovano e non devono esserlo. Ma dovremmo desiderare, in realtà, standard più elevati” ha affermato Ott “Siamo comunità di cura, fiducia, rispetto e giustizia. Dovremmo dire: ‘La legge non è sufficiente. Cos’altro possiamo fare?’”.

“Nelle comunità di fede, abbiamo la responsabilità morale e la capacità di rispondere in modo giusto ed equo” ha continuato “È in gioco l’integrità delle relazioni pastorali e delle nostre istituzioni religiose”.

Definire la responsabilità
Oltre ad essere ritenuti responsabili dalla normativa ecclesiastica, i dirigenti, gli insegnanti e i volontari che svolgono attività nelle chiese e delle scuole avventiste hanno la responsabilità legale di segnalare i casi di abuso.

“Questa responsabilità legale è obbligatoria” ha notato Krista Blakeney-Mitchell, direttore associato per il miglioramento delle risposte della giustizia penale alle aggressioni sessuali, alla violenza domestica e dei corteggiatori, e il programma di assistenza allo stalking per il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti.

Chi svolge determinate professioni a contatto con bambini, adolescenti, ecc. ha l’obbligo di segnalare qualsiasi sospetto di abuso. Mitchell definisce questa responsabilità: informata, conoscia dei limiti, capace di offrire supporto continuo e fare la differenza.

“Sappiamo di avere una responsabilità morale, timorata di Dio, ma in aggiunta a ciò, abbiamo la responsabilità di cercare di rendere questo mondo un posto migliore”, ha affermato Mitchell.

Alcuni potrebbero trovare difficile ritenere un cristiano responsabile de determinate azioni, specialmente se è conosciuto e amato. Tuttavia, ciò non deve impedire il processo di segnalazione.

“Il nostro dovere è quello di riferire”, ha dichiarato Tony Anobile, vicepresidente della Nad “È scomodo e talvolta ci mette in disaccordo con le persone, ma preferirei farlo e sapere che ho svolto il mio lavoro, invece di guardare dall’altra parte e non fare nulla”.

In chiesa, ognuno è responsabile verso il fratello e la sorella. “Quando le comunità assumono la missione della responsabilità, il progresso è immediato”.

[Fonte: Nad. Foto: Mylon Medley]

 

Il diritto alla Pace – Convegno a Roma

Il diritto alla Pace – Convegno a Roma


Il 21 settembre, in occasione del 70° anniversario della Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani, si è tenuto a Palazzo Giustiniani – Sala
Zuccari del Senato della Repubblica il convegno dal titolo: “Il
diritto alla Pace. Italia ponte di Pace per un’Europa più forte e
stabile”
. L’iniziativa, che ha ricevuto il patrocinio del Senato della
Repubblica, è stata organizzata dalla Federazione Internazionale per
la Pace (UPF) in collaborazione con la Federazione delle Donne per la
Pace nel Mondo (WFWP), promossa dal senatore Roberto Rampi,
coordinatore dell’Associazione Internazionale dei Parlamentari per la
Pace (IAPP Italia).

Mario Calvagno e Carmen Zammataro hanno intervistato Dora Bognandi,
presidente della FDEI (Federazione Donne Evangeliche in Italia) che è
stata fra i relatori invitati. Nel suo intervento ha coniugato
particolarmente due settori d’interesse: le relazioni fra persone che
professano fedi diverse e le relazioni fra uomini e donne
.

Secondo Convegno nazionale avventista sulla relazione d’aiuto

Secondo Convegno nazionale avventista sulla relazione d’aiuto

Roberto Iannò – Dal 5 al 7 ottobre, nella meravigliosa cornice di Casuccia Visani, a Poppi (AR), si svolgerà il II Convegno nazionale avventista sulla relazione d’aiuto, per psicologi, counselor, assistenti sociali, educatori insegnanti e, da quest’anno, anche figure sanitarie.

Questo evento, organizzato dai Dipartimenti Educazione e Ministeri Avventisti della Famiglia, ha il patrocinio del CeCsur e dell’Istituto Avventista «Villa Aurora».

Scopo dell’incontro è quello di creare una rete di professionisti nell’ambito della relazione d’aiuto, e inerente al Dipartimento della Famiglia, per rendere un servizio sempre più efficace alla Chiesa e coinvolgendo le risorse a disposizione nelle aree menzionate.

Questo secondo incontro offrirà un clima di approfondimento e di dialogo attorno alla seguente tematica: «Sofferenza e relazione d’aiuto. Le fatiche nell’aiutare».

L’obiettivo che ci poniamo con questo tema è quello di esplorare, anche grazie al contributo dei relatori, il tema della sofferenza così come emerge all’interno di una relazione d’aiuto. Abbiamo in mente la sofferenza del paziente: i suoi vissuti, le sue sconfitte, i suoi desideri. Ma anche la sofferenza che viene percepita, ed evocata, nel professionista di fronte alla sofferenza dell’altro. Praticamente, vorremo stare in questa «terra di mezzo» della sofferenza, dove due mondi di sofferenza si incontrano, per dare ai partecipanti l’occasione per riflettere su come vivono, e reagiscono, in questa dinamica.

I relatori, che interverranno in un’ottica interdisciplinare, provengono da quattro diverse realtà professionali nell’ambito della relazione d’aiuto:

– Giusy Catalano (assistente sociale e formatore – responsabile dell’area servizi alla persona presso il Comune di Cividate al Piano, Bergamo).

– Stefano De Vecchis (infermiere – ha fatto parte del gruppo di lavoro che ha dato vita al Sistema 118 nel Friuli-Venezia Giulia – Dipartimento di emergenza S.C. Pronto Soccorso presso l’ospedale Tolmezzo di Udine).

– Deborah Giombarresi (psicologo e psicoterapeuta – lavora in programmi rieducativi per detenuti e  nell’accoglienza di migranti).

– Mirela Pascu (psicologo e psicoterapeuta – Professore Dinamiche Relazionali, Università Teologica Avventista, Firenze, e Co-Trainer Scuola Specializzazione Psicoterapia Cognitivo-Costruttivista Nòus, Milano)

L’ospite spirituale dell’incontro sarà il past. Rainer Wanitschek, responsabile dei Ministeri della Famiglia della Regione Intereuropea della Chiesa avventista.

I Dipartimenti Educazione e Famiglia copriranno le spese di vitto e alloggio dei partecipanti, mentre per il viaggio chiediamo alle chiese di sostenere tale cifra, come avviene per i corsi di formazione (specifiche situazioni vanno comunicate e concordate con l’organizzazione). L’incontro inizierà venerdì 5 ottobre, alle ore 19.30, con la cena, e si concluderà domenica 7 ottobre, alle ore 13, con il pranzo.

Per informazioni e iscrizioni, scrivere a Maria Antonietta Calà (direttore associato del Dipartimento della Famiglia): m.cala@avventisti.it

Comunicatori avventisti in convegno evidenziano l’importanza di lavorare in sinergia

Comunicatori avventisti in convegno evidenziano l’importanza di lavorare in sinergia

Il Gain Europe 2018 invita i partecipanti a camminare, parlare e crescere insieme per la missione.

Notizie Avventiste – Circa 120 professionisti delle comunicazioni, provenienti da 20 Paesi, si sono incontrati nei pressi di Valencia (a Canet) dal 23 al 28 marzo, per partecipare al convegno 2018 del Global Adventist Internet Network (Gain).

L’evento si proponeva gli obiettivi di aumentare le conoscenze sulla comunicazione, scambiare informazioni rilevanti e creare nuove connessioni, ma anche rafforzare i percorsi e aumentare le possibilità di svolgere attività missionarie nella chiesa.

Organizzato dai Dipartimenti Comunicazioni dei due organismi che supervisionano le chiese cristiane avventiste in Europa (Ted ed Eud), il convegno si è avvalso del supporto tecnico del centro spagnolo “HopeMedia” e di quello tedesco “Stimme der Hoffnung”.

I partecipanti hanno potuto scegliere tra un’ampia selezione di workshop su temi che spaziavano dal giornalismo alla produzione audiovisiva, dalla gestione dei social media all’evangelizzazione multimediale.

“Il Gain europeo è uno degli eventi a cui amo partecipare” ha dichiarato Brent Hardinge, assistente del direttore delle Comunicazioni della Chiesa mondiale “Ho sempre l’occasione di conoscere progetti stimolanti”.

Sono state presentate le ultime produzioni realizzate nei vari Paesi, come la serie  video inglese sui luoghi della Riforma protestante, girata nel 2017, in occasione del Cinquecentesimo anniversario; la seconda stagione dei dicumentari “Animal Encounters”, girati in Costa Rica; ecc.

“Una delle cose che mi ha colpito” ha affermato Costin Jordache, di Adventist Review “è l’enfasi del Gain sulla collaborazione e la sinergia. È importante riunirsi e creare sinergie per il bene della missione. E i partecipanti al Gain europeo non discutono solo di idee, ma creano anche modelli”. Si tratta di “usare tecnologia e innovazione per far crescere il regno di Dio in tutto il mondo”.

Anche Bill Knott, direttore esecutivo di Adventist Review, ha incoraggiato i partecipanti a “camminare e parlare insieme” per favorire la collaborazione attraverso la conversazione e l’ascolto.

(Fonte: EudNews, Adventist Review. Foto credit: Tor Tjeransen)

 

Una giornata dedicata al ricordo di Domenico Bellocchio

Una giornata dedicata al ricordo di Domenico Bellocchio


Petru Nyerges Danci –
A Ferrandina, in provincia di Matera, domenica 22 ottobre, si è svolta una giornata di rievocazione e di studio su Domenico Bellocchio, meglio conosciuto come Mimì, membro della chiesa avventista, addormentato nel Signore 30 anni fa.

Il salone di un antico e stupendo monastero del ’600 è stato gremito dalle ore 10.00 sino alle ore 19.00. Presenti gli abitanti del posto e diversi membri delle comunità avventiste di Montalbano Jonico, Policoro, Potenza e Conversano. Il pubblico, numerosissimo, è stato molto attento e coinvolto nel rievocare i tanti ricordi di Mimì Bellocchio.

Tra gli invitati, il sindaco di Ferrandina, prof. Gennaro Martoccia, che è stato per poco tempo allievo di Mimì. Nel suo discorso non si è limitato a un breve saluto, ma ha anche raccontato, con profonda commozione, del Mimì che aveva conosciuto. La vice sindaca e assessora con delega alla cultura, dott.ssa Maria Murante, ha tenuto un intervento profondo sui contenuti del libro Raccontando Mimì. Luigi Palestina, vecchio amico di Bellocchio, ha tratteggiato il Mimì ferrandinese dei ricordi, in modo sobrio ma commovente. La prof.ssa Anna Maria Mangieri ha invece delineato il ritratto del Mimì uomo di cultura, ricordando la sua produzione letteraria, solo in parte pubblicata. L’ultimo intervento della mattinata è stato tenuto da Gaetano Scerba, ferrandinese e membro della chiesa avventista in Svizzera, allievo e amico di Bellocchio. Con dovizia di particolari, ha presentato le caratteristiche dell’avventista Mimì, evidenziando le sue convinzioni di fondo e la sua cultura teologica. Ogni relazione è stata seguita con molta attenzione.

La pausa pranzo è stata molto apprezzata per il servizio di catering, preparato con cura.

Nel pomeriggio, la giornalista Margherita Agata ha coperto il primo intervento con una introduzione al libro Raccontando Mimì. Eroe ferrandinese avventista, di Rolando Rizzo, Edizioni Adv, 2017. È poi seguita una lunga intervista all’autore, soprattutto sulla dimensione religiosa di Mimì.

Diverse sono state le testimonianze di coloro che hanno conosciuto Bellocchio, in modo particolare per la sua grande umanità, sempre disponibile ad aiutare chi era in difficoltà, specialmente i ragazzi che avevano bisogno di essere seguiti nel dopo scuola e preparati per gli esami nelle diverse materie scolastiche.

Lo spessore colto di Mimì, conoscitore di tante lingue, autore di diverse commedie in dialetto ferrandinese e di poesie, e quello cristiano di una vita esemplare hanno portato il Comune di Ferrandina a dedicare una strada del paese in ricordo del suo nome.

Mimì Bellocchio è stato anche autore di un centinaio di articoli pubblicati nella rivista avventista Segni dei Tempi dal ’59 all’84. Alcuni di questi si possono trovare nel libro Raccontando Mimì, ampiamente diffuso tra i partecipanti all’evento e apprezzatissimo dai relatori e dalla giornalista che ha moderato l’intero incontro.

Il past. Rolando Rizzo ha organizzato tutto con cura e precisione, aiutato da alcuni fratelli del posto, tra cui Roberto La Carpia, membro della comunità di Montalbano Jonico; Gaetano Scerba e, non ultimo, il Comune di Ferrandina, che ha contribuito alla riuscita dell’evento.

Il programma si è concluso con una pièce teatrale che ha raccontato Mimì. Commovente, divertente, fortemente evocativa, è stata elaborata e diretta dal regista Luca Liborio Mazzone che ha utilizzato come attori gli stessi amici di Mimì. Una bellissima giornata incoronata da lunghissimi applausi.

L’esempio di un credente che ha vissuto umilmente la sua vita in santità e timore di Dio, che ha dato un contributo alla società del suo tempo, attraversa i decenni fino a noi. A distanza di trent’anni, si sente il profumo lasciato dal caro fratello Domenico Bellocchio, eroe ferrandinese avventista, nell’ombra della storia, in attesa della risurrezione.

(Foto: Vincenzo Bochicchio. Copertina libro: Edizioni Adv)

 

La missione nell’era dei rifugiati e dei migranti

La missione nell’era dei rifugiati e dei migranti


Un convegno della Andrews University affronta questo importante tema.

ARnews/Notizie Avventiste – Circa 300 persone hanno partecipato al convegno “La missione nell’era dei rifugiati e dei migranti”, tenutosi a metà settembre presso la Andrews University, istituzione avventista del Michigan (Usa), e organizzata dal dipartimento di missione globale del Seminario teologico dell’università e da altre entità avventiste nordamericane.

“Abbiamo scelto il tema molto attuale dei migranti e dei rifugiati perché è una problematica missiologica, politica, economica… Tutti noi viviamo in un contesto politico, ma il nostro compito di cristiani è quello di offrire aiuto ai rifugiati e ai migranti che arrivano sulle nostre coste, così come ha fatto Cristo”, ha dichiarato Gorden Doss, organizzatore principale dell’evento e docente di missione globale alla Andrews.

Numerosi relatori, arrivati da varie località e con diversi background, hanno parlato in plenaria o nei 42 seminari in gruppi.

Sung Kwon, direttore di Acs (Adventist Community Services) nella Regione nordamericana (Nad) della denominazione, ha chiesto all’intera chiesa di guardare oltre la politica sull’affluenza di migranti e rifugiati, per essere una comunità missionaria che opera attivamente nella società, senza ipocrisia. Ha sottolineato la necessità della tempestività e dell’affidabilità nella risposta ai problemi. “Non è la chiesa di Dio ad avere una missione”, ha affermato, “È il Dio della missione che ha una chiesa”.

Umanizzare i rifugiati
Gabriela Phillips, coordinatrice delle Relazioni avventiste con i musulmani presso la Nad, ha sottolineato la necessità di ridare dignità ai rifugiati e di ascoltare le loro voci nella confusione della loro migrazione. Un giorno, un suo amico rifugiato le ha chiesto: “In che momento diventiamo di nuovo persone normali?” Questa domanda esprime la necessità dei rifugiati di essere ascoltati e accolti in modi che favoriscano la normalità, l’indipendenza e la dignità umana.

Ha poi chiesto alla Chiesa di “ri-umanizzare le persone senza volto che sono dietro le etichette socioeconomiche”, riconoscendo che siamo stati creati a immagine di Dio e abbiamo la capacità di essere razionali, amorevoli, premurosi e di creare legami spirituali con gli altri.

“Amiamoli. Questa è la cosa più grande”, ha affermato Will James, pastore di una delle chiese avventiste di San Diego, in California, “I rifugiati sono soli, sperduti, non hanno amici, non sanno cosa fare, dove andare, come funziona il sistema. Hanno bisogno di qualcuno che li ami per quello che sono e li aiuti, qualunque siano le loro esigenze”.

James ha ricevuto i ringraziamenti da Shirley e Jerry Finneman, della chiesa avventista di Battle Creek, in Michigan, per averli motivati a lavorare a favore dei rifugiati della loro comunità. Ora la chiesa ospita un centro inter-denominazionale che collabora con diverse organizzazioni locali per offrire corsi di inglese, di canto, di giardinaggio e coltivazione di orti pubblici e altre attività per i rifugiati.

Il convegno non è stato solo teorico, ma anche pratico. Un periodo è stato dedicato da partecipanti e studenti della Andrews a riempire numerosi zaini per i bambini rifugiati siriani.

Una storia di vita
Tra gli ospiti era presente Mariela Shaker, che nel 2015 ha ricevuto il premio “Champion of Change for World Refugees” dal presidente Barack Obama. La giovane ha raccontato la sua storia di rifugiata siriana. Era all’Università di Aleppo per ricevere la laurea, quando l’ateneo fu bombardato e 82 studenti morirono. Trascorse i successivi sei mesi correndo sotto le bombe e i colpi di mortaio per trovare un accesso a Internet funzionante e poter inviare la sua candidatura alle università degli Stati Uniti. Fortunatamente un musulmano dell’Arabia Saudita l’aiutò a frequentare il Monmouth College, in Illinois.

“Vivo in constante paura per la mia famiglia e i miei amici che lottano ancora per sopravvivere ad Aleppo, e non hanno il necessario per vivere. Ogni giorno, mi chiedo se domani saranno vivi e se un giorno potremo tornare insieme”, ha affermato Shaker.

Ha poi chiesto di guardare i rifugiati non come fardelli, ma come persone sfollate che hanno bisogno di una seconda opportunità. “In Siria ci sono molte persone di talento, ma la vita nel Paese è veramente impossibile; lì vivono l’orrore e rischiano la morte ogni giorno”, ha continuato, “La Siria ha bisogno di aiuto. Dobbiamo ascoltare di nuovo il suono della musica, al di sopra delle armi”.

Una standing ovation ha accolto la storia di Shaker e i partecipanti hanno pregato per lei in arabo e inglese.

Si è anche parlato della necessità di vedere il rifugiato o la questione degli immigrati da una prospettiva biblica e non solo da un punto di vista politico, economico o legale. “Non cominciate dallo status giuridico di un immigrato, ma dal fatto che è una persona”, ha affermato Daniel Carroll, del Wheaton College Graduate School in Illinois.

La Bibbia è piena di esempi di migrazione. Tramite la vita di personaggi come Giuseppe, Mosè, Giacobbe, Ruth e tanti altri, vediamo che Dio opera attraverso la migrazione delle persone. “I modelli migratori del mondo fanno parte del movimento e della missione di Dio che ci ha chiamati a svolgere un ministero in mezzo a loro”, ha concluso Carroll.

Definizione e dichiarazione
Dean Coridan, presidente della Federazione delle chiese avventiste di Iowa e Missouri, ha chiarito la differenza tra migranti e rifugiati. “È un errore accorpare migranti e rifugiati. Gli immigrati hanno il desiderio di venire in questo Paese. I rifugiati sono qui perché non possono vivere nel loro Paese a causa della persecuzione o delle guerre civili”, ha spiegato, sottolineando anche che essere immigrato o rifugiato non dovrebbe influire sul modo in cui dobbiamo trattali. “Entrambi i gruppi hanno bisogno e la chiesa può aiutarli come fratelli e sorelle in Cristo”, ha concluso.

Come atto finale, è stata votata la seguente dichiarazione ufficiale:
“I partecipanti al convegno condividono la profonda convinzione che svolgere un ministero in favore dei rifugiati e dei immigrati sia un elemento fondamentale della missione della chiesa. Crediamo che il ministero tra i rifugiati debba far parte dell’impegno delle chiese locali nei confronti della missione. Pertanto, raccomandiamo azioni adeguate per migliorare la cooperazione avventista con altre organizzazioni e sviluppare i ministeri per i rifugiati e i migranti all’interno della chiesa”.

(Foto: Clarissa Clarbungco e Shiekainah Decano)

Si è svolto a Poppi il 1° Convegno nazionale avventista sulla relazione d’aiuto

Si è svolto a Poppi il 1° Convegno nazionale avventista sulla relazione d’aiuto


Betty Spinello
– Psicologi, counselor, assistenti sociali, educatori, insegnanti e infermieri si sono incontrati a Casuccia Visani (Poppi), dal 6 all’8 ottobre, in occasione del 1° Convegno nazionale avventista sulla relazione d’aiuto. Organizzato dai dipartimenti Educazione e Ministeri avventisti della famiglia dell’Uicca, nelle persone di Roberto Iannò e Maria Antonietta Calà, è stato patrocinato dal CeCsur (Centro culturale di scienze umane e religiose) e dall’Istituto avventista «Villa Aurora» di Firenze.

È stato un incontro arricchente, con diversi professionisti del settore, in quanto ci ha permesso di creare una rete al servizio delle comunità e allo, stesso tempo, di tuffarci nel mare esperienziale della relazione d’aiuto. Un mare che ha come cornice imprescindibile e invalicabile l’amore e il rispetto per l’altro, chiunque esso sia, e che racchiude al suo interno le norme comportamentali e sociali, i valori che ci aiutano a non affondare (metafora, questa, usata dalla psicologa Mirela Pascu).
I relatori ci hanno abilmente guidato attraverso un percorso di consapevolezza sulla tematica della dimensione della spiritualità nell’intervento terapeutico ed educativo.

Si sono soffermati in particolare sul contesto sociale italiano, in cui sembra prevalere una spiritualità «estrinseca», a discapito di quella «intrinseca», che non è sempre integrata nella vita quotidiana. Emerge l’importanza di integrare la spiritualità come risorsa per il funzionale sviluppo psicologico (tema trattato da R. Iannò).

Ci hanno tuffato nella «cantina» emozionale, in cui alcuni studi neuro-scientifici dimostrano l’impatto positivo della dimensione spirituale nelle situazioni a rischio come stress, depressione, dipendenze da droghe, ecc. («neuro-teologia»). I ricordi negativi vengono modificati, creando un’esperienza emozionale diversa e meno dolorosa, anche attraverso l’importanza della preghiera (tema trattato da Lucio Altin).

Essendo cristiani, siamo protetti psicologicamente rispetto a coloro che non credono, in quanto più forti nell’affrontare problematiche come l’angoscia, la solitudine, la disperazione, per riscoprire il «vero piacere» della speranza, dell’equilibrio mentale, dell’appartenenza a Gesù che ci libera dalle paure (tema trattato da Samuele Orsucci).

Successivamente, ci siamo addentrati nel vissuto esperienziale della «Neutralità ed empatia del terapeuta in rapporto al mondo valoriale del cliente». Il principio di umiltà, coerenza e consapevolezza contraddistinguono il contatto psicologico che non si stabilisce, ma si «vive» (grazie ai neuroni specchio che si attivano nella comunicazione non verbale), costruendo un rapporto di fiducia e sicurezza che porta alla guarigione. In questo clima di collaborazione e di empatia, è importante anche garantire la neutralità, l’astensione dal giudizio, come previsto dall’art. 28 del Codice deontologico degli psicologi, in cui non ci devono essere interferenze con la vita privata (tema trattato da M. Pascu).

La weltanschauung o «visione del mondo», costituita da tutta una serie di valori, principi, punti di riferimento, leggi, atteggiamenti verso la vita e fattori culturali, condiziona tutte le forme di relazioni. Pertanto, è fondamentale prendersi cura di una persona per quella che è, senza, aspettative o desiderio di modificare il suo modo di essere, anche se questo percorso di rispetto non è sempre facile (tema trattato da Francesca Marchese).

Infine, la scelta nelle situazioni complesse che ruotano intorno a un problema o dilemma etico deve essere sempre subordinata al benessere della persona. Il potere dell’empatia e della propria spiritualità interiore potenzia le nostre capacità nella relazione d’aiuto senza esaurirci (burn out) (tema trattato da Giusy Catalano).

Durante i vari dibattiti, si è arrivati alla conclusione che non è per niente facile aiutare gli altri. Però, dobbiamo contemplare sempre il quadro d’amore del più grande psicologo del mondo, Gesù, che è stato capace di perdonare coloro che lo crocifiggevano perché non sapevano quello che facevano (cfr. Lc 23:34), e di amare in modo «vero» e «unico», teso al ben-essere degli altri, piuttosto che a quello personale. Guardando a lui, possiamo essere liberati anche noi, attraverso un percorso interiore e spirituale di autoverifica, dalle pastoie dell’egocentrismo umano e tendere una mano serena, forte ed equilibrata a chi ha bisogno di aiuto, perché anche noi, a nostra volta, siamo aggrappati alla potente mano del Signore.

I partecipanti hanno espresso il bisogno di ripetere questa esperienza e hanno condiviso il desiderio degli organizzatori di realizzare il 2° Convegno nazionale avventista sulla relazione d’aiuto nel 2018.

 

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