Messaggi di Monteiro e Amah dalla prigionia in Togo

Messaggi di Monteiro e Amah dalla prigionia in Togo

N35-Monteiro e AmahNotizie Avventiste/EudNews – Antonio Monteiro, pastore avventista, e Bruno Amah, membro della chiesa avventista,  sono ancora in prigione a Lomé, in Togo, ormai da oltre un anno e mezzo, accusati di un crimine che non hanno commesso. I dirigenti della chiesa hanno continuato a lavorare, pubblicamente e dietro le quinte, per il loro rilascio. Si sono tenute veglie di preghiera internazionali, organizzate petizioni e inviate lettere a funzionari governativi e diplomatici, senza successo. Monteiro e Amah sono sempre lì, in carcere.

Michel Dufournet, direttore del dipartimento Educazione presso la Federazione delle chiese avventiste della Svizzera, li ha visitati, qualche settimana fa, e ha portato anche alcune donazioni alle famiglie dei due reclusi.

Ha trascorso più di un’ora nel carcere di Lomé, incontrando Amah, Monteiro e molti altri dei 2.000 detenuti che sono stipati in un cortile poco più grande di un campo di calcio.

“Per darvi un’idea”, ha affermato Dufournet, “provate a immaginare uno spazio aperto con un gruppo di 30-40 membri di chiesa radunati che pregano nel bel mezzo di un mercato africano circondati dalle consuete attività della prigione: furto, spaccio, corruzione e guardie armate. Per darvi tutti i dettagli, ci vorrebbe un libro”.

Bruno Amah è stato tanto sorpreso nel vedere Dufournet da non riuscire a dire una parola per molto tempo, felice di ricevere i messaggi di incoraggiamento da fratelli e sorelle in fede di Francia e Svizzera.

“Sembrano in buona salute”, ha continuato Dufournet, “Le loro mogli fanno in modo che abbiano qualcosa da mangiare tutti i giorni”.

Dufournet ha incontrato anche Elise, moglie di Amah, e i loro tre figli di 7, 5 e 3 anni. Tutta la famiglia soffre molto per la situazione e  sogna di andare in un paese dove poter vivere in pace, dopo la liberazione del marito.

Elise riceve aiuto e sostegno da molte persone. La sorella di Bruno è un notaio di Lomé, e sembra essere il principale supporto legale; ci sono anche diversi altri credenti che offrono un aiuto costante. Gli abitanti del Togo sono poverissimi, ma la solidarietà è molto forte.

“Il Signore veglia su di lei e sui suoi figli. Infatti è sorpresa nel constatare come Dio intervenga attraverso degli estranei come voi e me. A quanto pare, era arrivato il nostro turno nel dare aiuto”, ha concluso Dufournet.

In una lettera, Amah afferma: “È con grande emozione che vi scrivo per esprimere la mia più profonda gratitudine. Grazie per il sostegno e le preghiere, sono sicuro che il Signore le ha udite. Continuiamo a essere fiduciosi … Ogni giorno ricevo incoraggiamento dai seguenti testi biblici: Salmo 42:2 e Giobbe 37:1-7. Che la pace e la grazia di Dio sia con voi”.

Anche il past. Monteiro ha inviato un messaggio: “Grazie per la vostra solidarietà … e le vostre preghiere. La situazione qui non è cambiata, ma tutto quello che so è che Dio è potente ed è all’opera. Vi chiedo di continuare a pregare per noi, perché ne sentiamo gli effetti. … La vita dietro le sbarre è molto diversa, amara e difficile … ma Gesù ha reso le cose più accettabili, così gli sono sempre vicino in preghiera. In Cristo siamo più che vincitori. Proprio così, un anno, sei mesi e 21 giorni! Continuate a inviarci messaggi e a chiamarci; ci incoraggiano molto e leniscono il nostro dolore. I messaggi possono essere in portoghese, spagnolo, inglese o italiano”.

Per inviare un messaggio, scritto in testo semplice, ad Antonio Monteiro dos Anjos e Bruno Amah: anjos.antonio2012@gmail.com

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Messaggi di Monteiro e Amah dalla prigionia in Togo

COMUNICATO STAMPA – ANCORA UNA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI

ANCORA UNA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI

Antonio Monteiro e Bruno Amah sono detenuti in Togo da 17 mesi senza processo.
Infondate le accuse contro di loro.
La Chiesa avventista lancia una petizione mondiale per la loro liberazione.

_monteiro-front-4x3Roma, 15 agosto 2013 (Notizie Avventiste) – Antonio Monteiro, pastore della Chiesa Avventista del Settimo Giorno, e Bruno Amah, membro avventista, sono detenuti nel carcere di Lomé da oltre 500 giorni, senza processo e nonostante le indagini della polizia abbiano provato la loro estraneità alle accuse.

La Chiesa avventista ha lanciato una petizione mondiale per chiedere il rilascio dei due prigionieri. La firma su petizioni online, perché questa ingiustizia abbia fine.

I leader della Chiesa avventista in Togo hanno chiesto ripetutamente al governo la liberazione dei due uomini, arrestati il 15 marzo 2012, ma senza successo. Vani sono stati anche gli interventi di diplomatici stranieri.
Il giudice che ha ascoltato Monteiro gli ha più volte ripetuto davanti al suo avvocato: “Pastore, so che lei è innocente. Il suo dossier è vuoto. Ma non posso rilasciarla, perché non dipende da me”.
“E allora da chi dipende?”, si è chiesto Monteiro.

Oggi, a 17 mesi dall’arresto, il governo del Togo continua a violare la sua stessa costituzione, detenendo i due uomini senza regolare processo.

Tutto è iniziato quando Kpatcha Simliya, uscito di prigione dopo aver scontato una condanna per stupro, si era rivolto a Monteiro e Amah per un aiuto economico e un lavoro. L’uomo, mentalmente instabile, era stato nuovamente arrestato per una serie di omicidi di donne avvenuti in città. Durante l’interrogatorio, ha fatto i nomi di Monteiro e Amah quali mandanti dei delitti finalizzati a un traffico di sangue per cerimoniali religiosi.

Le indagini hanno provato l’estraneità dei due avventisti. Ma per tenere buona l’opinione pubblica che reclamava giustizia, Monteiro e Amah sono rimasti in prigione.

“Si tratta decisamente di una parodia della giustizia, che non verrebbe tollerata in nessuna società rispettosa della legge,” ha affermato John Graz, responsabile degli Affari pubblici e Libertà religiosa della Chiesa avventista mondiale.

La diffusione e la firma di questa petizione sono un nuovo tentativo per sollecitare la restituzione dei due uomini alle loro famiglie e alla loro vita.

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Firma la petizione online 

cliccando qui

 

 

(vedi nell’immagine qui a lato le semplici note prima di firmare).

 

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In Pakistan, avventista condannato all'ergastolo per blasfemia

pakistan-map-insideNotizie Avventiste – In luglio, un tribunale pachistano ha emesso la sentenza di ergastolo per un cristiano avventista del settimo giorno, accusato di aver diffamato il profeta Maometto, in un caso che rientra sotto la giurisdizione delle controverse leggi sulla blasfemia vigenti nel paese.

Sajjad Masih, 29 anni, è stato condannato per aver inviato, nel 2011, sms blasfemi a un membro di un gruppo estremista religioso, nonostante il suo accusatore abbia successivamente ritrattato e il pubblico ministero non sia riuscito a produrre alcuna prova del coinvolgimento del giovane. Javed Sahotra, avvocato difensore di Masih e membro della chiesa avventista, ha affermato che il giudice ha ceduto alla pressione degli estremisti che dominano il panorama religioso e politico locale.

John Graz, direttore del dipartimento Affari pubblici e Libertà religiosa della chiesa avventista mondiale, ha spiegato che il caso di Masih non è insolito. “In Pakistan, i membri delle minoranze religiose vivono sotto la costante minaccia di essere accusati di blasfemia”, ha affermato Graz. “Essi sanno che, una volta accusati, non potranno contare su un’indagine seria”.

Secondo le notizie raccolte, Masih è stato incastrato da Donald Bhatti che, nel maggio 2011, aveva sposato l’allora fidanzata di Masih, dopo aver fatto pressioni sui genitori con la promessa di far loro ottenere dei visti di lavoro. Bhatti aveva frequentato la giovane donna prima di trasferirsi nel Regno Unito e sembra che fosse geloso della sua relazione con Masih. Dopo il matrimonio, Bhatti è subito ritornato nel Regno Unito, portando con sé la moglie. Masih e l’ex fidanzata, invece, hanno mantenuto una stretta amicizia e si sentivano spesso tramite sms.

Alla fine di dicembre, la polizia ha perquisito la casa di Masih alla ricerca di prove e con l’intenzione di arrestarlo. Il suo accusatore, Tariq Saleem, aveva informato la polizia locale degli sms, esortandola a rintracciare il numero di cellulare e ad arrestarne il proprietario. È stato poi verificato che il numero era registrato a nome della moglie di Bhatti. La donna ha spiegato a Masih che il marito aveva acquistato una sim utilizzando la sua carta d’identità e che, con un complice, aveva organizzato di inviare i messaggini, sperando di infangare il loro rapporto.
Il 28 dicembre 2011, la polizia di Gojra ha arrestato Masih, iscrivendo il caso sotto le leggi pachistane sulla blasfemia, che prevedono la pena di morte o l’ergastolo per chiunque sia trovato colpevole di bestemmia contro Maometto, profeta dell’islam.

Michael Ditta, presidente dell’Unione avventista pachistana, ha affermato che le leggi sono notoriamente utilizzate per vendicarsi dei cristiani e di altre minoranze religiose. Il 96 per cento del Pakistan è musulmano; solo il 2 per cento della popolazione del paese si definisce cristiano. “In quanto fede minoritaria, siamo preoccupati per l’uso improprio di questa legge e per la crescente intolleranza verso i cristiani”, ha spiegato Ditta.

All’inizio di quest’anno, il Pakistan è stato classificato paese di “Livello 1” dalla Commissione statunitense sulla libertà religiosa internazionale (Notizie Avventiste 20, del 22.5.2013) per “sistematica, continua e oltraggiosa” intolleranza verso i gruppi religiosi minoritari.

Masih ha riferito al suo avvocato di essere stato costretto, sotto minaccia, a “confessare” di aver inviato gli sms. Poi è stato messo in prigione in attesa del processo.

Dopo più di un anno e mezzo trascorso nel carcere Take Singh, nel distretto di Toba, Masih è stato condannato all’ergastolo, nonostante nel controinterrogatorio il suo accusatore abbia ammesso di non aver ricevuto alcun sms blasfemo, come aveva sostenuto inizialmente. Inoltre, le dichiarazioni giurate dei colleghi di Masih hanno confermato che il giovane era al lavoro nel Pakpattan al momento in cui avrebbe inviato, secondo l’accusa, gli sms dal telefono cellulare della sua ex fidanzata.

L’avvocato Sahotra ha intenzione di far ricorso contro la sentenza ai primi di agosto

Intanto, nella sede centrale della Chiesa, nello stato americano del Maryland, Graz e gli altri membri del neo costituito Defense of Members Persecuted for Religious Reasons Committee (Comitato per la difesa dei membri perseguitati per motivi religiosi) seguono il caso di Masih. Il Comitato opera al momento anche in favore di Antonio Monteiro, un altro avventista arbitrariamente detenuto in Togo.

“Desideriamo che i nostri membri e i capi di governo sappiano che la Chiesa avventista prende questi casi molto seriamente”, ha affermato Graz. “Quello che sta accadendo a Sajjad Masih è un altro tragico esempio di abuso delle leggi sulla blasfemia in alcune parti del Pakistan. L’oppressione attuata sulle persone in nome di una religione è in contraddizione con il messaggio di pace e giustizia di tutte le religioni che difendiamo”, ha concluso.

Messaggi di Monteiro e Amah dalla prigionia in Togo

Togo. Situazione nel carcere di Lomé dove è arbitrariamente detenuto il pastore avventista Monteiro

NotTogo- progione Lome 2izie Avventiste – Pubblichiamo un breve articolo che descrive la situazione in cui sono costretti a vivere i detenuti del carcere di Lomé, in Togo.

“È l’inferno nelle prigioni togolesi. In piena stagione delle piogge, le condizioni di vita, il sovraffollamento, la mancanza d’igiene, la volontà di umiliazione permanente dei prigionieri, soprattutto di quelli politici, la mancanza di cibo e assistenza, il rifiuto di disinfettare le celle dove sono stipati da 75 a 110 persone, l’obbligo di tenere alcuni prigionieri politici svegli e spesso in piedi, il numero impressionante di detenuti che Faure Gnassingbé costringe in una cella di meno di 25 metri quadri, spesso senza servizi igienici, … tutto ciò crea notevoli problemi.

Ma ancora più indecente è la tolleranza di Faure Gnassingbé verso alcuni militari che hanno il permesso di vendere alcol, droghe e altri allucinogeni o prodotti esoterici per arrotondare lo stipendio. Questi militari ricattano le famiglie arrivando a chiedere prestazioni sessuali a sorelle, madri, zie, addirittura nonne, di alcuni prigionieri.

Togo - prigione Lome 1Nel maggio del 2013,  dopo un acquazzone definito ‘normale’, all’inizio della stagione delle piogge, nel cortile principale del carcere di Lomé inondato c’erano 2.176 detenuti, dei quali oltre il 90 per cento è senza giudizio. Persone che spesso sono in carcere senza accuse formali, quando queste ultime non sono del tutto inficiate da vizi di forma e di procedura”. (Pubblicato da Yves Ekoué Amaïzo su Collectif pour la Vérité des Urnes – Mouvement citoyen).

Messaggi di Monteiro e Amah dalla prigionia in Togo

Secondo Monteiro il giudice avrebbe ammesso la sua innocenza

_monteiro-front-4x3Notizie Avventiste – Il Pastore António Monteiro è oramai in prigione da più di un anno, accusato di un crimine che i suoi ufficiali di chiesa affermano non abbia commesso.
Monteiro, responsabile dei Ministeri della Famiglia per l’Unione delle chiese avventiste del Sahel, con sede a Lomé, in Togo, era nel suo ufficio un giorno, quando un uomo è venuto a chiedergli soldi e un lavoro. Quell’uomo, Kpatcha Simliya, avrebbe poi accusato Monteiro di essere la mente ideatrice di una rete per il traffico di sangue raccolto per dei cerimoniali religiosi. Più di una dozzina di giovani donne erano state da poco trovate morte in periferia. Il popolo reclamava giustizia.
Nonostante l’assenza di prove di un suo coinvolgimento, Monteiro è stato rinchiuso il 15 marzo 2012 e non ha tuttora subito un processo. Cinque tentativi di appello del suo avvocato, la chiesa avventista mondiale e diversi diplomatici stranieri non sono riusciti a farlo liberare. Funzionari governativi hanno fatto a leader della chiesa e avvocati promesse che però non gli hanno restituito la libertà.
Il Presidente del Togo, Faure Gnassingbé, l’anno scorso ha rifiutato di incontrare il Presidente della chiesa avventista mondiale Ted N. C. Wilson, in visita pastorale presso il paese.
Fra i leader della chiesa e altri che seguono il caso di Monteiro, c’è chi pensa vi sia molto di più in ballo dietro questa storia. Qualcuno aveva bisogno di un capro espiatorio? I giudici di Lomé hanno davvero la possibilità di dire la loro, oppure le decisioni gli sono imposte dal governo?
Infatti, in una dichiarazione scritta ottenuta da ANN, Monteiro afferma che il giorno in cui fu chiamato in giudizio, il giudice gli ripeté più volte alla presenza del suo avvocato, “Pastore, So che lei è innocente. Il suo dossier è vuoto. Ma non posso rilasciarla, perché non dipende da me.”
Monteiro si chiese, “E allora da chi dipende tutto questo?”
Oggi, più di 16 mesi dopo, emergono nuovi dettagli sul caso che ha lasciato avvocati, diplomatici e ufficiali di chiesa turbati rispetto a come assicurarsi il rilascio di Monteiro da parte di un governo che sta violando la sua stessa costituzione, detenendolo senza un fondamento giuridico.
Secondo i documenti della polizia, il suo accusatore, Simliya, ha in un primo momento confessato di aver assassinato delle giovani donne per servirsi del loro sangue, attirandole nei boschi con delle scuse. Simliya aveva anche già trascorso un periodo in prigione dopo una condanna per stupro e possiede una storia documentata di instabilità mentale.
Nel frattempo, le perquisizioni della casa e dell’ufficio di Monteiro effettuate dalla polizia non hanno prodotto alcuna prova.
Quando Monteiro fu messo in prigione, i giornali annunciarono che il vero criminale era stato trovato. Alcuni pubblicarono foto che lo ritraevano in possesso di fialette di sangue.
“Il Pastore Monteiro è innocente, punto” ha affermato John Graz, direttore del dipartimento Affari pubblici e Libertà religiosa della chiesa avventista mondiale. “L’accusa oltraggiosa nei riguardi di Monteiro è che egli, in quanto pastore avventista, abbia complottato per far uccidere queste donne, in modo da poter impiegare varie parti dei loro corpi per dei cerimoniali religiosi. È un’accusa assolutamente inverosimile e bizzarra.”
“Si tratta decisamente di una parodia della giustizia, che non verrebbe tollerata in nessuna società rispettosa della legge,” ha affermato Graz.
Gli ufficiali di chiesa hanno continuato a lavorare sia pubblicamente che dietro le quinte perché il loro impiegato venisse scarcerato. La chiesa avventista mondiale ha organizzato per Monteiro veglie di preghiera internazionali, ha sponsorizzato campagne epistolari indirizzate a funzionari governativi e diplomatici e ha organizzato petizioni per il suo rilascio.
Ma Monteiro è ancora in prigione.
Il 27 luglio saranno passati 500 dal suo arresto.
Questa serie di quattro articoli si basa su interviste fatte a fonti coinvolte nel caso, una dichiarazione di Monteiro, e-mail, reportage, documenti della polizia e del tribunale.
Un portavoce del Ministero della Giustizia togolese ha rifiutato di rilasciare dichiarazioni per questa serie di articoli. Simliya è detenuto sotto diverse accuse, compreso tentato omicidio, e non rilascia commenti.

La missione di Monteiro
Un giorno, all’inizio del 2011, Monteiro ha ricevuto una telefonata dalla reception che avrebbe cambiato il corso della sua vita. Era nel suo ufficio presso la sede centrale della Missione dell’Unione del Sahel, un edificio di tre piani a Lomé, la capitale del Togo.
Monteiro lavorava lì dal 2009, dopo aver ricevuto un’e-mail da Guy Roger, il Presidente dell’Unione, che gli chiedeva di venire ad assumere il ruolo di direttore del dipartimento Scuola del Sabato e Ministeri personali presso la sua unione.
All’epoca, Monteiro era pastore di 25 chiese e gruppi sull’isola di Fogo, a Capo Verde. Il paese lusofono è costituito da un arcipelago di 10 isole a circa 560 chilometri dalle coste dell’Africa occidentale. Egli nacque lì nel 1955.
_monteiro-wedding-dayDopo gli studi superiori, Monteiro lasciò casa sua per frequentare un seminario avventista in Camerun. Ritornò nel paese natio nel 1983, per cominciare a lavorare come pastore. Sposò Madalena dos Anjos nel 1984 e la coppia fu trasferita spesso in quanto i leader della chiesa gli affidavano responsabilità sempre più grandi e distretti più ampi da condurre. Negli anni, la coppia pastorale ebbe quattro figli.
Durante il suo ministerio, Monteiro prese parte a tre campagne evangelistiche a Boston, nel Massachusetts (USA) e a diverse altre in Guinea-Bissau e nel Benin, nell’Africa occidentale.
L’e-mail di Roger del 2009 lo mise davanti a un bivio: restare nella familiarità e nel confort di casa propria o andare in un posto sconosciuto per servire come missionario.
Monteiro decise di accettare la proposta, onorato di aver ricevuto l’opportunità di contribuire allo sviluppo spirituale dei cittadini del Togo e degli altri 10 paesi facenti parte dell’Unione delle chiese avventiste del Sahel. Sarebbe stata una sfida, lo sapeva, in quanto il paese ospita diverse pratiche religiose ed è uno dei centri nevralgici nel mondo per il vudù.
_monteiro-familyPreoccupazioni a parte, egli era desideroso di condividere ulteriormente il cristianesimo, una religione che secondo lui parla di un Dio d’amore. La sua fede e comunità avventista – che oggi conta 17 milioni di membri nel mondo – aveva instillato in lui l’importanza di una istruzione e di una salute sane, non solo per i membri di chiesa, ma anche per tutti coloro che nella società fossero interessati a migliorare le proprie vite.
Monteiro è arrivato in Togo e a cominciato a lavorare, come richiesto, per l’Unione del Sahel. Nel 2011 era stato nominato direttore della Missione avventista e del dipartimento dei Ministeri della Famiglia presso la stessa Unione.
In quella giornata all’inizio del 2011, dalla reception fu chiesto se potesse ricevere qualcuno che voleva parlare con un pastore. Monteiro chiese di accompagnare l’uomo nel suo ufficio. Propose allora a Simliya – l’uomo dai mille nomi, che qualche mese dopo l’avrebbe accusato e fatto incarcerare – di sedersi.
_monteiro-bumper-iiSimliya disse a Monteiro di non avere un lavoro, i soldi per i mezzi di trasporto e a volte neanche abbastanza cibo.
“Sei avventista?” gli chiese Montero.
Simliya rispose di si e che era stato battezzato dal Pastore Eric Mensanvi. Roger, il Presidente dell’Unione, confermò più tardi che Simliya era stato battezzato in prigione, durante un periodo di detenzione dovuto a una condanna per stupro del 2006.
Monteiro non conosceva la storia di quest’uomo. Invitò Simliya a un incontro in chiesa, gli presentò gli anziani della comunità e poi andò a casa.
Diverse settimane dopo, Simliya si ripresentò agli uffici dell’unione per un saluto. Monteiro gli chiese, “Allora, come vanno le cose?”
Simliya gli ripresentò lo stesso quadro: niente lavoro, soldi, né cibo.
“È vero, la vita può essere dura,” gli disse Monteiro, “ma Dio provvederà.”
Mappa del TogoNelle settimane successive, Simliya si ripresentò allo stesso modo diverse altre volte e una di queste confessò a Monteiro di essere stato in prigione.
“Non cercai di scoprire cosa fosse successo,” ha ricordato Monteiro successivamente. “Gli consigliai, ‘Ora che sei libero, concentra i tuoi sforzi per cominciare una nuova vita. Che lavoro fai?’”
“Sono un tassista,” rispose Simliya.
“Hai la patente?”
“Si.”
“Posso vederla?”
“No, non ce l’ho qui con me. La porto la prossima volta,” disse Simliya.
La volta successiva, che fu qualche giorno dopo, Simliya raccontò che la sua licenza da tassista era stata rubata.
“Cerca la copia,” gli disse Monteiro.
Simlyia cambiò argomento. Disse che Bruno Amah, un membro della chiesa avventista, gli aveva promesso che lo avrebbe aiutato a comprare un’auto per circa 800.000 franchi CFA (circa €1.200), ricorda Monteiro.
“Mi chiese [Simliya] di parlare con questo fratello perché lo aiutasse. Non lo conoscevo [Amah] personalmente, ma gli avevo già parlato al telefono di assistenza” dietro richiesta di uno studente di teologia.
Lì in ufficio Simliya chiamò Amah sul cellulare e poi gli passò Monteiro. Al telefono, Amah confermò di conoscere Simliya. Monteiro gli parlò della richiesta. Amah risposte, “Se posso, lo aiuterò,” ricorda Monteiro.
Alcune settimane dopo, Simliya chiamò Monteiro per chiedergli se avesse avuto notizie di Amah. Non ce n’erano state.
Trascorsero dei mesi, da agosto a marzo del 2012, prima che Monteiro riavesse notizie di Simliya. Martedì 13 marzo 2012, quest’ultimo si presentò agli uffici dell’Unione, ma Monteiro disse alla reception, “No, sono molto impegnato ora.” Tuttavia, parlò brevemente a Simliya, che era in piedi nella hall al telefono della reception. Monteiro lo ringraziò per essere passato, ma lo informò che quel giorno era molto impegnato.

L’inizio della detenzione
Due giorni dopo, il 15 marzo, la polizia fece irruzione nella casa di Monteiro, verso le 20:30 e lo arrestò di fronte alla sua famiglia. La polizia gli disse che era coinvolto in un crimine.
“Si tratta di un errore,” disse Monteiro.
Un poliziotto risposte, “Lei non è il Sig. Monteiro?”
“Si,” rispose lui, “ma coinvolto in un crimine? No,” disse.
Lo portarono alla stazione di polizia, dove incontrò Simliya. A Monteiro fu chiesto se conoscesse quell’uomo. Rispose di si e raccontò loro la breve storia.
Tre giorni dopo, un poliziotto disse a Monteiro, “Lei gli [Simliya] ha affidato una missione.”
Monteiro chiese, “Quale missione? Io ho una sola missione che porto avanti da 40 anni. Sono un pastore e la mia missione è predicare l’Evangelo.”
Un comandante della polizia gli disse, “Lei ha ordinato sangue umano.”
La polizia ha trattenuto Monteiro in una struttura per bande criminali all’interno di una delle sue stazioni per 14 giorni, in una cella senza finestre che misurava 6 metri per 4. Fu denudato per la maggior parte del tempo.
Il 28 marzo, fu portato in tribunale. Le perquisizioni della casa, dell’ufficio e della chiesa di Monteiro non hanno rivelato alcuna prova. Il suo avvocato chiese di archiviare il caso. Il giudice respinse la richiesta. Fu negato il rilascio su cauzione.
Monteiro è in prigione da allora.
“È difficile scoprire cosa c’è davvero dietro tutta questa storia,” ha affermato Graz, direttore del dipartimento Affari pubblici della denominazione.

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(vedi nell’immagine qui a lato le semplici note prima di firmare).

Didascalie foto.
Il Pastore António Monteiro è in prigione da quasi 500 giorni, pur non essendo stato processato. È rinchiuso nella Lomé Civil Prison, in Togo. [foto gentile concessione della famiglia Monteiro]

António e Madalena si sono sposati nel 1984, un anno dopo essere stato ordinato pastore della chiesa cristiana avventista del settimo giorno a Capo Verde.

António e Madalena hanno quattro figli.

António Monteiro con il suo quarto figlio Alessandro, nella pista autoscontri di un Luna Park a Lomé, nel 2010.

Per la mappa del Togo, Immagine di Amber Sarno.

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