Il pastore avventista tirocinante Alessandro Butera ci guida nella riflessione sulla parabola delle nozze: «Gesù ricominciò a parlare loro in parabole, dicendo: “Il regno dei cieli è simile a un re, il quale fece le nozze di suo figlio. Mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze; ma questi non vollero venire. Mandò una seconda volta altri servi, dicendo: ‘Dite agli invitati: Io ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono ammazzati; tutto è pronto; venite alle nozze’. Ma quelli, non curandosene, se ne andarono, chi al suo campo, chi al suo commercio; altri poi, presero i suoi servi, li maltrattarono e li uccisero. Allora il re si adirò, mandò le sue truppe a sterminare quegli omicidi e a bruciare la loro città. Quindi disse ai suoi servi: ‘Le nozze sono pronte, ma gli invitati non ne erano degni. Andate dunque ai crocicchi delle strade e chiamate alle nozze quanti troverete’. E quei servi, usciti per le strade, radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni; e la sala delle nozze fu piena di commensali. Ora il re entrò per vedere quelli che erano a tavola e notò là un uomo che non aveva l’abito di nozze. E gli disse: ‘Amico, come sei entrato qui senza avere un abito di nozze?’. E costui rimase con la bocca chiusa. Allora il re disse ai servitori: ‘Legatelo mani e piedi e gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti’. Poiché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti”» (Matteo 22:1-14). Cosa voleva comunicare Gesù con questa storia? E cosa ci insegna ancora oggi in merito alla testimonianza e al nostro rapporto con Dio?
Il pastore avventista tirocinante Alessandro Butera ci guida nel commento della parabola dei malvagi vignaiuoli: «Udite un’altra parabola: c’era un padrone di casa, il quale piantò una vigna, le fece attorno una siepe, vi scavò una buca per pigiare l’uva e vi costruì una torre; poi l’affittò a dei vignaiuoli e se ne andò in viaggio. Quando fu vicina la stagione dei frutti, mandò i suoi servi dai vignaiuoli per ricevere i frutti della vigna. Ma i vignaiuoli presero i servi e ne picchiarono uno, ne uccisero un altro e un altro lo lapidarono. Da capo mandò degli altri servi, in numero maggiore dei primi; ma quelli li trattarono allo stesso modo. Finalmente, mandò loro suo figlio, dicendo: "Avranno rispetto per mio figlio". Ma i vignaiuoli, veduto il figlio, dissero tra di loro: "Costui è l’erede; venite, uccidiamolo, e facciamo nostra la sua eredità". Lo presero, lo cacciarono fuori della vigna e l’uccisero. Quando verrà il padrone della vigna, che farà a quei vignaiuoli? Essi gli risposero: “Li farà perire malamente, quei malvagi, e affiderà la vigna ad altri vignaiuoli i quali gliene renderanno il frutto a suo tempo”. Gesù disse loro: “Non avete mai letto nelle Scritture: ‘La pietra che i costruttori hanno rifiutata è diventata pietra angolare; ciò è stato fatto dal Signore, ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri’? Perciò vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato a gente che ne faccia i frutti. Chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; ed essa stritolerà colui sul quale cadrà”. I capi dei sacerdoti e i farisei, udite le sue parabole, capirono che parlava di loro; e cercavano di prenderlo, ma ebbero paura della folla, che lo riteneva un profeta» (Matteo 21:33-46).
Cosa voleva comunicare Gesù al suo uditorio con questa parabola? E quali spunti di riflessione ci lascia questa storia ancora oggi?
Il pastore avventista tirocinante Alessandro Butera ci guida nel commento della parabola dei due figli: «”Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si avvicinò al primo e gli disse: ‘Figliolo, va’ a lavorare nella vigna oggi’. Ed egli rispose: ‘Vado, signore’; ma non vi andò. Il padre si avvicinò al secondo e gli disse la stessa cosa. Egli rispose: ‘Non ne ho voglia’; ma poi, pentitosi, vi andò. Quale dei due fece la volontà del padre?”. Essi gli dissero: “L’ultimo”. E Gesù a loro: “Io vi dico in verità: i pubblicani e le prostitute entrano prima di voi nel regno di Dio. Poiché Giovanni è venuto a voi per la via della giustizia, e voi non gli avete creduto; ma i pubblicani e le prostitute gli hanno creduto; e voi, che avete visto questo, non vi siete pentiti neppure dopo per credere a lui» (Matteo 21:28-32). È più importante agire o parlare? Cosa ci insegna Gesù attraverso questa parabola?
Il pastore avventista tirocinante Alessandro Butera commenta il testo di Matteo 21:18-22: «La mattina, tornando in città, ebbe fame. E, vedendo un fico sulla strada, gli si accostò, ma non vi trovò altro che foglie; e gli disse: “Mai più nasca frutto da te, in eterno”. E subito il fico si seccò. I discepoli, veduto ciò, si meravigliarono, dicendo: “Come mai il fico è diventato secco in un attimo?”. Gesù rispose loro: “Io vi dico in verità: se aveste fede e non dubitaste, non soltanto fareste quello che è stato fatto al fico; ma se anche diceste a questo monte: ‘Togliti di là e gettati nel mare’, sarebbe fatto. Tutte le cose che domanderete in preghiera, se avete fede, le otterrete”». Cosa voleva dire Gesù all’epoca? E cosa ci comunicano ancora oggi le sue parole?
Il pastore avventista tirocinante Alessandro Butera ci invita a riflettere sui benefici e sull’importanza del perdono a partire una storia che ci racconta il Vangelo secondo Matteo, introdotta da queste parole: «Allora Pietro si avvicinò e gli disse: “Signore, quante volte perdonerò mio fratello se pecca contro di me? Fino a sette volte?”. E Gesù a lui: “Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette”» (Matteo 18:21-22).
Il pastore avventista tirocinante Alessandro Butera commenta il testo di Matteo 20,1-16: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa, il quale uscì di mattino presto per assumere dei lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con i lavoratori per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. Uscito di nuovo verso l’ora terza, ne vide altri che se ne stavano sulla piazza disoccupati e disse loro: "Andate anche voi nella vigna e vi darò quello che è giusto". Ed essi andarono. Poi, uscito ancora verso la sesta e la nona ora, fece lo stesso. Uscito verso l’undicesima, ne trovò degli altri che se ne stavano là e disse loro: "Perché ve ne state qui tutto il giorno inoperosi?". Essi gli dissero: "Perché nessuno ci ha assunti". Egli disse loro: "Andate anche voi nella vigna". Fattosi sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: "Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, cominciando dagli ultimi fino ai primi". Allora vennero quelli dell’undicesima ora e ricevettero un denaro ciascuno. Venuti i primi, pensavano di ricevere di più; ma ebbero anch’essi un denaro per ciascuno. Perciò, nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa dicendo: "Questi ultimi hanno fatto un’ora sola e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso della giornata e sofferto il caldo". Ma egli, rispondendo a uno di loro, disse: "Amico, non ti faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare a quest’ultimo quanto a te. Non mi è lecito fare del mio ciò che voglio? O vedi tu di mal occhio che io sia buono?". Così gli ultimi saranno primi e i primi ultimi». Perché Gesù racconta questa parabola? Cosa ci comunica ancora oggi?
Il pastore avventista tirocinante Alessandro Butera ci guida nella riflessione sul testo di Matteo 18,1-3: «In quel momento, i discepoli si avvicinarono a Gesù, dicendo: “Chi è dunque il più grande nel regno dei cieli?”. Ed egli, chiamato a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: “In verità vi dico: se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”». Cosa voleva dire Gesù con queste parole e perché sono ancora importanti per noi oggi?
Il pastore avventista tirocinante Alessandro Butera commenta il testo di Matteo 16,24-26: «Allora Gesù disse ai suoi discepoli: “Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la sua vita per amor mio, la troverà. Che gioverà a un uomo se, dopo aver guadagnato tutto il mondo, perde poi l'anima sua? O che darà l'uomo in cambio dell'anima sua?”». Quanto costa seguire Gesù? E che valore ha la nostra vita?
Il pastore avventista tirocinante Alessandro Butera commenta il testo di Matteo 15,13-14: «Egli rispose loro: “Ogni pianta che il Padre mio celeste non ha piantata, sarà sradicata. Lasciateli; sono ciechi, guide di ciechi; ora se un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso”». Queste parole di Gesù ci invitano a riflettere su quale sia il nostro compito come cristiani.
Il pastore avventista tirocinante Alessandro Butera commenta il testo di Matteo 15:10,11: «Chiamata a sé la folla, disse loro: “Ascoltate e intendete: non quello che entra nella bocca contamina l'uomo; ma è quello che esce dalla bocca, che contamina l'uomo!”». Questi versetti ci invitano a fare attenzione ai nostri pensieri. Cosa può “contaminarci” ancora oggi?
Il pastore avventista tirocinante Alessandro Butera ci guida nella riflessione sul testo di Matteo 13,47-48: “Il regno dei cieli è anche simile a una rete che, gettata in mare, ha raccolto ogni genere di pesci; quando è piena, i pescatori la traggono a riva, poi si mettono a sedere e raccolgono il buono in vasi, e buttano via quello che non vale nulla”. Cosa ci insegna questa parabola in merito alla testimonianza?
Il pastore avventista tirocinante Alessandro Butera ci guida nella riflessione sul testo di Matteo 13,33: “Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre misure di farina, finché la pasta sia tutta lievitata”. Questa parabola ci dice che il regno dei cieli è qualcosa che produce un cambiamento. In che modo possiamo essere parte di questo processo di crescita?