Minori a rischio. Giornata speciale di preghiera dei Mib

Minori a rischio. Giornata speciale di preghiera dei Mib

 

Maol –I Ministeri in favore dei Bambini (Mib) invitano a un momento speciale di preghiera, partendo dal testo biblico: «Ecco, io ti ho scolpita sulle palme delle mie mani» (Isaia 49:16).

Sabato 23 maggio, il penultimo del mese, informano dal Dipartimento Mib, celebreremo la Giornata mondiale di preghiera per i bambini e i ragazzi che vivono in situazioni di rischio e che coinvolge centinaia di migliaia persone in più di 40 nazioni.

La situazione dei più giovani in alcune zone del mondo era già tragica per numerosi motivi ma la pandemia dovuta al Covid-19 l’ha esasperata. Per esempio, già si prevedeva che il 2020 avrebbe fatto registrare la peggiore crisi umanitaria dai tempi della Seconda guerra mondiale per diverse ragioni ma, da un rapporto recentemente diffuso dall’Onu, si prevede che il numero di persone a rischio fame, a causa della crisi del coronavirus, raddoppierà.

Pensiamo ai più giovani che sperimentano il trauma della perdita di un proprio caro a causa del virus o che, in seguito alle norme di distanziamento sociale, vedono i genitori perdere il lavoro, o vivono abuso fisico e psicologico confinati in casa con adulti problematici. Queste dure prove si abbattono anche sulla loro giovane fede.

In tutto il mondo, aggiungono dai Mib, proseguono interventi, informazione, sostegno psicologico e istruzione a distanza per bambini e adolescenti impossibilitati a frequentare la scuola, in modo che la loro fede possa essere forte nel fatto che Dio non ci dimentica, che il nostro nome è scritto in modo indelebile sul palmo della sua mano, un luogo dove siamo sempre protetti nonostante quanto può accaderci nella vita.

Abbiamo molto per cui pregare, ma anche per agire! Unitevi a noi visitando https://bambini.uicca.it/giornata-mondiale-preghiera-per-per-bambini-e-ragazzi-che-vivono-in-situazioni-di-rischio-2020/, la pagina dedicata dal Dipartimento dei Ministeri in favore dei bambini, dove troverete materiale per questa giornata, ma anche suggerimenti per rendere la nostra preghiera un gesto concreto.

WeBibbia. Sesta conferenza

WeBibbia. Sesta conferenza

Maol – Nuovo tema, nuova relatrice per il sesto appuntamento con WeBibbia, la serie di conferenze in onda ogni settimana dalla web televisione Hope Channel Italia.

Abigaela Trofin parlerà di «Onora il padre e la madre. Premio all’obbedienza» nell’incontro che si terrà mercoledì 13 maggio, alle ore 20.30 su www.hopechannel.it.

«In un momento così difficile, in cui i figli non hanno potuto visitare i genitori anziani» spiega Trofin nello spot della conferenza «vi invito a una riflessione su quel primo comandamento che Dio ci ha dato per quanto riguarda il nostro rapporto con il prossimo».

Anche questo incontro sarà dinamico, con domande e risposte, arricchito da momenti musicali ed esperienze artistiche.

WeBibbia è una serie online curata dai Dipartimenti Ministeri Personali e HopeMedia Italia; vuole proporre un approfondimento biblico e offrire l’occasione per invitare amici e vicini a guardare l’evento da casa propria.

È possibile seguire le conferenze sul canale web www.hopechannel.it e tramite:
– l’App «avventisti» su cellulari, l’App «Hope Channel» su cellulari e sui televisori (info su www.hopechannel.it/dispositivi);
– YouTube: www.youtube.com/hopechannelitalia
– Facebook: www.facebook.com/avventista

Guarda lo spot.

Post Facebook Abigail trofin

Onora il padre e la madre è il tema della sesta conferenza, per la serie WeBibbia, in onda mercoledì 13 maggio, alle ore 20.30, su Hope Channel Italia (www.hopechannel.it) con Abigaela Trofin.

Posted by Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno on Wednesday, May 13, 2020

Scarica qui la locandina in pdf.

Rubano il frutteto di una chiesa avventista in Australia

Rubano il frutteto di una chiesa avventista in Australia

Niente frutta per le famiglie bisognose.

Notizie Avventiste – Un gruppo di ladri ha fatto irruzione nell’orto privato della chiesa avventista Cannington Community Church (Ccc), nell’Australia occidentale, per rubare dieci alberi la cui frutta doveva riempire i pacchi di alimenti da distribuire alle famiglie indigenti o essere servita durante i pasti della mensa sociale della chiesa.

«Siamo andati via giovedì pomeriggio e domenica gli alberi non c’erano più” ha spiegato Heather Stewart-Johnson, della locale sede di Adra e coordinatrice del progetto comunitario “I ladri hanno scavato sotto il recinto e hanno estirpato le piante con le radici e tutto il resto. Hanno anche rubato le nostre carriole per trasportare gli alberi. Sono delusa soprattutto perché queste persone non hanno pensato di poter venire a chiederci aiuto, se erano nel bisogno”.

Il sindaco di Cannington, Patrick Hall, conosce bene l’impegno della chiesa nel tessuto sociale della città, così, in collaborazione con il grande magazzino Bunnings Warehouse, ha provveduto a rifornire la comunità avventista di nuovi alberi, piantine e carriole, per compensare la perdita.

In un’intervista al Cannington Times, il primo cittadino ha affermato che il furto riflette la triste realtà della disperazione in cui versano le persone. “Il furto di attrezzature necessarie e di così tanti alberi da frutto è un vero colpo in un momento in cui il lavoro della Cannington Soup Kitchen è più importante che mai”.

Mensa sociale
Un mese fa la mensa sociale avventista ha dovuto chiudere in osservanza delle restrizioni governative per il contenimento della Covid-19, ma i volontari della chiesa hanno continuato a distribuire dai 30 ai 40 pacchi di alimenti ogni venerdì.

“La nostra caffetteria comunitaria, come ci piace definirla, era aperta tutti i venerdì e talvolta abbiamo dato da mangiare a 120 individui” ha dichiarato Stewart-Johnson “Le persone vengono perché hanno fame o perché sono sole e vogliono creare relazioni, e chiacchierare insieme. Ora, invece, prepariamo e distribuiamo pacchi di alimenti, ma sarà bello riavviare la caffetteria”.

I pacchi contengono frutta, verdura e generi alimentari, come pane e prodotti a lunga conservazione, donati principalmente dal banco alimentare “Second Bite”. Nonostante gli ostacoli, l’impegno della chiesa verso la collettività continua anche durante l’isolamento sociale.

“Quando è arrivato il nostro attuale pastore, non vi erano molti membri” ha spiegato Stewart-Johnson “ma lui ha lanciato una sfida e ci ha detto ‘Se oggi chiudessimo le porte, mancheremmo a qualcuno? Forse a nessuno’. E così siamo partiti con la caffetteria comunitaria”.

Riduce la criminalità
Grazie al generoso lavoro dei volontari, il progetto della mensa non solo risponde a bisogni immediati degli individui – mangiare e trovare delle amici – ma aiuta anche a ridurre la delinquenza. Un giorno, un sergente della polizia locale ha detto: “Sappiamo cosa state facendo, e il tasso di criminalità sta calando nella zona. Quindi non fermatevi, ma continuate la vostra opera”.

“Non vedevo la relazione tra criminalità e distribuzione di pasti” ha affermato Stewart -Johnson “ma il sergente ha spiegato che se non avessero avuto la possibilità che offrivamo, le persone in difficoltà avrebbero scassinato i negozi per trovare da mangiare”.

Quando avanza pane o frutta, la chiesa avventista collabora con la scuola che si trova dall’altra parte della strada per distribuire alimenti alle famiglie bisognose. Inoltre, gestisce un negozio di abiti usati, una biblioteca di strada e ha in programma di offrire a tutta la cittadinanza l’accesso gratuito al proprio orto. “Cerchiamo di raggiungere quanti più settori possiamo all’interno della nostra società” ha concluso Stewart-Johnson.
[LF]

[Fonte e foto Adventist Record]

Ho cercato il Signore ed egli mi ha risposto. Nuovo messaggio di Ted Wilson

Ho cercato il Signore ed egli mi ha risposto. Nuovo messaggio di Ted Wilson

Maol – Questa settimana, il presidente della chiesa avventista mondiale, Ted N. C. Wilson, rivolge un nuovo video messaggio ricco di parole di incoraggiamento, e invita a condividere la speranza del vangelo. «Che oggi tu possa afferrare la mano di Cristo, mentre condividi con gli altri il messaggio degli ultimi tempi, tramite la potenza dello Spirito Santo» è il suo invito.

 

Guarda il video messaggio del presidente Wilson.

 

[Prodotto a cura di Espoir Medias (www.magazineavventista.com)]

 

 

 

 

Rischio di carestie di proporzioni bibliche a causa di guerre, crisi e coronavirus

Rischio di carestie di proporzioni bibliche a causa di guerre, crisi e coronavirus

È l’allarme lanciato dal direttore del World Food Programme al Consiglio di sicurezza Onu.

Notizie Avventiste – “Scusate se ho parlato così apertamente, ma voglio essere molto chiaro su ciò che minaccia il mondo in questo momento. Mentre siamo colpiti dalla pandemia di Covid-19, siamo anche sull’orlo di una pandemia di fame” ha affermato David Beasley, direttore esecutivo del World Food Programme (Wfp), il programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, durante la riunione in video del Consiglio di sicurezza dell’Onu, il 21 aprile.

Si stima che un quarto di miliardo di individui sarà alla fame entro la fine dell’anno a causa del coronavirus. 265 milioni di persone dei Paesi a basso e medio reddito vivranno insicurezza alimentare acuta, a meno che non vengano intraprese azioni rapide per affrontare la pandemia.

Le cifre sono circa il doppio rispetto ai 135 milioni di persone di 55 Paesi che nel 2019 sono state esposte a insicurezza alimentare acuta a causa di conflitti, cambiamenti climatici e crisi economiche, come indica l’ultimo Rapporto globale sulle crisi alimentari, redatto prima dell’epidemia. I dati contrastanti forniscono una visione sorprendente del potenziale devastante di questo virus.

La “peggiore crisi umanitaria dalla seconda guerra mondiale” incomberà nel 2020, aveva avvertito David Beasley già nei mesi precedenti alla pandemia. E citava tra i motivi le guerre in Siria e Yemen, il peggioramento delle crisi in Sud Sudan, Burkina Faso e nella regione del Sahel centrale; e poi gli sciami di locuste in Africa, l’aumento delle catastrofi naturali, i cambiamenti climatici e la crisi economica in Libano, Congo, Sudan ed Etiopia. Oggi non solo viviamo in una “pandemia di salute globale”, ma dobbiamo affrontare un “disastro umanitario globale” ha affermato il direttore esecutivo del Wfp.

Gli effetti del Covid-19 sull’economia e la salute sono estremamente preoccupanti in Africa e Medio Oriente, poiché il virus minaccia la vita e il sostentamento delle persone che sono già a rischio di conflitti. Con la chiusura scolastica, per contrastare la diffusione del coronavirus, 370 milioni di bambini non ricevono più pasti nutrienti a scuola.

In collaborazione con l’Oms, il World Food Programme ha consegnato milioni di kit, di test, mascherine e dispositivi di protezione individuale in 78 Paesi, e utilizza il servizio di volo umanitario per trasportare medici, infermieri, personale medico e operatori umanitari nei Paesi che hanno bisogno di aiuto. Ma “prima di tutto, abbiamo bisogno della pace” secondo  Beasley, un globale cessate il fuoco è essenziale.

“Non ci sono ancora carestie. Ma devo avvertirvi che se non ci prepariamo e non agiamo ora – per garantire la sicurezza alimentare, colmare le lacune finanziarie ed evitare interruzioni del commercio – potremmo affrontare più carestie bibliche in pochi mesi” ha avvertito Beasley rivolto ai membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

[Fonte: Adventistischer Pressedienst Apd. Foto: Deborah Nguyen/Wfp]

Ghana. La chiesa avventista dona al fondo Covid-19 del governo

Ghana. La chiesa avventista dona al fondo Covid-19 del governo

L’assegno è stato consegnato dal presidente della denominazione nel Paese africano.

Notizie Avventiste – La Chiesa avventista in Ghana ha donato 100.000 cedi ghanesi (16.000 euro) al fondo nazionale Covid-19. Il dono è stato consegnato il 27 aprile dal presidente dell’Unione avventista del Ghana meridionale, past. Thomas Techie Ocran. Secondo il quotidiano News Ghana, alla consegna il leader avventista ha precisato che si tratta solo della prima di una serie di donazioni al fondo.

Ocran ha elogiato il governo per il suo impegno nel combattere la diffusione del coronavirus nel Paese e ha affermato che la denominazione prega per il Ghana.

La presidente del fondo, la giudice Sophia Akufo, ha ringraziato la denominazione e ha incoraggiato i cittadini a unirsi alla chiesa nel suo programma “100 giorni di preghiera”, progetto in cui gli avventisti pregano per un tema specifico durante 100 giorni.

Alla cerimonia di consegna della donazione erano presenti anche altri dirigenti avventisti del Paese.
Nel Ghana meridionale ci sono 30.443 avventisti che si riuniscono in 935 chiese.

[Foto: News Ghana. Fonte: Adventist Today]

Crisi Covid-19. Adra assiste 2,4 milioni di famiglie nel mondo

Crisi Covid-19. Adra assiste 2,4 milioni di famiglie nel mondo

L’Agenzia Avventista per lo Sviluppo e il Soccorso intensifica la sua azione umanitaria nell’emergenza coronavirus.

Notizie Avventiste – Adra svolge un servizio di aiuti e assistenza a oltre 2,4 milioni di famiglie nel mondo colpito dalla pandemia di coronavirus. L’agenzia umanitaria avventista ha avviato progetti di risposta all’emergenza in 37 Paesi, per sostenere chi lavora in prima linea, le famiglie a basso reddito, gli anziani e le persone che devono affrontare licenziamenti e disastro economico in seguito alla crisi.

“Adra è in campo fin da quando è scoppiata l’epidemia di coronavirus” afferma Michael Kruger, presidente di Adra International “con interventi immediati nelle zone più colpite del mondo, aiutando le persone e le comunità ad affrontare le sfide sanitarie, sociali ed economiche prodotte dal Covid-19. Siamo qui per continuare a sostenere le famiglie vulnerabili, gli operatori sanitari in prima linea e le persone colpite da questa pandemia. I nostri uffici lavorando con migliaia di volontari e partner di fiducia per garantire che le persone colpite ricevano ciò che è essenziale alla vita, informazioni sulla salute, prodotti alimentari, forniture igieniche e buoni per superare e riprendersi dai disastri provocati dal coronavirus”.

L’agenzia ha intensificato le operazioni di emergenza e adattato la propria infrastruttura di soccorso in caso di calamità in oltre 120 paesi, per rispondere alle diverse esigenze prodotte dall’epidemia. La sua azione va dalla distribuzione e sicurezza alimentare, alla formazione sulla comunicazione sanitaria per i lavoratori in prima linea, alle spedizioni di forniture mediche agli ospedali, al servizio delle comunità vulnerabili, all’impegno di sensibilizzazione alla prevenzione, all’assistenza con denaro contante.

Diamo una panoramica delle attività nei vari continenti.

Europa
Diversi progetti Adra sono attivi in tutta Europa. Per esempio, in Slovenia offre formazione volontaria ai leader della comunità e distribuisce materiale di assistenza al personale e ai residenti nelle case di riposo. Nel Regno Unito, sostiene oltre 70 centri comunitari, supporta chi lavora in prima linea e fornisce sicurezza alimentare ai più vulnerabili. In Ungheria, promuove un “progetto di studio a casa” per gli studenti bisognosi e coordina i volontari che si occupano di un servizio di consegna a domicilio di alimenti e farmaci ad anziani e a coloro che soffrono di patologie croniche.

Anche in Spagna i volontari Adra distribuiscono alimenti alle persone bisognose; inoltre, grazie alla stampante 3D, creano centinaia di protezioni facciali per ospedali, strutture sanitarie e case di riposo con pazienti Covid-19. L’agenzia collabora con le autorità governative spagnole per fornire riparo e servizi essenziali ai senzatetto.

In Belgio, prepara e distribuisce alimenti in diversi rifugi per senzatetto e a decine di migranti di Bruxelles. Nella vicina Francia, 1.700 famiglie vulnerabili, migranti e rifugiati ricevono buoni in denaro per acquistare beni di prima necessità. In Montenegro, Adra distribuisce pacchi di alimenti e kit igienici a centinaia di residenti anziani e isolati, e a genitori single che hanno perso il lavoro a causa del coronavirus. In Russia, produce e distribuisce mascherine; finora ne hanno beneficiato 35.000 persone in ospedali e case di riposo.

In Italia, i volontari collaborano con i Comuni e le organizzazioni territoriali per la distribuzione di generi alimentari alle famiglie in difficoltà economica. Adra assiste circa 2.500 famiglie, grazie alla presenza di 500 volontari. Inoltre collabora con la chiesa avventista per la distribuzione di mascherine a medici di base e ospedali in diverse città. Per saperne di più vai sul sito di Adra Italia.

Africa
Adra si occupa di 120.000 persone in Kenya; a loro fornisce generi di prima necessità e assistenza sanitaria. In Gambia, distribuisce cibo a oltre 2.500 famiglie a basso reddito e kit igienici a decine di centri pubblici. In Mauritania, sono più di 15.000 le persone che ricevono kit alimentari e igienici. Nella Repubblica Democratica del Congo, l’agenzia umanitaria avventista ha adattato le sue campagne sanitarie contro le altre malattie, come l’Ebola, per prevenire la diffusione del coronavirus e ridurre al minimo il rischio di infezione. Nel Paese si occupa in modo particolare dei bambini fino a 23 mesi, nonché delle donne, incinte e che allattano, positive al virus Ebola, in modo da evitare il contagio da coronavirus. Svolge anche assistenza psicologica per gli orfani. In un ambiente dove la popolazione è indebolita da altre malattie infettive, il rischio è che l’arrivo del coronavirus aumenti ulteriormente la mortalità.

Asia
Nel continente asiatico, Adra diffonde messaggi e campagne di prevenzione attraverso dei video su social media e trasmissioni radiofoniche, ma anche tramite opuscoli, manifesti e striscioni, per far capire quanto siano importanti il distanziamento sociale, l’igiene e lavarsi spesso le mani. In Pakistan, oltre 11.400 lavoratori colpiti dal lock-down ricevono denaro in contante; in Tailandia, circa 1.500 persone in 9 campi profughi ricevono kit igienici. In Cambogia, l’agenzia fornisce dispositivi di protezione individuale e forniture mediche a oltre 80 centri sanitari e ospedali. Nelle Filippine, distribuisce denaro in buoni a migliaia di famiglie in quarantena e oltre 43 tonnellate di generi alimentari e detergenti a famiglie a basso reddito. Adra affronta la crisi Covid-19 anche in Sri Lanka, con la distribuzione di pacchi alimentarti e kit igienici a 6.500 persone; ha istituito postazioni di lavaggio delle mani; distribuisce equipaggiamento protettivo a centinaia di operatori sanitari; offre formazione ai conducenti di mezzi pubblici per quanto riguarda la corretta sanificazione dei veicoli.

Australia
Nella nazione australiana, Adra è vicina alla persone vulnerabili tramite servizi come magazzini alimentari, caffetterie e programmi di aiuti alimentari. In Nuova Zelanda, consegna buoni, da spendere nei supermercati di tutto il Paese, a 1.200 famiglie, vale a dire 3.600 persone, colpite economicamente dalla pandemia.

America latina
Nel continente latinoamericano, Adra svolge campagne educative per anziani, pazienti con malattie croniche e disabili, per ridurre al minimo la diffusione del coronavirus. In Messico, è molto impegnata nella prevenzione e distribuisce migliaia di bottiglie di gel antibatterico, con l’aiuto di volontari e chiese, a persone cieche, sorde e ipoudenti. In Paraguay, offre aiuto a oltre 13.000 individui, in 17 centri residenziali per bambini e adolescenti senza casa e vittime di tratta, formando gli operatori sanitari sulla gestione clinica, la prevenzione, la sorveglianza e il controllo dei pazienti Covid-19.

Nord America e Caraibi
Negli Stati Uniti e nei Caraibi Adra fornisce dispositivi di protezione individuale e rifornimenti medici primari a migliaia di operatori sanitari negli ospedali che si occupano di pazienti Covid-19, tra cui Loma Linda University Health, in California, e Adventist HealthCare White Oak Medical Center, nel Maryland, poiché scarseggiano gli equipaggiamenti protettivi e la consegna degli ordini può richiedere fino a 30 giorni. Inoltre, l’agenzia ha stretto una partnership con AdventHealth, che ha sede in Florida, per donare e spedire dispositivi di protezione e rifornimenti medici agli ospedali in Giamaica e nella Repubblica Dominicana, dove i centri sanitari devono affrontare gravi carenze di attrezzature protettive per il personale e di farmaci per i pazienti.

Lavorare in tutto il mondo
“La pandemia di coronavirus ha influenzato il modo in cui Adra offre aiuti umanitari in tutto il mondo” spiega Mario Oliveira, direttore della gestione delle emergenze di Adra International “Sono sorpreso nel vedere che diversi programmi dell’agenzia sono stati reindirizzati e adattati a varie soluzioni, e sono state attivate risorse, in alcuni casi con piccole quantità di fondi, per fare così tanto nel rispondere all’emergenza Covid-19. Grazie alla nostra infrastruttura, al personale e alla fiducia delle comunità che supportiamo, abbiamo potuto svolgere interventi immediati. Ci siamo inoltre adattati alle nuove normative per garantire la sicurezza e il benessere al nostro personale, ai volontari e agli assistiti”.

La chiesa avventista del settimo giorno è un alleato decisivo nella maggior parte di questi progetti, poiché ha fornito supporto attraverso la sua rete di ospedali, canali televisivi e radiofonici e migliaia di volontari. Adra ha anche unito le forze con altre organizzazioni partner, come Airlink, Hong Kong Adventist Hospital, AdventHealth, World Vision China e Latter-Day Sainities Charities, per continuare a consegnare forniture mediche e altre risorse agli ospedali e alle strutture sanitarie che si occupano di assistere le comunità colpite. L’agenzia ha in cantiere 31 nuovi progetti di soccorso da attuare nella prossima fase di risposta al Covid-19.

3,5 milioni di persone hanno contratto il coronavirus a livello globale; 250.000 sono i morti. Gli Stati Uniti sono al primo posto nel mondo con circa 1,2 milioni di casi confermati al momento, ma i numeri sono soggetti a cambiamenti quotidiani.

Per conoscere le attività dell’agenzia umanitaria visita il sito: https://adraitalia.org/
[LF]

[Foto: Adra international. Fonte: Adventist Review]

Televisione – Protestantesimo

Televisione – Protestantesimo

Domenica notte 10 maggio, alle ore 1, RaiDue manda in onda la replica della puntata di Protestantesimo dal titolo “La Parola che salva”. L’emergenza coronavirus porta con se uno tsunami di domande: “Quanto siamo disposti a concedere della nostra libertà per la salute degli altri? In corsia, dove finisce il ruolo di un medico ed inizia il mondo degli affetti? Quale significato assume la preghiera in questo momento storico? E le chiese evangeliche stanno a guardare?”.

Puntata intera e singoli servizi sono disponibili su RaiPlay. Segnaliamo i link.

Puntata intera
La Parola che Salva

Servizi
Piana di Gioa Tauro – Mediterranean Hope
Il senso della preghiera ai tempi del Coronavirus
La dignità del morire ai tempi del Coronavirus: lettera aperta di cattolici e evangelici
Diritto alla salute, patrimonio della collettività
Una fede coraggiosa

Per rivedere tutte le puntate andate in onda dal 2013 a oggi: Video
Protestantesimo su Facebook

 

Fedeltà al tempo delle restrizioni

Fedeltà al tempo delle restrizioni

 

Maol – Miguel Ángel Roig, professore e pastore emerito della chiesa avventista in Spagna, racconta l’esperienza della prima avventista in Albania dalle pagine di revista.adventista.es, e ci fa riflettere sulla fedeltà in tempo di crisi, come la pandemia che viviamo oggi.

Meropi Gjika nacque nel 1907 nella città di Korçë, nel sud-est dell’Albania. Questa città si trova a pochi chilometri dal confine con la Grecia e a breve distanza da quella che oggi è la Macedonia del Nord. Per questo motivo, Meropi Gjika, come molti nella regione, parlava greco oltre all’albanese.

All’inizio degli anni ’40, l’organizzazione della chiesa avventista inviò un pastore, di origine albanese da parte di madre, per cercare di dare il via all’opera in questo Paese. Era il past. Daniel Lewis che arrivò da Boston, nel Massachusetts, e iniziò a svolgere il suo lavoro evangelistico a Korçë perché da quelle parti aveva notizia di lontani parenti. Fu in questo modo che entrò in contatto con Meropi Gjika.

Alla donna piaceva il messaggio che il past. Lewis predicava e desiderava molto prepararsi al battesimo per camminare con il Signore e far parte della chiesa avventista. Iniziò a ricevere studi biblici grazie a una Bibbia in greco moderno regalatale dal past. Lewis. Purtroppo non riuscì a vedere soddisfatto il suo desiderio del battesimo perché nel 1944 fu istituito un regime politico, in Albania, che fin dal primo momento dichiarò guerra aperta a ogni forma di religione.

Enver Hoxja, che fu presidente del Paese per oltre quaranta anni, arrivò al punto di affermare, nel 1967, che l’Albania era una nazione ufficialmente atea (il primo Paese ateo al mondo) e che non vi era più alcuna traccia di religione. Il past. Lewis fu arrestato e messo in prigione. Meropi Gjika gli portò cibo e vestiti fino a quando il pastore morì in seguito alle torture subite sistematicamente, poiché scelse sempre di onorare il Signore in ogni cosa ed essere fedele al sabato. Isolamento e… fedeltà a Dio!

Meropi Gjika, come tutti i credenti in Albania di ogni appartenenza religiosa, era totalmente isolata e senza alcun contatto con la chiesa. E fu così fino al 1991, quando cadde il regime comunista albanese, uno dei più severi dell’Europa orientale, che per più di quattro decenni aveva governato il Paese con il pugno di ferro.

Durante questo isolamento, la nostra protagonista visse brutti momenti, ma cercò di essere fedele al Signore. Conservò la sua Bibbia in greco, ma intanto ne copiava i testi su pezzi di carta e, in segreto, li condivideva con amici e parenti. Suo marito, che era un militare, minacciò ripetutamente di abbandonarla perché, secondo lui, si comportava come una «traditrice della patria», ma lei non si spaventò e continuò la sua opera. Educò i suoi tre figli secondo i principi della fede avventista e condivise le sue convinzioni con alcune persone.

Una volta caduto il regime e con l’avvento della libertà religiosa, la chiesa avventista prese in considerazione la riapertura dell’opera in Albania e, alla fine del 1991, mandò David C. Currie, evangelista australiano, perché svolgesse questa missione. Il past. Currie e sua moglie organizzarono diverse attività evangelistiche, tra cui una serie di conferenze pubbliche. Quando Meropi Gjika venne a sapere che un pastore avventista svolgeva queste iniziative, il suo cuore sobbalzò. Ben presto andò dal pastore e gli raccontò la sua storia; Currie quasi non credeva a ciò che stava ascoltando.

Sapeva che il past. Daniel Lewis aveva lavorato in quelle terre molto tempo prima, ma non avrebbe mai immaginato che, quasi cinquant’anni dopo, avrebbe trovato una delle persone con le quali aveva studiato la Bibbia. Ora era davanti a lui e gli vennero in mente le parole di Salomone: «Getta il tuo pane sulle acque, perché dopo molto tempo lo ritroverai» (Ec. 11:1). Meropi Gjika gli disse subito della sua decisione di essere battezzata e di realizzare così ciò che aveva sognato per tanti anni.

Un incontro con una fine inaspettata
Ma ciò che colpì di più il past. Currie fu quello che successe poco dopo quell’incontro. Un giorno Meropi Gjika venne a trovarlo con una scatola in cui aveva conservato la decima e le offerte durante tutti quegli anni di isolamento. Quando la mise nelle mani del pastore e gli disse che era per lo sviluppo dell’opera del Signore, proprio come dice la Bibbia e come il past. Lewis le aveva insegnato, Currie non riusciva a riprendersi dallo stupore e le chiese: «Sorella, come sei riuscita?». Lei rispose: «Per fedeltà al Signore e anche con gratitudine per tutto ciò che ha fatto per me, e per lo sviluppo della sua causa».

La donna spiegò che era riuscita anche a vedere questo sogno diventare realtà. L’importo che offrì era di 583,56 dollari. Se consideriamo che quando aveva un lavoro stabile guadagnava 4 dollari al mese, ci rendiamo conto che ciò che offriva rappresentava una vera fortuna, era l’equivalente dello stipendio di molti anni. Quando il past. Currie le chiese se avesse mai avuto difficoltà a sopravvivere, lei rispose: «Ho vissuto tantissime difficoltà, non puoi immaginarle, ma non mi è mai passato per la testa di prendere un solo centesimo di ciò che apparteneva al Signore».

Anche noi oggi viviamo un periodo di confinamento, cosa fare delle decime e delle offerte? Se le chiese sono chiuse, spiega il past. Miguel Ángel Roig, non possiamo donare durante i momenti speciali del culto in situ, ma tramite bonifico bancario (molte persone lo fanno in questo modo) possiamo ugualmente inviare l’importo che normalmente consegniamo ogni sabato, in buste o in contanti, al momento della raccolta delle offerte. Se non ci è possibile, mettiamole da parte.

Meropi Gjika fu la prima persona a essere battezzata in Albania, nel 1992, dopo la caduta del comunismo. Non era stato necessario istruirla, ma piuttosto ratificare ciò che già sapeva. Mentre si trovava accanto al past. Currie e dopo che questi pronunciò le parole «ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo», Meropi Gjika alzò lo sguardo e il braccio destro al cielo e disse: «Grazie, Signore, per aver perdonato i miei peccati e avermi ricevuto nel tuo seno», poi fu sepolta nelle acque battesimali.

Meropi Gjika si è addormentata nel Signore il 17 febbraio 2001, all’età di 97 anni. Non vide il suo terzo grande sogno diventare realtà, quello delle chiese avventiste in Albania e la chiesa organizzata nel suo paese. Oggi, tuttavia, questa è una realtà e in essa si è adempiuta quella promessa del terzo angelo che dice: «beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essi si riposano dalle loro fatiche perché le loro opere li seguono» ( Ap. 14:13).

La vita e l’esempio di Meropi Gjika, all’epoca del confino del feroce regime albanese di Erven Hoxta, conclude Miguel Ángel Roig, sono una vibrante testimonianza di dedizione, impegno e fedeltà al Signore per oggi e le generazioni future. Senza dubbio, quando Gesù tornerà, sarà una di quelle persone che sentiranno dalle labbra del loro amato Maestro le commoventi parole: «sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore» (Mt 25:21).
[LF]

[Fonte: Revista Adventista. Foto: Archivo Histórico Adventista]

 

Un grazie dai Ministeri per la salute della chiesa europea

Un grazie dai Ministeri per la salute della chiesa europea

Messaggio di Valérie Dufour nell’emergenza coronavirus.

Notizie Avventiste – La responsabile del dipartimento che si occupa della salute presso la sede della chiesa avventista in Europa (Eud) ha rivolto un messaggio di ringraziamento a tutti coloro che sono impegnati in prima linea nella pandemia ma anche ai cittadini che dimostrano responsabilità in questo tempo difficile.

Così scrive Velérie Dufour sul sito Eud News.

In questo periodo di pandemia, crisi e sofferenza, vorrei esprimere la mia gratitudine:
– a medici e personale sanitario che instancabilmente, e a rischio della propria salute, lavorano in prima linea nell’epidemia;
– a coloro che hanno deciso di mettersi in quarantena dalle loro famiglie per poter servire coloro che sono colpiti dal virus;
– ai dirigenti delle nostre istituzioni mediche e al loro team amministrativo che guidano le loro “navi” nelle acque turbolente;
– a chi lavora nella case di riposo per il loro impegno nel proteggere i residenti a rischio;
– ai medici ricercatori impegnati a trovare una cura al Covid-19;
– a tutti coloro che sono coinvolti nella pulizia delle istituzioni mediche e case di cura, perché il loro ruolo è così importante;
– a coloro che lavorano in cucina, nei dipartimenti tecnici e nell’amministrazione di ospedali, cliniche e case di riposo;
– a pastori e cappellani che condividono parole di speranza e fede;
– a coloro che si occupano di salute mentale e offrono sostegno psicologico;
– a chi incoraggia gli altri tramite messaggi, video o musica;
– a coloro che tramite linee telefoniche dirette e l’ascolto attivo aiutano le persone ad affrontare le sofferenze;
– a quanti mantengono i contatti con le persone ammalate tramite telefonate o videochiamate;
– a coloro che hanno dato i loro numeri di telefono ai vicini per aiutarli quando ne hanno bisogno;
– a coloro che alleviano il dolore e la solitudine di chi è solo in casa da diverse settimane a causa delle restrizioni;
– a chi si occupa di fare la spesa per le persone a rischio;
– a coloro che, nonostante la relativa libertà di movimento, scelgono di evitare di visitare pareni e amici per scongiurare la diffusione della malattia;
– a coloro che pregano per gli altri;
– a coloro che offrono cibo agli affamati;
– a tutti quelli che sto dimenticando qui, ma che fanno anche cose straordinarie per gli altri;
– a Dio, che non è solo la sorgente della vita ma anche la fonte dell’amore.

Grazie a tutti!

 

[Foto: Eud News]

Una lezione di preghiera. Covid-19 e guerra di secessione americana

Una lezione di preghiera. Covid-19 e guerra di secessione americana

 

Jud Lake – «Centinaia di migliaia di uomini coraggiosi sono entrati in servizio» lamentava James White nel numero del 31 gennaio 1865 della rivista The Advent Review e Sabbath Herald, «e hanno sofferto, sono stati feriti e sono morti sul campo di battaglia, negli ospedali, e nelle carceri meridionali. Oh! Quanta angoscia umana è stata strappata dalla nazione! La ribellione ingiustificata, da parte di coloro le cui mani erano macchiate dal peccato della schiavitù, ha fatto sì che questa ondata di dolore continuasse a scorrere per circa quattro anni! Signore, quando finirà?».1

La guerra di secessione americana si trascinava e le parole di James White fermarono i sentimenti non solo del popolo avventista, ma dell’intera nazione. Per quanto tempo ancora, si chiedevano, questa guerra sarebbe continuata con il suo bagaglio di sofferenza e morte, il suo tributo all’economia americana, il suo impatto sulla vita quotidiana e la sua morsa sull’opera della chiesa?

I sentimenti di J. White e l’angoscia degli americani nel 1865 sono sorprendentemente paralleli alle preoccupazioni di molti oggi. Per quanto tempo ci paralizzerà il virus della Covid-19? Per quanto tempo le economie del mondo rimarranno chiuse? Per quanto tempo resteremo confinati nelle nostre case e parleremo dei tristi aggiornamenti dei notiziari? Per quanto tempo dovremo praticare il distanziamento sociale ed evitare il contatto umano basilare? Per quanto tempo le nostre istituzioni educative rimarranno chiuse e le nostre chiese resteranno vuote per il culto? E cosa ancora più importante, per quanto tempo questo terribile virus prenderà la vita di esseri umani che non sono pronti a morire?2 Anche noi gridiamo: «Signore, quando finirà?

Il 21 febbraio 1865, The Advent Review e Sabbath Herald pubblicò un appello a tutte le chiese e ai credenti per «dedicare quattro giorni, a partire da mercoledì 1 marzo 1865 e fino alla fine del sabato successivo, alla preghiera seria e insistente».3 I credenti pregarono insieme nei quattro giorni, 1-4 marzo 1865, implorando specificamente Dio di porre fine alla guerra. Avvenne un risveglio spirituale e ebbero la certezza che il cielo avesse ascoltato le loro suppliche. È interessante notare che quando Abraham Lincoln, presidente del Stati Uniti, tenne il suo secondo discorso inaugurale il 4 marzo, gli avventisti erano in ginocchio a pregare.

Questa risposta di preghiera dei pionieri avventisti alla crisi della guerra civile, nella primavera del 1865, contiene una lezione molto importante per noi che viviamo l’emergenza Covid-19 nella primavera del 2020.

Potenza della preghiera
Oggi, nell’ambito dell’iniziativa dei 100 giorni di preghiera, le suppliche salgono già a Dio per una miriade di questioni. Prima di tutto ci sono le richieste di protezione per i nostri cari, la nostra chiesa e il suo lavoro, per i medici e gli operatori sanitari, per i leader locali e nazionali, e specialmente per le famiglie ammalate, sofferenti e colpite dal dolore per la perdita dei loro cari a causa del virus. Preghiamo certamente per ricevere saggezza e discernimento su come interpretare correttamente gli eventi che accadono intorno a noi alla luce della profezia biblica. Ma la lezione più importante… di quegli avventisti che vivevano nella primavera del 1865 fu la loro specifica e collettiva preghiera affinché la guerra finisse. Le loro preghiere erano persistenti, tenaci e determinate.

Oggi siamo chiamati a pregare con la stessa disposizione spirituale affinché Dio eserciti il suo potere e faccia in modo che la pandemia, con tutta la sua sofferenza e miseria, si riduca drasticamente. «Rientra nel piano di Dio accordarci, in risposta alla preghiera della fede, quello che non otterremmo se non lo avessimo domandato».4 La preghiera della fede si appropria delle promesse di Dio, contenute nelle Scritture, e le ripresenta di nuovo a lui, e ringrazia per la risposta.5 Una delle promesse più appropriate per questa occasione è «se il mio popolo, sul quale è invocato il mio nome, si umilia, prega, cerca la mia faccia e si converte dalle sue vie malvagie, io lo esaudirò dal cielo, gli perdonerò i suoi peccati, e guarirò il suo paese» (2 Cr 7:14).6 Soddisfatte le condizioni, possiamo applicare questa promessa alla pandemia di Covid-19 e pregare di nuovo a Dio per la guarigione nella nostra terra, nelle nostre città, stati, province e nazioni, e per la guarigione in tutto il mondo (cfr. Is. 55:11).

Alla fine, è solo Dio che può porre fine a questa crisi. Solo lui può fornire una svolta alle grandi menti scientifiche che lavorano tutto il giorno per trovare terapie e un vaccino. Solo lui può fermare le morti per il virus…. La nostra parte è quella di cercare Dio e pregare sinceramente per il suo intervento. Qualcuno potrebbe sostenere che questa pandemia dovrebbe indugiare per dare una lezione al mondo, o che sia l’inizio degli eventi finali ad accadere sulla terra prima che Cristo venga. Ma con il cuore che brama la fine della sofferenza e che il Vangelo vada avanti, dobbiamo pregare seriamente, come hanno fatto i pionieri avventisti nel 1865, affinché questa crisi finisca ora.

Nel giro di poche settimane dopo che gli avventisti pregarono per la fine della guerra di secessione, dall’1 al 4 marzo 1865, essa terminò.7 è vero, ci furono molte forze che condussero alla conclusione della guerra, non ultima la determinazione dei generali di Lincoln di sconfiggere la Confederazione. Ma alla fine, i nostri pionieri credevano che Dio avesse risposto alle loro preghiere e fornito una «manifestazione visibile della sua mano nei nostri affari nazionali».8 Dopotutto, Ellen White aveva dichiarato, all’inizio della guerra, che «Dio aveva questa nazione nelle sue mani».9 Allo stesso modo, oggi, Dio ha ancora in mano questa nazione (gli Stati Uniti) e tutte le altre nazioni del mondo.10 In questa crisi, preghiamo collettivamente e seriamente affinché agisca ora. E nel frattempo, possiamo ringraziare Dio per aver ascoltato la nostra preghiera.

[Jud Lake insegna omiletica e studi avventisti alla Southern Adventist University di Collegedale, in Tennessee. Il suo articolo è stato pubblicato da Adventist World. Foto: Getty Images]

 

Note
1 J. White, «Non-combatants», The Advent Review and Sabbath Herald, 31 gennaio 1865, p. 76.
2 Per questo period è appropriato il Salmo 13  con il suo lamento, ripetuto quattro volte, «Fino a quando», e la conclusione ai versetti 5 e 6.
3 J. Byington, J. White, «The Time Has Come!», The Advent Review and Sabbath Herald, 21 febbraio 1865, p. 100.
4 E. G. White, Il gran conflitto, Edizioni Adv, p. 525.
5 Cfr. E. G. White, Principi di eduzazione Cristiana, Edzioni Adv, pp. 253, 257, 258; anche J. R. Beeke, J. A. La Belle, Living by God’s Promises, Reformation Heritage Books, Grand Rapids, Mich., 2010, pp. 65-70.
6 citazione tratta dalla Bibbia Nuova Riveduta.
7 Cfr. J. Lake, A Nation in God’s Hands: Ellen White and the Civil War, Pacific Press Pub. Assn. Nampa, Idaho, 2010, pp. 240-243, 447-449.
8 U. Smith, «The Prospects of Peace», The Advent Review and Sabbath Herald, 11 aprile 1865, p. 148.
9 E. G. White, Testimonies for the Church Pacific Press Pub. Assn., Oakland, Calif., 1885, vol. 1, p. 267.
10 Cfr. J. Lake, Op. cit., pp. 455, 456.

 

 

L’incontro con Dio. Seconda parte

L’incontro con Dio. Seconda parte

Michele Abiusi – “Fermatevi… e riconoscete che io sono Dio. Io sarò glorificato tra le nazioni, sarò glorificato sulla terra” (Salmo 46:10).
Il salmista incoraggia il credente a riconoscere che il Signore è Dio. Poco prima aveva detto: “Venite, guardate le opere del Signore, egli fa sulla terra cose stupende” (v. 8 ). La “conoscenza” di Dio comprende: i suoi atti passati, le sue promesse, una conoscenza esperienziale con lui. Nel contesto, il salmista invita a impegnarsi per il Signore e fare di lui il “rifugio” e la “forza” (vv. 1, 7, 11). Questa esortazione rivolta ai credenti è più pertinente che mai, oggi. Viviamo in un mondo sempre più alienato da Dio, in cui cadere nello scoraggiamento o nella perdita della fede è cosa relativamente facile. Pertanto il versetto  2 esorta: “Perciò non temiamo se la terra è sconvolta …”.

Se guardiamo lo svolgersi degli eventi in campo mondiale non possiamo non condividere l’espressione del salmista. Tutto nella nostra società è sconvolto: nelle scelte etiche, nei principi morali da seguire, nel concetto di esempio, onestà e così via. Se ci sentiamo frastornati da questo andazzo è imperativo fare un primo passo nella giusta direzione, come sottolinea la prima parola del nostro testo: “Fermatevi”.

Fermarsi implica svuotare la mente dagli assilli giornalieri, allontanare da noi tutto ciò che può distrarre: il mondo con tutti i suoi rumori di fondo… e raccoglierci in meditazione. Questo vuol dire trovare un angolo di tempo, nell’arco della giornata, riservato alla meditazione, in cui possiamo “ascoltare” Dio. La professione di fede ebraica, lo Shema, infatti recita: “Ascolta, Israele: Il Signore, il nostro Dio, è l’unico Signore” (Deuteronomio 6:4). Porsi all’ascolto di Dio non vuol dire necessariamente aprire la Bibbia.

La creazione è una testimonianza silenziosa della saggezza e della sapienza di Dio: “I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annuncia l’opera delle sue mani” (Salmo 19:1). E ancora: “Quand’io considero i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai disposte, che cos’è l’uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell’uomo perché te ne prenda cura?” (Salmo 8:3, 4). Sì, un tempo gli uomini sapevano “fermarsi” e vedere oltre ciò che gli occhi permettevano loro di guardare.

Oggi non si ha più tempo per pensare a cosa si fa della propria vita nella prospettiva di Dio. Si corre, ci si affanna per risolvere problemi, e così passano i giorni, gli anni, i lustri, i decenni ed infine arriva l’ultimo traguardo. Non abbiamo fatto nulla per conoscere il nostro Dio! è quanto mai importante prendere coscienza di questo nostro bisogno, cominciando con un semplice “fermatevi” e ascoltando il “sussurro di Dio”.

Come e dove possiamo incontrare Dio?
Dio non sta in un posto specifico da raggiungere, però possiamo incontrarlo tutte le volte che vogliamo, in qualsiasi luogo ci troviamo. Ecco quanto scrive il salmista : “Dove potrei andarmene lontano dal tuo Spirito, dove fuggirò dalla tua presenza? Se salgo in cielo tu vi sei; se scendo nel soggiorno dei morti, eccoti là” (Salmo 139:7, 8). E anche: “Il Signore è vicino a tutti quelli che lo invocano, a tutti quelli che lo invocano in verità” (Salmo 145:18).

Gesù affermò: “Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa” (Matteo 6:6).

Non solo, Dio non ci fa aspettare in anticamera, come avviene spesso con i cosiddetti “altolocati”: “Il Signore è vicino a tutti quelli che lo invocano, a tutti quelli che lo invocano in verità.  Egli adempie il desiderio di quelli che lo temono, ode il loro grido, e li salva” (Salmo 145:18,19).

Questi testi dimostrano che possiamo incontrare Dio praticamente ovunque.

Lo consideriamo un privilegio? “Parlare” con Dio vuol dire aver stabilito una relazione con lui di tipo amicale. Due amici, non importa il luogo in cui si incontrano, si fermano a parlare e condividono le loro esperienze. Così è con Dio. È nostro amico quindi ci sentiamo liberi di parlargli con franchezza. Ma è anche nostro Padre e in lui troviamo l’aiuto e la comprensione che solo un genitore sa dare al proprio figlio. Sì, perché Dio è anche, e soprattutto, amore! (cfr. 1 Giovanni 4:8). Sempre Giovanni aggiunge: “Nell’amore non c’è paura; anzi, l’amore perfetto caccia via la paura” (v. 18). Come un figlio non ha paura di un padre amorevole così anche noi dobbiamo sentirci liberi di parlare con il nostro Padre in cielo tutte le volte che vogliamo e in qualsiasi posto noi siamo, e di unirci all’apostolo nel dire “che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 8:38, 39).

Per quale motivo Dio rimane spesso in silenzio?
A volte, il problema non sta tanto nel fatto che Dio non risponde alle nostre suppliche, ma nel nostro udito spirituale che non è in grado di percepire il “sussurro di Dio”. Allora il “fermarsi” nella meditazione e nella riflessione aiuta a curare la nostra “otite” spirituale.

Sovente però sono i nostri peccati ad impedire la risposta di Dio.

Il profeta così si espresse: “Ecco, la mano del Signore non è troppo corta per salvare, né il suo orecchio troppo duro per udire; ma le vostre iniquità vi hanno separato dal vostro Dio; i vostri peccati gli hanno fatto nascondere la faccia da voi, per non darvi più ascolto” (Isaia 59:1, 2). Gli Israeliti erano diventati apostati ai giorni di Isaia, tanto che, alla fine, Dio usò la scure babilonese per disciplinarli.

Anche noi veniamo meno, e sempre accadrà finché non ritornerà il Signore, a causa della nostra debolezza, ma ciò non deve servire da scusa per una condotta dissoluta. Il Signore è buono e pronto a perdonarci infinite volte, ma dobbiamo stare attenti al nostro atteggiamento nei confronti del peccato perché “il timore del Signore è odiare il male” (Proverbi 8:13), e non fargli l’occhiolino quando il peccato diventa seducente ai nostri occhi.

Come Elia [leggi qui la prima parte] dovremo uscire dalla nostra grotta, dalla nostra visione egoistica della vita, e incontrare Dio nel sussurro di un dolce alito di vento. Ci è sempre piaciuta l’immagine di Gesù che sta “alla porta e bussa” (Apocalisse 3:20).

Il testo non dice che picchia con violenza alla porta per farsi sentire.

Il testo non dice neanche che  bussa alla porta di una chiesa, bensì “se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me”.

Siamo noi che permettiamo a Dio e a Cristo di venire, per accoglierli nel nostro cuore.

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