A 34 anni ha commosso il popolo americano con un discorso sul suo sogno più grande. A 35 anni gli è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace. All’età di 39 anni la vita di Martin si è spenta all’improvviso, consegnando il suo sogno in eredità alle generazioni successive.

Florin Bică – Michael [1] Luther King Jr. era nato ad Atlanta, in Georgia, nel 1929. Fin dall’infanzia aveva vissuto in prima persona le conseguenze della segregazione razziale nell’America del XX secolo. Le persone di colore erano considerate inferiori e per questo motivo private di molte delle prerogative di cui godevano i bianchi, semplicemente a causa del colore della loro pelle. I bambini neri frequentavano scuole diverse da quelle dei bianchi. I passeggeri neri dovevano occupare solo i sedili posteriori degli autobus e cederli a qualsiasi cittadino bianco glielo chiedesse. Gli afroamericani non potevano mangiare negli stessi ristoranti dei bianchi e nemmeno bere acqua dagli stessi rubinetti. I cinema avevano due ingressi: uno per i bianchi e uno per le persone di colore. Discriminazione, ingiustizia e disuguaglianza erano parte della vita quotidiana.

Il pastore King, le origini 
Il padre, il nonno e il bisnonno di Martin Luther King Jr. erano stati tutti pastori. La decisione del giovane Martin di seguire le loro stesse orme, quindi, non fu una sorpresa. Sebbene sia passato alla storia soprattutto come attivista per i diritti civili, King era innanzitutto un pastore. Prima che i suoi discorsi attirassero l’attenzione dei politici alla TV, lasciando il segno su milioni di persone, King guidò la sua chiesa con i suoi sermoni.

Lewis Baldwin, professore di materie religiose, ha affermato che i maggiori risultati di King ruotavano attorno alla sua vocazione pastorale. La Bibbia occupava un posto speciale nella sua vita. Fin dall’adolescenza si distinse per lo zelo con cui memorizzava i versetti biblici per declamarli davanti all’assemblea di fedeli della chiesa di cui suo padre era pastore. Si era laureato in Teologia al Crozer Theological Seminary di Upland, in Pennsylvania, e aveva conseguito un dottorato di ricerca alla Boston University, con una tesi intitolata “Un confronto tra le concezioni di Dio nel pensiero di Paul Tillich e Henry Nelson Wieman”.

Le riflessioni e l’attivismo civico di King erano fortemente radicati nella tradizione giudaico-cristiana e arricchiti dalla sua fede in Dio. Secondo l’autore e attivista J. B. Hill, “King resta uno dei leader religiosi più influenti del XX secolo. Il suo impegno ha avuto un impatto non solo sulla chiesa cristiana, ma anche sulla società americana e sulla comunità globale”.[2]

“Ho un sogno” 
La marcia su Washington, il 28 agosto 1963, ha rappresentato uno dei momenti emblematici dell’attività di King. Più di 200mila persone di colore (ma anche bianchi) si riunirono per chiedere pari diritti per tutti i cittadini americani. Sui gradini del Lincoln Memorial, King pronunciò il discorso celebre oggi come “I have a dream” [“Ho un sogno”, ndr).

“Ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivano un giorno in una nazione in cui non siano giudicati per il colore della loro pelle, ma per la qualità del loro carattere” disse King. Il suo sogno – che un giorno i figli degli schiavi e quelli dei loro padroni sapranno sedersi al tavolo della fratellanza – suscitò forti reazioni. James Reston, editorialista del New York Times, scrisse il giorno dopo: “Il dottor King ha toccato tutti i temi di oggi, solo meglio di chiunque altro. Era ricolmo di simbologia tratta da Lincoln e Gandhi e di citazioni della Bibbia”. Nello stesso anno, il magazine Time lo nominò “Uomo dell’anno”.

In cima alla montagna 
Come ogni personaggio pubblico e influente, Martin Luther King Jr. fu oggetto di controversie, contestato e accusato di non meritare la sua notorietà. Lo accusarono di avere legami con organizzazioni comuniste, che la sua tesi di dottorato fosse un plagio e che il discorso “I have a dream” fosse stato estrapolato dal sermone di un altro pastore afroamericano.

Al di là delle accuse più o meno dimostrate, King rimane una delle voci più importanti del XX secolo, una voce di vocazione cristiana. Il suo movimento per i diritti ha ispirato e dato forma poi alle proteste sociali e politiche in tutto il mondo. King ha sperimentato e promosso concetti come libertà, uguaglianza, giustizia e dignità umana, cercando di (ri)costruirli sulle fondamenta della Bibbia e della fede cristiana. “Proprio come i profeti dell’VIII secolo lasciarono i loro piccoli villaggi, portando il ‘così dice il Signore’ ben oltre i confini delle loro terre d’origine… anch’io” ha scritto King “sono tenuto a portare il vangelo della libertà lontano dalla mia semplice città natale”.[3]

Martin Luther King avviò la crociata per la libertà partendo dall’idea che Dio è l’Essere supremo che interviene nella storia umana perché Egli vuole il meglio per tutti gli uomini. Non è un Essere distante, sosteneva King, ma la “madre” e il “padre” degli orfani, un Dio che sta dalla parte delle persone che soffrono. La sua interpretazione del vangelo cristiano era edificata sulla prospettiva di chi soffre e di chi ha subito un torto. Il vangelo predicato da King si rivolgeva a bisogni sociali concreti. Dal suo punto di vista, Dio sceglie le persone come suoi agenti per il cambiamento dei singoli individui, della società e delle istituzioni.

Il 3 aprile 1968, King pronunciò il discorso “I’ve Been to the Mountaintop” [“Sono stato in cima alla montagna”, ndr], paragonandosi al profeta Mosè, che dalla cima di un monte vide la terra promessa e la speranza di un mondo migliore. “Stasera sono felice. Non sono preoccupato di nulla. Non temo nessun uomo. I miei occhi hanno visto la gloria della venuta del Signore” disse King.
Il giorno dopo fu ucciso con un colpo di fucile ma il vangelo della libertà gli sopravvisse, ridisegnando l’America.

Note 
[1] Quando aveva 6 anni, i suoi genitori gli cambiarono il nome da Michael a Martin.
[2] Johnny Bernard Hill, The Theology of Martin Luther King, Jr. and Desmond Mpilo Tutu, Palgrave Macmillan, 2007, pp. 51, 52.
[3] Citato in Jonathan Rieder, The Word of the Lord Is Upon Me, The Belknap Press of Harvard University Press, 2008, p. 1.

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio]

Condividi

Articoli recenti