Una riflessione sul percorso personale e professionale del celebre neurochirurgo. L’adolescenza turbolenta a Detroit, l’amore della madre, l’impegno nella chiesa avventista e un punto fermo: la gratitudine per il dono di mani “speciali”.

Jarrod Stackelroth – Una lama spezzata. Le mani tremanti. La mente annebbiata. “Avrei potuto ucciderlo.” La rabbia provata solo pochi istanti prima era scivolata via, le sue onde scure si erano ritirate, sostituite da un senso di vergogna travolgente e dal rimpianto.

A 14 anni, Bennie aveva quasi ucciso il suo migliore amico. Fortunatamente, quasi per caso il coltellino si era impigliato nella grande fibbia della cintura. Vide la sua vita come un flash davanti ai suoi occhi e pensò a cosa sarebbe potuto accadere se il coltello fosse affondato nella carne viva.

Una lama affilata. Le mani ferme. La mente chiara. “I tuoi figli vivranno”. La sua fronte si distende dopo che l’intensa concentrazione per un’operazione di 20 ore scivola via, sostituita da un senso di calma, una sensazione di soddisfazione travolgente.

Il dottor Ben, più adulto, più calmo e più saggio, ha appena salvato la vita di una persona, non per merito della fortuna, ma grazie a una pianificazione meticolosa, un’attenta conoscenza della sua equipe e del suo paziente, e grazie a un dono ricevuto da Dio: le sue “mani dotate”.

Ascoltando adesso il dottor Benjamin S. Carson, difficilmente penseremmo che quel medico dalla voce morbida ed eloquente fosse lo zimbello della classe, prima di diventare un adolescente arrabbiato e dalla parlantina intelligente. La sua voce è gentile e delicata. Le sue parole sembrano ben ponderate mentre illustra i rischi connessi all’intervento chirurgico e ne spiega i benefici.

Forse il neurochirurgo più famoso al mondo, Carson ne ha fatta di strada dalla sua infanzia nei quartieri poveri di Detroit. Dopo la laurea alla Yale University, a 33 anni è diventato direttore della neurochirurgia pediatrica del Johns Hopkins Medical Institutions di Baltimora, nel Maryland, Stati Uniti. Due scuole portano il suo nome, la Benjamin S. Carson Honors Preparatory Middle School e la Dr Benjamin Carson Academy of Science, con sede a Milwaukee, nel Wisconsin. Nel 2004, Carson è stato nominato membro del Consiglio del Presidente degli Stati Uniti per la bioetica. È autore di tredici libri, ha istituito un fondo per aiutare i bambini in difficoltà negli studi e interviene spesso nelle scuole, nelle chiese e in altre istituzioni in giro per il mondo.

Carson è rimasto radicato nella sua famiglia e nella sua fede, cosa che molti neurochirurghi hanno difficoltà a fare. In un’intervista rilasciata a Kim Lawton della Pbs, racconta di quanti chirurghi specializzati in diversi campi possono sviluppare un “complesso di dio”. “Entri in ambiti incredibilmente delicati che controllano l’esistenza di una persona, e devi avere un ego giusto per pensare di poterlo fare”, sostiene Carson.

E aggiunge: “Personalmente mi rendo conto da dove viene tutto. Tutte le cose buone provengono da Dio. Non posso davvero rivendicarne nessuna”.

Nella sua carriera medica, Carson ha vissuto alti e bassi. Ha acquisito una grande esperienza lavorando per un anno a Perth, in Australia, prima di finire la sua specializzazione. Operando al Johns Hopkins, l’ospedale in cui aveva sempre desiderato lavorare, ha raggiunto rapidamente il vertice nel suo campo, aprendo la strada a nuove tecniche e assumendosi dei rischi che altri medici spesso non sono disposti o non sono in grado di correre.

Probabilmente lo ricordiamo in particolare per il suo intervento di separazione di una coppia di gemelli siamesi. Nel 1987, Carson scrisse la storia della chirurgia separando i gemelli Binder che erano uniti nella parte posteriore della testa. Spesso, uno o entrambi i bambini legati in questo modo hanno probabilità di morire, ma l’intervento chirurgico, durato 22 ore, ebbe successo.

Nel 1997, separò i ragazzi Banda in Sudafrica. I due condividevano i principali vasi sanguigni nella parte posteriore del cranio. Fu un’operazione rischiosa che Carson preparò in anticipo su un tavolo di lavoro virtuale 3D computerizzato. Ci vollero 28 ore e un’equipe di 50 persone prima che l’intervento fosse concluso con successo.

Carson ha anche perfezionato, e riportato in uso, una tecnica chiamata emisferectomia, in cui un emisfero, metà del cervello, viene completamente rimosso. La tecnica ha salvato molti bambini che soffrivano di convulsioni gravi e frequenti. Una pratica che non funziona negli adulti, invece il cervello dei bambini può adattarsi: se si riscontra una certa debolezza residua sul lato asportato, le convulsioni di solito si arrestano e la vita del bambino non solo viene salvata, ma notevolmente migliorata.

Le cose, tuttavia, non vanno sempre nel modo giusto.

Nel 2003, le sorelle Bijani, di 29 anni, hanno chiesto di essere separate. Si è trattato di un intervento chirurgico rischioso per l’età delle donne. C’era una probabilità del 50% che l’operazione avesse, e Carson inizialmente era riluttante. Le due sorelle dichiararono che avrebbero preferito morire piuttosto che rimanere unite. Purtroppo non ce la fecero.

Il dott. Ben Carson è un avventista del settimo giorno impegnato e frequenta regolarmente la chiesa. Sua madre incontrò la donna che le fece conoscere la comunità quando era in ospedale per la nascita di Carson. La fede rappresentava un importante e forte pilastro per quella giovane madre single. Dio è parte integrante della vita di Carson e del suo lavoro da quando, all’età di 14 anni, comprese che il Signore può davvero cambiare l’esistenza. Dopo quell’episodio in cui era armato di coltello, Carson sapeva di avere un problema, un temperamento da lui definito “patologico”. Si chiuse in bagno per tre ore a leggere il libro biblico dei Proverbi, chiedendo intensamente a Dio di cambiare il suo atteggiamento. E il Signore lo fece.

“Ne fui molto grato” racconta il chirurgo “e ha davvero modificato la mia relazione con Dio: prima era il mio Padre in cielo, ora è diventato il mio padre terreno, visto che non ne avevo uno”.

Carson trascorre ancora del tempo, ogni giorno, a leggere i Proverbi. Vi è un aspetto piuttosto ironico nel suo amore per questo libro e nell’effetto che ha avuto sulla sua vita.

I Proverbi sono stati scritti dal re Salomone, considerato l’uomo più saggio che sia mai esistito, e Carson crede fermamente nella saggezza donata da Dio. Il secondo nome del neurochirurgo è proprio Solomon; inoltre, il primo evento che gli ha dato notorietà è stato la separazione di due gemelli siamesi. Uno dei primi gesti di Salomone come re d’Israele fu quello di suggerire di dividere un bambino conteso da due donne.

Carson crede fortemente che Dio gli doni il talento e la saggezza per compiere quello che fa. Prega prima di ogni intervento chirurgico e chiede alle famiglie dei suoi pazienti di fare altrettanto. “La mia ferma convinzione è che Dio abbia creato gli esseri umani e quindi conosce ogni aspetto del corpo umano” ha raccontato a Lawton nella sua intervista “Quindi, se voglio curare un corpo, devo solo rimanere in armonia con il Signore. E come si fa? Ti focalizzi sulle cose di Dio e cerchi di respingere dalla tua mente le cose che non lo sono”.

Carson ha avuto bisogno di tutta la sua fede nel 2002, quando gli è stato diagnosticato un cancro alla prostata, che sembrava essersi diffuso nel corpo. La prospettiva era grave ma lui, nonostante fosse scosso, lo ha accettato con dignità. Questa esperienza gli ha cambiato però la visione sulla vita. “Mi ha offerto una vera prospettiva… Ricordo che il giorno dopo la risonanza magnetica, camminavo nel mio giardino e mi sono accorto di così tanti aspetti che non avevo mai notato prima. La bellezza delle foglie sugli alberi, i fili d’erba e le incredibili sinfonie intonate dagli uccelli che non avevo mai ascoltato prima di allora… Penso di essere diventato più empatico perché quando si affronta la morte o delle esperienze orribili, si avverte un senso reale di come si sta. Quindi, penso sia stata una cosa positiva”.

La visione ottimistica di Carson sulla vita lo ha invitato ad abbracciare il rischio. Nel suo ultimo libro, Take the Risk (Rischiate), incoraggia i lettori ad accogliere il rischio nella propria esistenza in modo da non rinunciare al raggiungimento del proprio potenziale. “Penso sia saggio fermarsi con raziocinio” sostiene “e considerare quali sono i rischi, non solo su base giornaliera ma su base settimanale, mensile, annuale, esistenziale per pianificare la propria vita di conseguenza”.

Il dott. Carson è passato dall’essere un adolescente a rischio a un uomo che sa correre dei rischi per salvare vite umane. Ha capito che la chirurgia è un’attività in cui è capace, ma rimane in soggezione davanti all’opera di Dio. “È il cervello umano che dà personalità a un individuo e che ci distingue gli uni dagli altri. Non amo particolarmente tagliare il cervello. È qualcosa di così bello, perché sezionarlo?” riflette.

“Non sono nemmeno sicuro che mi piaccia la chirurgia, ma amo quello che è in grado di fare, ne apprezzo gli effetti. Mi piace poter dare alle persone una vita più longeva e di qualità”.

(Jarrod Stackelroth è redattore della rivista Signs of the Times Australia e vive a Sydney, in Australia, con sua moglie e il loro bambino. Una versione di questo articolo è apparsa per la prima volta sul sito web Signs of the Times Australia/New Zealand ed è ripubblicata dietro autorizzazione).

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio] 

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