La testimonianza di sir Doug Nicholls, partito da zero si è affermato come campione di football in Australia, fino a diventare pastore e attivista. Dentro e fuori dal campo, ha difeso la causa degli aborigeni, battendosi contro ogni ingiustizia e discriminazione

Braden Blyde – Gli sportivi sono spesso sulle pagine dei giornali più per le loro bravate fuori dal campo che per i loro risultati. Quindi, non è proprio una sorpresa che la più grande storia in arrivo dall’Australian Football League (Afl), la Federazione del football australiano (sport che si gioca con una palla ovale, ndr) non riguardi una finale emozionante o un giocatore straordinariamente abile. Anzi, secondo molti, l’eroe di questo racconto non avrebbe mai dovuto essere ricordato.

Sir Douglas Nicholls fu diffamato per la sua etnia, deriso per la sua altezza e trascurato da molti, nonostante i suoi successi. Eppure, non è mai esistito un uomo che abbia contribuito così tanto, dentro e fuori dal campo. Nicholls non è solo un’icona del football australiano, è molto più di questo. Il suo contributo al gioco, la cura per la comunità e il sostegno alla sua gente rappresentano davvero quella che forse è la più grande storia mai raccontata del football, se non addirittura della nazione.

Il ragazzo di Cummeragunga 
Nato nel 1906 a Cummeragunga, terra del popolo yorta yorta, l’infanzia di Nicholls fu un misto di libertà e traumi. Da ragazzo, trascorreva i pomeriggi ad affinare le sue abilità sportive senza scarpe, nel recinto per gli animali vicino alla missione indigena che lui e la sua famiglia chiamavano casa. Era l’epoca dell’Aborigines Protection Board (il Comitato per la protezione degli aborigeni, ndr) e delle numerose politiche oppressive del governo australiano. In questo luogo, Nicholls assistette all’allontanamento forzato di sua sorella da parte delle autorità governative. "Appena entrati hanno gettato in macchina le nostre ragazze senza pietà, con le loro madri aggrappate" ha ricordato “Vedo mia madre che si attacca a mia sorella sedicenne… L’hanno presa e gettata in auto”. La sorella fu mandata a Sydney come collaboratrice domestica. Alcuni anni dopo tornò incinta, prima di morire a soli 26 anni.

Il nipote di Nicholls, Gary Murray, ricorda questa esperienza straziante “che spinse il nonno a cercare di fare la cosa giusta per tutti”. All’età di 14 anni, Nicholls fu costretto a lasciare la casa e la scuola per trovare lavoro come operaio. Fu la mossa che alla fine aprì le porte al ragazzo appassionato di football, ma che lo ha anche esposto a una nuova serie di discriminazioni.

Un campione in tutto 
Alto solo 158 cm (il secondo uomo più basso che abbia mai giocato nella Afl), Nichols era muscoloso e velocissimo. Il suo atletismo naturale lo portò ad avere successo nella corsa, nel pugilato e nel football. "Era un campione in ogni cosa e allo stesso tempo" ricorda suo nipote Jason Tamiru “Per me è qualcosa di strabiliante".

Ma era il suo amore per la palla ovale che continuava a spingerlo in campo. Dopo essersi trasferito a Melbourne dalla regione di Victoria, Nicholls iniziò la sua carriera curando il campo del Northcote Football Club. Non passò molto tempo prima che il suo talento fosse notato. Gli venne chiesto di giocare nella squadra del Carlton. Giocò anche per il Fitzroy nel corso degli anni. Quando appese le scarpe al chiodo, era stato nominato due volte “Migliore giocatore” e aveva disputato tre finalissime, compresa quella del 1929 in cui la sua squadra vinse il campionato. A quel tempo, Nicholls era l’unico giocatore aborigeno, un fatto che attirò molta attenzione su di lui, in gran parte indesiderata e ingiustificata.

Una giornata buia 
In una vecchia registrazione in bianco e nero, sir Doug Nicholls riflette sul fatto che durante la sua carriera sportiva “non sono mai stato consapevole del colore della mia pelle. Sentivo di essere loro pari”. Probabilmente, il commento dice di più sul suo carattere che sulla realtà della sua esperienza nel football. Ci sono innumerevoli esempi di momenti in cui le parole e le azioni degli altri hanno ricordato a Nicholls che non lo consideravano uguale.

Un triste esempio è ciò che si verificò negli spogliatoi del Carlton dopo una partita. Nicholls aveva chiesto un massaggio, una cosa che veniva fatta a ogni giocatore per aiutarlo a recuperare, invece ricevette una risposta pungente: “No, non ti massaggeremo perché puzzi”. Sua figlia Pam Pederson ricorda: “Papà portò questo ricordo con sé per molto tempo, ma non ne parlava quasi mai. Doveva essere troppo triste". Negli ultimi anni, la squadra di calcio del Carlton ha riconosciuto i maltrattamenti avvenuti e ha cercato di fare ammenda. Ma per ogni affronto di cui si chiede scusa, probabilmente ce ne sono dieci o più che non sono stati scoperti.

Lotta per i diritti 
Dopo la sua carriera nel football, Nicholls divenne pastore dell’Aboriginal Mission Church di North Fitzroy (sobborgo di Melbourne, ndr), dove predicò chiari messaggi cristiani. Le sue congregazioni avevano un’unica visione: come popolo di fede, tutti dovrebbero dare un contributo alla comunità. Ed era un messaggio che predicava ancora di più con le azioni. Il trauma della sua infanzia, insieme alle esperienze di discriminazione subite durate tutta la vita, lo avevano portato a impegnarsi nelle questioni degli aborigeni.

Suo nipote, Gary Murray, ricorda che Nicholls diceva: "Per ottenere una melodia da un pianoforte puoi suonare le note bianche e puoi suonare le note nere, ma per ottenere l’armonia devi suonarle entrambe".

Era un messaggio che l’Australia aveva bisogno di sentire. Nicholls, insieme a sua moglie, lady Gladys Nicholls, trascorse mesi viaggiando in Australia per sostenere la propria gente e per difendere i diritti degli aborigeni. Non c’è dubbio che la coppia abbia svolto un ruolo fondamentale nell’assicurarsi uno schiacciante sostegno pubblico al referendum del 1967 in cui il 90% degli australiani votò “Sì” per i diritti degli indigeni.

Lady Gladys fu determinante anche nel portare sotto i riflettori la questione aborigena. Tra le altre cose, fu tra le fondatrici del Consiglio nazionale delle donne aborigene e isolane, e fondò un ostello per ragazze aborigene a Northcote (ora Lady Gladys Nicholls Hostel).

I coniugi Nicholls hanno lavorato insieme, instancabilmente, per migliorare le condizioni della loro gente a Melbourne, nello stato del Victoria e in tutto il Paese. E la loro eredità sopravvive ancora oggi.

Tutto ciò che uno sportivo dovrebbe essere 
Sebbene sir Doug Nicholls sia spesso definito un “giocatore di football”, ciò minimizza moltissimo quello che quest’uomo ha fatto, detto e rappresentato.

È stato un pastore, un attivista e il primo governatore dello stato aborigeno dell’Australia meridionale (per poco tempo, dal 1° dicembre 1976 al 30 aprile 1977, ndt). Ha incontrato il papa, è stato il re di Moomba e rimane l’unico giocatore di football australiano a essere stato nominato cavaliere.

Ogni anno, la Lega del football australiano (Afl) rende omaggio a questo grande uomo e calciatore ospitando la partita dedicata a sir Doug Nicholls.

Sebbene Nicholls fosse un campione a pieno titolo, la sua vita ha dimostrato che la vera grandezza travalica il semplice atletismo.

Fino al giorno della sua scomparsa nel 1988, Nicholls è rimasto un faro di vita e di speranza per molte persone, aborigene e non aborigene. I suoi amici e la sua famiglia ricordano che, anche durante la vecchiaia, la gente veniva solo per stringergli la mano. "Non appena gli stringevi la mano, eri a posto" dice Gary Murray “Sapevi di essere al sicuro. Eri con un uomo di cultura, un uomo di Dio, e questo era davvero importante per la gente”.

Dentro e fuori dal campo, sir Doug Nicholls incarnava un vero campione. Perseguiva l’eccellenza personale, serviva con tutto il cuore e resisteva a testa alta di fronte all’ingiustizia.

Sua figlia, Pam Pederson, forse ha riassunto al meglio la sua eredità quando ha detto: "Era tutto ciò che uno sportivo dovrebbe essere: era perfetto".

(Braden Blyde è un giornalista freelance di Adelaide, nell’Australia meridionale. Una versione di questo articolo è apparsa per la prima volta sul sito web Signs of the Times Australia/Nuova Zelanda ed è stata ripubblicata dietro autorizzazione).

Tutte le citazioni sono tratte da Amnesty International.

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio] 

 

 

 

 

 

 

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