img_8737Un’interessante indagine analizza coesione sociale dei figli delle varie migrazioni giunte in Italia.

Claudio Paravati/Riforma.it – Presentata il 21 marzo a Roma, presso il Centro nazionale delle ricerche (CNR) la ricerca ISTAT sull’integrazione scolastica e sociale delle seconde generazioni in Italia. Un’indagine cofinanziata dall’Unione europea e dal Ministero dell’Interno, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), che ci mostra una mappatura aggiornata delle giovani generazioni figlie dell’immigrazione: chi è nato in Italia si sente italiano.

Quanti sono? Quanti nati in Italia? Come vanno a scuola e quali amici frequentano i figli della migrazione che vivono oggi nel Paese? È  un tema, quello delle generazioni “seconde” (ovvero i minori che hanno cittadinanza straniera e vivono in Italia) che da tempo richiede attenzione: da parte della politica, della scuola e della società. Solo di qualche mese fa la prima revisione, parziale, dello “ius sanguinis” italiano, ora divenuto “temperato”, nella faticosa tensione verso una maggiore integrazione di questa generazione, costretta seppure nata in Italia, a rinnovare, per fare solo un esempio, anno dopo anno il permesso di soggiorno sino al raggiungimento della maggiore età.

La ricerca dell’ISTAT, promossa con l’Unione europea, il Ministero dell’Interno e in collaborazione con il MIUR, consegna finalmente dati aggiornati su cui ragionare. Sono state prese come campione 1.427 scuole secondarie (di primo e secondo grado) statali su tutto il territorio nazionale con almeno 5 alunni stranieri. Come prevede la normativa italiana, sono stati considerati stranieri i ragazzi nati in Italia da genitori stranieri (poiché sprovvisti di cittadinanza italiana); quelli nati all’estero, e che hanno acquisito la cittadinanza italiana, sono stati considerati naturalmente italiani.

Vediamo alcuni dati significativi: gli iscritti alle scuole secondarie sono in Italia 148mila (primo grado) e 157mila (secondo grado). Sul complessivo della popolazione scolastica si parla di un’incidenza del 9,2 per cento. Bambini e ragazzini che sono nati in Italia (30,4 per cento), sono arrivati in Italia prima dei 6 anni (23,5 per cento), tra i 6 e i 10 anni (26,2 per cento), a 11 anni o più (19,9 per cento). Poco meno della metà degli alunni nati all’estero vengono inseriti nella classe corrispondente alla propria età; quasi il 40 per cento, invece, è iscritto nella classe precedente. Poco meno di uno su tre dichiara di aver dovuto ripetere uno o più anni scolastici, mentre chi è nato in Italia ha un quota di ripetenti vicina alla media nazionale degli italiani (intorno al 15 per cento).

L’andamento scolastico? Mezzo punto in meno, di media, in italiano e matematica (scuole secondarie) per gli studenti stranieri, con le dovute eccezioni: per esempio i ragazzi cinesi hanno voti superiori alla media in matematica. E quando suona la campanella? Il 21,6 per cento dei ragazzi stranieri delle scuole secondarie di primo grado dichiara di non frequentare i compagni di scuola, contro il 9,3 per cento degli studenti italiani. Il 13,8 per cento degli alunni stranieri dichiara di frequentare solamente compagni stranieri, connazionali o con cittadinanze diverse dalla propria.

Alla domanda: vi sentite italiani? Risponde di sì il 38 per cento; il 33 per cento si sente straniero e il 29 per cento preferisce non rispondere. Tra i ragazzi arrivati dopo i 10 anni, quasi il 53 per cento si sente straniero, a fronte del 17 per cento che dichiara di sentirsi italiano. Tra coloro che sono nati in Italia, la percentuale si capovolge: si sente straniero il 23,7 per cento, mentre il 47,5 per cento si sente italiano.

Anche docenti e dirigenti scolastici sono stati intervistati nell’ambito della ricerca e ne risulta una maggiore consapevolezza rispetto al passato (73,1 per cento dei dirigenti lo dichiara) della necessità di programmare adeguate strategie per un inserimento positivo dei ragazzi stranieri. Tra i docenti il 20,6 per cento ritiene che il livello di integrazione sia ottimo e il 70,7 per cento che sia buono. L’aumento della presenza di alunni stranieri nella scuola è visto positivamente dal 74,4 per cento dei docenti. Gli aspetti problematici messi in luce sono le difficoltà linguistiche (evidenziate dall’89,2 per cento degli insegnanti delle scuole secondarie).

Il futuro: quasi la metà tanto degli stranieri che degli italiani vede il proprio futuro in uno stato estero e non in Italia (46,5 per cento degli stranieri, 42,6 per cento degli italiani). Indipendentemente dalla cittadinanza, il paese che attira maggiormente i giovani sono gli Stati Uniti d’America (31,9 per cento tra gli italiani, 30,1 per cento tra gli stranieri); seguono Regno Unito e Germania.

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