La Chiesa avventista lo celebra il 15 giugno.

HopeMedia Italia – Nel 2019, venti persone al minuto sono costrette a lasciare tutto per sfuggire da guerra, violenza e persecuzione. Se si riunissero tutti i rifugiati e gli sfollati in un solo luogo, formerebbero il ventesimo Paese più grande del mondo per popolazione. Nessuno di loro, molti sono bambini, ha scelto la vita che sono stati costretti a seguire.

Eppure, non sono tutte brutte notizie, affermano dalle sedi avventiste europee (Eud e Ted) . Chiese, individui e organizzazioni umanitarie, sostenute da donazioni, fondi economici e governativi, offrono assistenza ai rifugiati, facendoli sentire accolti e aiutandoli ad ambientarsi nella nuova sistemazione. In altre parole, offrono speranza.

“È questa la gioia che abbiamo trovato in tanta sofferenza” dicono da Adra Europa “Negli ultimi quattro anni, abbiamo seguito i rifugiati nei loro viaggi spesso difficili e pericolosi. Hanno attraversato continenti, deserti e mari pericolosi, esposti agli abusi dei trafficanti e, a volte, degli abitanti di quei territori che attraversano. Raccontiamo le loro storie dal 2016. E lo faremo anche quest’anno».

Il 15 giugno è il sabato del rifugiato, celebrato dalle chiese avventiste in tutto il mondo in concomitanza con la Giornata mondiale delle Nazioni Unite, che ricorre il 20 giugno. “Sarà un’occasione di sensibilizzazione e anche di azione” auspica Dag Pontvik, direttore di Adra Italia.

Il tema della giornata è l’ospitalità, “perché alcuni praticandola, senza saperlo, hanno ospitato angeli”, ricorda il testo di Ebrei 13:2. Il focus sarà sulle migliaia di persone che hanno accolto gli stranieri. “Quest’anno ci concentreremo sui Paesi di destinazione, le terre in cui i rifugiati si stabiliscono o vogliono stabilirsi, e racconteremo storie di speranza, guarigione e accettazione che stanno cambiando la vita di milioni di sfollati” affermano gli organizzatori “racconteremo come singole persone, comunità e chiese aiutano i rifugiati a stabilirsi nelle nuove aree, a imparare la lingua, a seguire corsi di istruzione, ad adattarsi alle nuove culture e a imparare a valorizzare la terra che ora possono chiamare ‘casa’”.

In quanto cristiani, possiamo usare questo sabato per ricordare la forza, il coraggio e la perseveranza di milioni di persone rifugiate, ma anche per capire in che modo possiamo essere coinvolti nell’accoglienza proprio come Cristo si è preso cura dello straniero, dell’emarginato e del diseredato durante il suo ministero terreno.

L’ospitalità è un promemoria di grazia e benedizione sia per chi la riceve, sia per chi la dona. “Non ci sono cittadini della città di Dio che prima non siano arrivati alle sue porte come rifugiati” – James K. A. Smith.

Condividi

Articoli recenti