Potrebbe apparire un rituale superfluo, tramandato di generazione in generazione; una formula recitata meccanicamente. Eppure, la preghiera prima di mangiare può rappresentare un vero e proprio esercizio spirituale.

Carmen Lăiu – La sensazione di sazietà è stata un lusso per la maggior parte delle persone durante quasi tutta la storia dell’umanità, afferma l’oncologo Ezekiel Emanuel, sottolineando che basterebbe solo questo motivo per convincerci di pregare prima di mangiare. Il medico ebreo racconta di aver cresciuto i suoi figli in questo modo, ringraziando per ogni pasto condiviso, e come abbia sentito un vuoto quando i suoi figli sono cresciuti e si sono allontanati, rendendo sempre più rare le opportunità di pregare prima di mangiare. Quindi, quando è andato al ristorante con gli amici, non ha perso l’occasione di esprimere gratitudine per l’abbondanza di cibo (cosa che non è accessibile a tutti gli abitanti del nostro pianeta, nemmeno nel XXI secolo).

Dire grazie prima dei pasti è una pratica diffusa negli Stati Uniti, come dimostra un sondaggio condotto dal Washington Post e dalla Kaiser Family Foundation. Quasi la metà degli americani dedica circa un minuto alla preghiera prima di mangiare; questa percentuale sorprendentemente riguarda gli americani del Nord e del Sud, aree urbane e rurali, cattolici e protestanti, democratici e repubblicani.

In effetti, la breve preghiera è "un modo potente per ricordare a te stesso che non sei autosufficiente, che vivi per grazia di qualcuno, che molte altre persone che lavorano tanto quanto te non hanno nulla da mangiare", commenta il pastore Tim Keller, riassumendo alcuni dei motivi per cui persone di fede diversa si avvicinano ancora alla loro tavola, imbandita o meno, con la testa china e le mani giunte in preghiera.

La preghiera dei pasti che esprime gratitudine 
L’uomo moderno ha perso la vera gioia di mangiare (e cucinare), sviluppando una relazione squilibrata con il cibo, afferma Tracie Abram, educatrice alla salute. Ci concentriamo sempre meno sul contenuto del nostro piatto: non consentiamo agli occhi di trovare piacere nella gamma di colori, né lasciamo che le papille gustative assaporino a lungo ogni boccone. E dal momento che perdiamo la gioia di guardare, annusare e masticare accuratamente, compensiamo con le dimensioni delle porzioni e il conteggio delle calorie. Il cibo è considerato un dato di fatto, e l’atto di mangiare si fonde con (o è addirittura inghiottito da) altre attività quotidiane più o meno importanti. 

Cosa accadrebbe se ci prendessimo del tempo per capire quanto siamo fortunati a non preoccuparci di cosa mangeremo o se avremo cibo per il prossimo pasto?

Immagina la gratitudine che proveresti per una sola fetta di pane se dovessi togliere l’erba e arare il campo, seminare e raccogliere il grano, macinare e setacciare la farina, tagliare e bruciare la legna per cuocere il pane, dice Tracie Abram. Anche se per molte persone questo resta solo un esercizio di immaginazione, dal momento che i loro alimenti provengono in gran parte dagli scaffali dei negozi, il dato di fatto che abbiamo a disposizione un pasto abbondante, al punto da non lasciarci affamati, è di per sé un grande motivo di gratitudine.

Anne-Marie Dole è abituata a pregare prima di mangiare e ammette che a volte le parole della preghiera scivolano giù insieme alle lacrime. Dole, 56 anni, un tempo era addestratrice professionista di cavalli; purtroppo, un incidente d’auto l’ha relegata su una sedia a rotelle per il resto della sua vita. “Esprimo solo gratitudine a Dio perché ho del cibo. Sai, è una cosa orribile soffrire la fame", dice mentre racconta di sapere per esperienza cosa significa non avere da mangiare.

La preghiera dell’ora dei pasti è l’attimo che ci prendiamo per esprimere la nostra gratitudine per il cibo che abbiamo. I nostri pasti abbondanti rientrano in quei buoni doni che l’apostolo Giacomo afferma provengano da un’unica fonte: “Ogni cosa buona e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre degli astri luminosi presso il quale non c’è variazione né ombra di mutamento” (Giacomo 1:17).

Fare una pausa prima di mangiare, anche solo per pochi secondi, e ringraziare Dio per il cibo vuol dire ricordare che è il Signore a provvedere. A volte, siamo accecati dal dolore nel mondo, ma dobbiamo spalancare gli occhi per scorgere tutta la bontà che ci circonda, ammette lo scrittore Cole Douglas Claybourn. Occorre assaporare questo dono essenziale che riceviamo ogni giorno, così come dobbiamo trovare pace nella promessa che Dio si prenderà cura dei nostri bisogni essenziali se lo cercheremo prima di ogni altra cosa.

La preghiera ai pasti è anche un esercizio di umiltà, dice il pastore Erik Raymond. Sono quei momenti in cui riconosciamo di non essere Dio, di non poter controllare le circostanze. Sono istanti in cui freniamo "il nostro sfoggio di autosufficienza" e osserviamo le cose dalla giusta prospettiva.

Preghiera e apostasia durante i pasti 
Molti dei partecipanti al sondaggio del Washington Post e della Kaiser Family Foundation hanno dichiarato di aver preso sul serio la preghiera all’ora dei pasti quando avevano dei bambini, perché volevano instillare in loro la pratica della preghiera.

Nessuno è così ingenuo da credere che la preghiera durante i pasti impedisca a qualcuno di perdere la fede. Il pastore Erik Raymond confessa di credere che il ruolo di questa pratica sia più significativo di quanto siamo soliti pensare, anche quando si tratta di evitare l’apostasia, il rinnegamento della propria religiosità. Da un lato, sostiene Raymond, l’ingratitudine è indubbiamente il segno di un cuore scettico (cfr. Romani 1:21), e trascurare di avere un posto per Dio nella nostra coscienza ha gravi conseguenze (cfr. Romani 1:28).

In due decenni di ministero, durante i quali ha ascoltato molte preghiere al momento dei pasti, il pastore Raymond ha affermato di essere riuscito a discernere alcuni indizi sullo stato spirituale di una persona anche da quelle poche parole pronunciate prima di mangiare. A volte, era seduto con qualcuno che aveva ringraziato Dio per il pasto in un tale modo da farlo sentire benedetto. Ma altre volte, aveva avvertito il declino spirituale di una persona dal modo meccanico in cui pregava o dalla riluttanza a farlo. La sua conclusione è che la preghiera ha un effetto essenziale, quello di connetterci al Dio che dona ogni cosa buona, quindi, non dovrebbe essere trascurata in nessuna circostanza, non importa quanto semplice possa sembrare.

La preghiera, una chiave per la testimonianza cristiana 
Scrivendo della vita di preghiera di Gesù, l’autrice Ellen G. White sottolinea la stretta connessione di Cristo con il Padre: "… anche Cristo, durante il suo servizio terreno, chiese al Padre di rinnovare quotidianamente il dono della grazia. Da questa intima comunione con Dio, Gesù ricevette la forza per aiutare e benedire gli altri".

La Bibbia ci mostra che Gesù si fermava a pregare prima dei pasti, sia che fosse con i suoi discepoli sia che si rivolgesse a una folla. Prima di nutrire le cinquemila persone venute ad ascoltarlo, “prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, li benedisse; spezzò i pani…” (Matteo 14:19, ND). A tavola con i due discepoli che aveva accompagnato come uno straniero sulla strada per Emmaus, "prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro" (Luca 24:30, Cei).

Quando preghiamo, seguiamo semplicemente l’esempio di Gesù. Allo stesso tempo, la preghiera per i pasti può anche rappresentare una forma di testimonianza, anche se non è il suo obiettivo primario.

La preghiera prima di mangiare in un luogo pubblico costituisce una "testimonianza dirompente", afferma il professore cristiano Alan Noble che ammette di essersi spesso sentito a disagio in situazioni come quelle. Il disagio è qualcosa che molti cristiani possono provare quando cenano in un ristorante o in un altro ambiente pubblico. In una società laica, la preghiera è vista come un atto religioso intimo, meglio se praticato a casa o in chiesa. Pertanto, nella sfera pubblica, diventa una testimonianza che si oppone all’idea di dover esprimere in modo discreto la nostra fede in quanto scelta personale, qualcosa che nascondiamo nella nostra vita esteriore. Se da un lato non dovremmo pregare in pubblico solo per essere visti, per scioccare o mettere a disagio gli altri, evitare la preghiera semplicemente perché non è considerata una pratica socialmente desiderabile significa arrendersi alle idee imposte dalla laicità, evidenzia il professor Noble.

La "stranezza" della preghiera all’ora dei pasti deriva dal fatto che contraddice la prospettiva materialistica, aggiunge Noble. In una società in cui alcuni danno il cibo per scontato e altri vedono nella sua produzione l’ingegnosità umana, che è riuscita a rendere disponibile una vasta gamma di prodotti alimentari su larga scala e a costi ragionevoli, la preghiera di gratitudine propone una visione completamente diversa: i nostri pasti provengono dalla mano di Dio, sono il suo dono per noi. Perciò, quando ci fermiamo a ringraziare per il cibo, quello che stiamo compiendo è riconoscere (e trasmettere) il fatto che al di là dell’imballaggio, della tecnologia e dell’efficienza umana, vi è la potenza di Dio che sostiene tutto.

Sottolineando la riluttanza di molti cristiani a pregare in presenza degli ospiti, l’autrice cristiana Megan Hill afferma che la preghiera dovrebbe essere parte integrante dell’ospitalità cristiana. Se i nostri ospiti sono credenti, allora pregare insieme è un dono che offriamo loro: dà la sensazione di essere a casa quando sono lontani dalla loro. Dall’altra parte, se abbiamo ospiti che non hanno familiarità con la preghiera, invitarli a partecipare ai nostri regolari momenti di lode e ringraziamento è un modo per mostrare la stessa cura per i loro bisogni spirituali oltre che per quelli fisici. Nell’intimità delle nostre case, la preghiera può comunicare in modo convincente le priorità nel cuore di un cristiano, dimostrando che tutto ciò che possediamo e tutto ciò che siamo non è dovuto alle nostre capacità ma alla grazia di Dio.

 Megan Hill sostiene che le preghiere di Stefano martire (cfr. Atti 7:58-60) devono aver echeggiato nelle orecchie dell’apostolo Paolo fino alla sua conversione, proprio come le preghiere di Paolo hanno suscitato il desiderio del carceriere di Filippi di saperne di più su Dio (cfr. Atti 16:25-34). E Ci incoraggia a pregare più spesso insieme ai nostri ospiti.

In definitiva, il viaggio dalla tavola imbandita di oggi al banchetto nuziale dell’Agnello (cfr. Apocalisse 19:9) per qualcuno può iniziare proprio da qui, con il gentile mormorio di una preghiera di ringraziamento.

(Carmen Lăiu è redattrice di Signs of the Times Romania e ST Network).

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio]

 

 

 

 

 

 

 

 

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