La frustrazione e la collera, che segnano la nostra epoca ogni giorno di più, possono essere trasformate in una forza positiva, trasformativa, volta alla pace.

Bruce Manners – “Perché tutti sono sempre così arrabbiati per ogni cosa?”. Questo è il titolo di un articolo del Sydney Morning Herald a cura di Waleed Aly, giornalista e accademico. La domanda è stata twittata in origine da Sally, una telespettatrice del Question Time della Bbc.

“Com’era prevedibile” evidenzia Aly “quel tweet ha scatenato un carico di rabbia; chi ha risposto sogghignava per l’uso eccessivo delle virgole da parte di Sally”.

Nel frattempo, si è registrato un aumento esponenziale di avvisi da parte degli esercizi commerciali che invitano a trattare il personale con rispetto: tutto il resto “non sarà tollerato”. Damien Venuto del New Zealand Herald scrive a proposito di cartelli affissi nei ristoranti e negli ospedali nei quali “si implorano i visitatori a essere gentili con i dipendenti. Una richiesta che sarebbe sembrata del tutto inutile in Nuova Zelanda solo pochi anni fa”.

Si tratta di un problema a livello mondiale. Se visitate il Parco Nazionale di Yellowstone negli Stati Uniti e soggiornate all’Old Faithful Inn, nella hall troverete degli avvisi che annunciano: “Una buona natura. Siamo tutti d’accordo su questo. Così sono anche i nostri fidati collaboratori”. Poi in grassetto: “Per favore, siate gentili con loro”.

Che i soprusi siano reali l’ho capito quando mia moglie ed io abbiamo fatto shopping a Melbourne, durante i saldi del Boxing Day (nella tradizione inglese, il giorno successivo al Natale, dedicato agli acquisti di fine stagione, ndr). Dopo l’acquisto siamo rimasti sorpresi quando la commessa ci ha ringraziato per “essere stati gentili”.

Le abbiamo chiesto il motivo della sua affermazione. “È stato terribile. Oggi è arrivata una donna per un reso e mi ha detto non solo che non lo voleva, ma che avevo rovinato il Natale della sua famiglia”.

La rabbia può renderci irrazionali e farci dire e compiere cose stupide.

Cosa ci fa arrabbiare così tanto?
A essere onesti, c’è molto per cui essere arrabbiati. Cominciamo dalla politica. Gli Stati Uniti forse sono i primi nella classifica della rabbia in campo politico e Steven Webster, autore del libro American Rage: How Anger Shapes Our Politics (La rabbia americana: come modella la nostra politica), avverte che “incitare la collera degli elettori aiuta i candidati a vincere le elezioni, [ma la ricerca] mostra che l’effetto della rabbia dura più a lungo del momento del voto. E questo può avere gravi conseguenze per la salute a lungo termine della democrazia americana”.

In Australia, la nostra politica è diventata più rabbiosa. Nello Stato di Victoria, il premier Dan Andrews è diventato “Dan il dittatore” durante la pandemia di Covid-19, con marce in strada per denunciare molte delle decisioni che erano state prese. In Nuova Zelanda, l’articolo di Damien Venuto s’intitola “Armi, rabbia e razzismo: la Nuova Zelanda è diventata una nazione arrabbiata?“.

Dobbiamo riconoscere che il Covid-19 ha rappresentato un fattore mondiale che ha innalzato il livello di rabbia, in particolare quando i leader hanno imposto le chiusure e l’uso delle mascherine. I viaggi erano limitati, così come i contatti con gli altri. La tragedia dei pazienti anziani deceduti senza la presenza dei familiari, ne è un esempio lampante.

Eric Lonergan e Mark Blyth, nel loro libro Angrynomics, suggeriscono che nella nostra epoca “diamo semplicemente per scontato di vivere in un mondo arrabbiato. Ormai, questa è la più comune delle saggezze convenzionali, la spiegazione agli eventi globali. ‘Beh, la gente è molto arrabbiata in Germania, Austria, Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Indonesia, Hong Kong…’. E non solo ognuno è evidentemente irritato, ma ciascuno dà per scontato che ne capiamo il motivo”.

In economia, “l’emozione umana più potente” diventa angry-nomics quando “il sistema si infrange ed espone linee di rottura rimaste coperte per tanto tempo”. Gli autori sostengono che la nostra “economia politica ha dato origine alla collera: rabbia pubblica, sdegno morale e ira tribale”, soprattutto quando le nostre finanze ci mettono in difficoltà.

Essere arrabbiati in modo positivo
Uno studio condotto sui giocatori dell’Associazione nazionale di pallacanestro (Nba) negli Stati Uniti ha analizzato l’impatto di un fallo detto clear path foul. Questo fallo consiste nel contatto o nel blocco intenzionale da parte di un giocatore poco prima che l’avversario effettui un tiro al canestro libero e senza ostacoli. Un colpo facile.

Non riuscire a tirare è frustrante. Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che la frustrazione, e la rabbia, di subire un fallo in quel modo, aumentava la loro precisione. I giocatori avevano maggiori probabilità di segnare dopo questo tipo di fallo rispetto ad altri tiri liberi.

Un’analisi di 8.467 tiri effettuati da giocatori della Lega nazionale di hockey ha rilevato che gli atleti “indignati per un fallo di gioco” avevano più probabilità di segnare dopo una penalità che durante uno shootout a fine partita (nell’hockey su ghiaccio, lo shootout è eseguito partendo dal centro della pista: l’attaccante, fronteggiato dal portiere dell’altra squadra, dispone di un solo tiro per segnare. Fonte: Wikipedia, ndr)

Nel suo studio, David Robson afferma: “Almeno in queste circostanze, il senso di ingiustizia affinava la determinazione dello sportivo e incrementava la sua prestazione”. Robson racconta anche di un “esperimento perfido” che iniziava chiedendo ai partecipanti di trovare delle parole da una serie di 21 anagrammi di cinque lettere. Si trattava di un test di intelligenza verbale.

Ecco un paio di anagrammi dell’esperimento: Oneci e Acelo. Questi due anagrammi erano tra i primi sette, tutti impossibili da risolvere: da essi non si poteva ricavare alcuna parola inglese. Il test riguardava proprio l’effetto del “fallimento” su umore e motivazione.
“Le persone più arrabbiate erano quelle più perseveranti durante il compito. Invece di farli mollare, il disappunto sembrava dar loro energia, in modo da renderli più tenaci a ogni rompicapo successivo”. La frustrazione e la rabbia possono essere trasformate in una forza positiva. Tutti noi possiamo essere arrabbiati in modo positivo.

Abbattere i muri 
Diane Dreher scrive a proposito della politica polarizzante durante e dopo le elezioni del 2016 negli Stati Uniti. “Troppi repubblicani e democratici si considerano nemici, il che porta a sospetti, ostilità, persino violenza”.

Bill Doherty, psicologo dell’Università del Minnesota, ha notato che i membri dei due partiti politici assomigliano ai “genitori in una famiglia”. repubblicani e democratici “non possono semplicemente allontanarsi gli uni dagli altri” ha detto. Nessuno dei due può “divorziare” e trasferirsi in un altro Paese.
Inoltre, i social media, e quelli che Doherty ha definito gli “imprenditori del conflitto”, gente che si guadagna da vivere usando vari megafoni per dirci che le persone dall’altra parte sono malvagie e non ci si può fidare” hanno enfatizzato le diversità.

Dopo le elezioni, Doherty ha invitato dieci elettori di Hillary Clinton e dieci di Donald Trump a un seminario di un fine settimana per “parlare tra loro, non solo l’uno dell’altro”. Il workshop ha avuto un tale successo che il gruppo ha iniziato a programmare di incontrarsi ancora.

Durante un altro seminario in cui i partecipanti erano etichettati come “rossi” o “blu”, a seconda del loro orientamento politico, Doherty si è fatto raccontare da uno di questi di aver parlato con un “rosso” che aveva detto qualcosa che non condivideva. Gli rispose: ‘Sai, io sono un ‘blu’. Non sono d’accordo con quello che hai affermato. Ma le persone potenti là fuori vogliono che ci odiamo a vicenda. Non facciamolo”.

Si può essere in disaccordo senza essere spiacevoli.

La sfida della rabbia 
Charles Duhigg, giornalista e autore vincitore del premio Pulitzer, sottolinea: “Quando esaminiamo le fonti della nostra rabbia, dovremmo vedere chiaramente che essa è spesso alimentata non per trarre un nostro beneficio, ma per quello di qualcun altro”. Duhigg suggerisce che quando scopriamo “le motivazioni personali dei ‘mercanti di rabbia’, forse possiamo iniziare ad allentarne la presa su di noi”.

Purtroppo, “il tenore della nostra collera si è modificato” ed è diventato un “battito costante nella nostra vita”, rivolto più che altro a “gruppi distanti, facili da demonizzare” e che non possono difendersi.

Duhigg auspica una via migliore e fa riferimento a un discorso di Martin Luther King del 1968, quando si rivolse alla platea della Carnegie Hall dicendo: “Non basta che la gente sia arrabbiata”. Parlava di W.E.B. Du Bois, considerato uno degli intellettuali neri più significativi della sua epoca e che, secondo King, “è stato un radicale arrabbiato per tutta la sua vita”. “Aveva chiamato furiosamente alla resistenza. Ma aveva anche cercato di trasformare i suoi nemici in alleati. Era andato oltre la sua rabbia nella speranza di trovare la pace”. Tuttavia, aggiunse King, non si accontentò di manifestare questa ira per la sua liberazione personale e poi ritirarsi dalla scena. “Il compito massimo sta nell’organizzare e unire le persone in modo che la loro rabbia diventi una forza trasformatrice”.

Questa sì che è una sfida! Prendere la nostra rabbia e indirizzarla verso qualcosa che sia unificante e capace di trasformare.

Waleed Aly ammette che la rabbia, la collera o anche l’indignazione “sono tratti così comuni della nostra epoca perché catturano qualcosa della verità. Eppure, anche a loro sfugge qualcosa. Le persone si sono sempre arrabbiate con i propri cari, ma sono rimaste amate”. Sembra non essere più così. Oggi l’amore e il rispetto scarseggiano dentro le famiglie, la collettività e la società. “Loro” hanno bisogno di infonderlo di nuovo. Sappiamo bene che “loro” non lo faranno, ma tutti “noi”, voi ed io, abbiamo il potere di agire nelle nostre rispettive sfere di azione. Chissà cosa può uscirne da lì?
Siete pronti per la sfida?

(Bruce Manners è autore e pastore in pensione. Questo articolo è apparso per la prima volta sul sito web di Signs of the Times Australia/Nuova Zelanda ed è ripubblicato qui con autorizzazione).

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio] 

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