Pubblichiamo l’articolo che Il Momento, periodico della curia di Forlì, ha dedicato a Rolando Rizzo, pastore avventista emerito e scrittore, dopo la sua scomparsa.

“Non solo la chiesa avventista, fortemente radicata nella realtà forlivese con il dono della sua spiritualità e dei preziosi servizi offerti fino dal 1984 agli anziani con “Casa Mia”, ma tutta la comunità locale hanno motivi di gratitudine per la testimonianza cristiana, civile e umana che ha offerto per sedici anni a Forlì e in Romagna il pastore emerito Rolando Rizzo, morto il 14 marzo”.

Nato ottanta anni fa a Rossano Calabro, ha svolto gli studi a Villa Aurora di Firenze, dove è stato per anni professore di teologia pratica nella facoltà teologica avventista. Non è mai stato chiuso nella “torre d’avorio” della teologia ma, da vero teologo, è stato anche in dialogo operoso con il mondo.
Tanti i saggi e le conferenze apprezzate in tutto il Paese, ma non sono stati meno vitali i frutti e le opere del suo multiforme impegno. Nel decennio della sua intensa e feconda collaborazione all’attività del circolo Acli “Oscar Romero” (poi socio anche del circolo “Lamberto Valli”), ho potuto conoscerne a fondo la ricchezza umana e culturale. E la tensione per il bene comune, inseparabile per lui da valori come la libertà, la democrazia, la giustizia sociale e la pace.

Nel periodo forlivese è emerso anche tutto il suo talento di narratore. Fra i vari romanzi degni di menzione, ricordo la particolare bellezza de “Il mulino sul Colognati”, che ha tutto il profumo e la valigia di ricordi della sua fanciullezza nella terra di origine. Particolarmente belli, inoltre, i racconti di “Cieli tamarri” (2014). Dello stesso anno è la produzione poetica raccolta nel libro “Il nulla e l’incanto”, dedicato ai migranti.

Con don Erio, con padre Florin (illuminato parroco della chiesa ortodossa romena di Forli) e con alcuni laici, Rolando Rizzo è stato uno dei pilastri del circolo Acli “Oscar Romero”, particolarmente impegnato nel dialogo ecumenico, in quello interreligioso e anche nel confronto con chi, “per la difficoltà di credere in una fede religiosa”, si definisce agnostico o non credente. Diceva Rolando di sé: “Ho lavorato a tempo pieno come manovale della speranza, da servitore della Parola e di una comunità di fede ispirata all’Evangelo di Gesù Cristo…”; e ancora “l’incontro, l’amicizia e la fraternità è ciò che di più importante ci resta nel sentiero aspro dell’esistenza”.

Davvero profondo l’attaccamento di Rolando alla figlia Simona e alla moglie Raffaella, che gli è stata molto vicina fino al suo ultimo respiro.
Riposa in pace, caro Rolando.

Pierantonio Zavatti, Il Momento, 28 marzo 2024. 

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