ADRA Svizzera e Serbia. Soccorso e protezione di bambini e famiglie di rifugiati

ADRA Svizzera e Serbia. Soccorso e protezione di bambini e famiglie di rifugiati

csm_12027240_1713530315567664_5467640621680190815_o_9a74ddf06cI paesi sulla rotta dei Balcani sono sopraffatti dal numero degli arrivi e i bisogni sono grandi.

APD/Notizie Avventiste – Il flusso di rifugiati verso l’Europa è in corso da mesi e sembra essere senza fine. I paesi sulla rotta dei Balcani sono sopraffatti dalla quantità di persone in arrivo e le esigenze sono grandi. Con l’inverno che avanza rapidamente, aumenta la sofferenza della gente che arriva non sufficientemente vestita e soprattutto i bambini patiscono le temperature in calo.

ADRA Serbia ha risposto presto al problema e ha aperto un centro di informazioni in un punto di transito a Belgrado. I rifugiati ricevono informazioni dettagliate sui propri diritti e doveri. Squadre mobili, che sono regolarmente al lavoro a Belgrado, diffondono in maniera più capillare questo servizio.

Con l’avvicinarsi della stagione invernale, molti rifugiati evitano di fermarsi a Belgrado per raggiungere il Nord prima possibile. Il sostegno da parte delle agenzie serbe si concentra sul confine con la Croazia. Pochi si preoccupano dei valichi di frontiera di Macedonia e Bulgaria.

Team mobili distribuiscono vestiti e scarpe invernali e articoli per l’igiene ai profughi al confine con la Macedonia. Inoltre, come avviene con il centro informazioni di Belgrado, i rifugiati ricevono informazioni sui loro diritti e doveri. Il personale è accompagnato da traduttori preparati per parlare con i rifugiati in modo da essere sicuri di dare alle persone tutto l’aiuto di cui hanno bisogno.

Molti sono esausti per il viaggio e sono spesso traumatizzati quando arrivano in Serbia. Oltre all’assistenza di base (prodotti alimentari, per l’igiene e per l’inverno), hanno anche bisogno di cure mediche e sostegno psicologico.

ADRA Serbia invia i suoi team mobili nella regione di Presevo, vicino al confine con la Macedonia. Le squadre sono composte di almeno due persone: un traduttore e un assistente sociale. Grazie alle competenze linguistiche, il team può instaurare un rapporto di fiducia con le persone e trasmettere informazioni adeguate sui loro diritti e doveri. In seguito a questo contatto, le squadre sanno sempre esattamente quali sono le esigenze dei rifugiati.

I migranti hanno disperato bisogno di articoli per l’igiene, di giacche impermeabili, stivali o coperte. La squadra acquista piccole quantità di prodotti per evitare lo spreco e poter subito avere sempre gli articoli necessari secondo le reali esigenze delle persone da soccorrere.

Tutti i volontari delle squadre mobili di ADRA sono addestrati a riconoscere i sintomi di stress e traumi. Pertanto, possono, se necessario, inviare le persone presso le istituzioni competenti in Serbia, per ricevere l’assistenza di cui hanno bisogno.

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Studenti inglesi distribuiscono aiuti nel campo di migranti in Francia

Adventist-dunkirk-newbold1-Dec8Un’esperienza “straziante, terribile e umiliante” per le condizioni in cui vivono i rifugiati

Tednews/Notizie Avventiste – Un gruppo di studenti e insegnanti del Newbold College, in Inghilterra, la scorsa settimana è andato nel campo di profughi migranti a Dunkerque, in Francia, per portare assistenza umanitaria.

Sette studenti e tre docenti hanno attraversato la Manica per distribuire cibo, sacchi a pelo, vestiti, asciugamani, coperte, articoli da toeletta e altri prodotti ad alcuni dei 2.000 migranti che vivono nel campo.

Newbold, un college avventista con sede a Bracknell, in Inghilterra, ha concordato il viaggio con l’Agenzia Avventista per lo Sviluppo e il Soccorso della Francia.

Sharon Louise,Adventist-dunkirk-newbold3-Dec8 studentessa di Newbold, ha affermato di aver insistito per partecipare al viaggio, perché “il pensiero di tutte quelle persone che camminano per giorni, settimane o addirittura mesi per trovare sicurezza mi aveva perseguito”.

Ha poi descritto la realtà del campo come la peggiore che si possa immaginare e ha finito per passare la maggior parte della sua visita a comunicare attraverso le fotografie.
“Quando ci siamo di nuovo seduti, in silenzio, nel minibus per il lungo viaggio di ritorno a casa, ho chiesto a ognuno di riassumere la propria sensazione con una sola parola”, ha raccontato Sharon, “Questo è ciò che è venuto fuori: straziante, terribile, disumano, sporco, devastante, che fa riflettere, inaccettabile, diverso, terribile, umiliante”.

Il campo di Dunkerque è stato costituito con soli 60 migranti, ma il numero è salito a circa 2.000 quest’inverno, quando centinaia di migliaia di persone si sono riversate in Europa da paesi dilaniati dalla guerra come la Siria, l’Iraq e l’Afghanistan. Gli avventisti di tutta Europa assistono i rifugiati dando loro cibo, vestiti e riparo, mentre i leader europei lottano per rispondere al più grande afflusso di migranti nel continente dalla seconda guerra mondiale.

Alastair Agbaje, cappellano di Newbold e organizzatore del viaggio a Dunkerque, ha raccontato di aver incontrato una giovane famiglia irachena arrivata nel campo da due settimane.
Adventist-dunkirk-newbold2-Dec8“La loro tenda si trova su una pozza di fango e acqua, e hanno un figlio di 2 anni le cui mani sono sempre gelate”, ha affermato Agbaje, “Eppure, la famiglia è stata molto ospitale e conserva la speranza, nonostante la situazione sia disastrosa. Questo scenario e le situazioni di molte altre tende che abbiamo visitato, mi hanno spezzato il cuore”.

Agbaje ha spiegato di essere andati nel campo per offrire assistenza a persone che hanno disperato bisogno di tutto e di essere stato incoraggiato a farlo dalle numerose donazioni ricevute per questo viaggio.
“Quando il mio vicino di casa ha saputo che sarei andato nel campo profughi mi ha dato 200 sterline in merci: sacchi a pelo, abbigliamento impermeabile e frutta. E ha promesso un ulteriore sostegno per il prossimo viaggio che abbiamo già in programma. Questo mi ha fatto capire che ci sono persone generose, che desiderano dare una mano”.

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Ministro del Malawi e donne avventiste insieme per un’iniziativa interreeligiosa

csm_First_Lady_with_women_from_all_denominations_that_attended_the_event_943fc30710Anche la first lady del paese africano accoglie con favore l’evento di preghiera della Chiesa.

ANN/Notizie Avventiste – Il dipartimento dei Ministeri Femminili della Chiesa cristiana avventista in Malawi ha collaborato con il Ministero di genere, bambini, disabilità e previdenza sociale del paese africano per organizzare una colazione di preghiera al fine di promuovere la “sorellanza” tra le donne di tutte le fedi e occupazioni.

Alla colazione di preghiera interreligiosa del 13 dicembre hanno partecipato anche le donne delle forze di polizia del Malawi, del dipartimento immigrazione, le segretarie governative, le parlamentari e le donne del partito al governo. Il tema della manifestazione è stato “Donne da formare e potenziare”.

Nel suo discorso, Gertrude Maseko, la first lady della Repubblica del Malawi, ha sottolineato la necessità che le donne si vogliano bene. “Il peggior nemico delle donne sono le donne stesse”, ha affermato, “La maggior parte delle donne passano il tempo a spettegolare, dire malignità e pianificare come prevaricare un’altra donna”. Ha quindi consigliato per prima cosa di trascorrere del tempo con Dio e poi di concentrarsi su attività che possano migliorare il proprio benessere.

In linea con la sua iniziativa “Beautify Malawi Trust”, la first lady ha affermato di essere felice di conoscere le donne “Dorcas” in Malawi, che svolgono servizi igienico-sanitari e di igiene negli ospedali, nei mercati e in altri luoghi pubblici.

Il ministro di genere, bambini, disabilità e assistenza sociale, on. Patricia Annie Kaliati M. P., ha ringraziato la Chiesa cristiana avventista per la collaborazione con le donne di altre confessioni e gruppi sociali. Ha chiesto anche agli altri gruppi di emulare ciò che le donne avventiste avevano fatto, organizzando incontri di preghiera nazionali alla luce delle numerose sfide che attendono il paese.

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Accademia avventista in Egitto offre un esempio di rispetto per l’ambiente

csm_Adventist-Egypt-garbage-Dec11-2_8d2a1abc27Studenti e docenti della scuola hanno realizzato un’iniziativa di smaltimento dei rifiuti apprezzata dalla collettività

ANN/ Notizie Avventiste – In alcune zone del Cairo, dove si trova la scuola avventista Nile Union Academy, non è raro vedere mucchi di spazzatura ai lati delle strade, che superano anche i due metri di altezza. Questi rifiuti urbani bruciano per tutto il giorno ed emettono fumi tossici pericolosi per la salute fisica e mentale degli abitanti.

Negli ultimi tre mesi, gli studenti e i docenti della scuola avventista hanno attuato un ambizioso piano per lo smaltimento e il riciclo dei rifiuti, e per l’educazione ambientale nella comunità. I risultati hanno attirato l’attenzione dei residenti, dei funzionari governativi e delle scuole egiziane.

Ronylson Freitas avventista brasiliano ed esperto di gestione ambientale, è stato chiamato dal dirigenti della chiesa locale per affrontare il problema dei rifiuti.
“Oggi, il problema numero uno della salute pubblica in Egitto è igienico-sanitario. Lo smaltimento responsabile dei rifiuti può sicuramente migliorare la vita quotidiana delle persone”, ha affermato Freitas.

Per prima cosa bisognava ripulire una zona di 80 metri lungo la parete nord della scuola, dove i mucchi di spazzatura avevano raggiunto i due metri e mezzo di altezza ed emanavano continue esalazioni tossiche. Il team dell’accademia ha impiegato dieci giorni per togliere ed eliminare 240 tonnellate di spazzatura. Su richiesta della scuola avventista, i camion municipali sono andati regolarmente a portare via l’immondizia.

L’iniziativa di pulizia ha anche aiutato gli abitanti della zona a fare scelte migliori per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti. Molte persone che vivono nel quartiere intorno alla scuola hanno smesso di gettare la spazzatura per strada e ora aspettano che arrivino i camion della nettezza urbana. La Nile Union Academy è ormai considerata un modello per i nuovi programmi di rimozione dei rifiuti nella capitale egiziana.

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È stato ritrovato il corpo del medico avventista scomparso in Ucraina due anni fa

Adventist-Jay-Sloop-Dec11I resti del dott. Jay Sloop si trovavano nelle vicinanze del parco dove era stato visto per l’ultima volta.

ANN/Notizie Avventiste – È stato rinvenuto nel pozzo di aerazione di un edificio abbandonato a Kiev, il corpo del dott. Jay Sloop, il medico americano scomparso il 14 maggio del 2013. Il dottore si trovava nella capitale ucraina da alcune settimane per aiutare la chiesa cristiana avventista locale ad aprire un centro sanitario e sullo stile di vita.

L’edificio era già abbandonato all’epoca della scomparsa di Sloop. I recenti lavori di ristrutturazione hanno permesso la scoperta dei suoi resti quando gli operai hanno rimosso un muro adiacente il pozzo di aerazione nel seminterrato dello stabile.

Adventist-Jay-Sloop-Dec11-2Il corpo del dott. Sloop, 77 anni, è stato identificato dai vestiti che indossava il giorno della scomparsa e dal portafoglio, ma è in corso anche l’esame del DNA.

Paul Hoover, presidente della Federazione Upper Columbia della chiesa Cristiana avventista, dove Jay è stato direttore del dipartimento Salute, ha espresso cordoglio alla famiglia Sloop. “Jay era una luce e un incoraggiamento per tanti a Yakima e in tutto il mondo dove ha messo al servizio degli altri la sua preparazione professionale e la sua fede. Preghiamo per tutta la famiglia di Jay in questo momento difficile”, ha affermato Hoover.

La polizia ucraina sta ancora conducendo un’indagine forense per capire le cause e ricostruire le circostanze della morte.

La mattina della scomparsa, Jay Sloop era uscito, come al solito, per iniziare la giornata con una passeggiata. L’ultima sua traccia erano le immagini di una telecamera che lo ritraevano mentre entrava nel parco da cui non era più uscito. L’allarme era stato dato quando al centro non lo avevano visto rientrare per la colazione. Alle ricerche, durate diverso tempo, hanno partecipato centinaia di persone, tra cui anche il personale dell’ambasciata degli Stati Uniti. Erano stati impiegati cani specializzati provenienti dall’Ucraina e dalla Germania e i media avevano fatto un blitz in tutta la città, ma non era stato trovata nessuna traccia che portasse le indagini verso l’edificio abbandonato.

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Una nuova scoperta archeologica porta il nome del re Ezechia

Hezekiah-seal-2Due i motivi per cui l’impronta del sigillo reale ritrovato è importante.

ARnews/Notizie Avventiste – L’Università ebraica di Gerusalemme ha annunciato una scoperta significativa: la prima impronta di sigillo mai trovata dagli archeologi a Gerusalemme su cui è inciso il nome di un re giudeo.

L’incisione dice: “Appartiene a Ezechia, [figlio di] Acaz, re di Giuda”.

La Bibbia parla di Ezechia, che regnò dal 715 al 686 a.C., nei libri 2 Re, Isaia e 2 Cronache, per le sue grandi riforme prima della campagna assira di Sennacherib. Un testo dice: “fra tutti i re di Giuda che vennero dopo di lui o che lo precedettero, non ve ne fu nessuno simile a lui” (2 Re 18:5).

L’impronta del sigillo era stato trovato nel 2009, durante gli scavi all’Ophel, diretti dalla prof.sa Eilat Mazar dell’Istituto di Archeologia presso l’Università ebraica di Gerusalemme, vicino al palazzo reale, ma è stata identificata quest’anno, mentre veniva preparata la relazione finale degli scavi.

La bulla è molto piccola, misura 9,7 per 8,6 millimetri. Il sigillo veniva apposto su un documento scritto su papiro o pergamena. Su una stringa, legata intorno al documento, veniva messo un pezzo di fango bagnato che poi il re colpiva con il suo sigillo personale. Diverse centinaia di queste bullae sono state trovate a Gerusalemme, durante gli scavi all’Ophel, grazie alla procedura di vagliatura a umido, che consiste nello spruzzare acqua in un contenitore con i sedimenti scavati.

La bulla di Ezechia è importante per due motivi.
Il significato delle immagini. Ci sono tre immagini al centro del sigillo. Un disco solare con sei raggi e con ali rivolte verso il basso, affiancato su entrambi i lati dall’ankh, il simbolo della vita eterna. Perché Ezechia li avrebbe posti sul suo sigillo quando la Bibbia dice che il re tolse da Gerusalemme le pratiche di culti sincretistici? Invece, il sigillo del suo malvagio padre, Achaz, non ha simboli, ma solo scritte in ebraico.

Ci sono due possibili spiegazioni. Ezechia può aver impiegato simboli egiziani perché era politicamente alleato con l’Egitto. Oppure, Ezechia utilizzava immagini che anche la Bibbia attribuiva al Signore. Il Salmista dice: “Dio, il Signore, è sole e scudo” (Sal 84:11). E il profeta scrive: “Ma per voi che avete timore del mio nome spunterà il sole della giustizia, la guarigione sarà nelle sue ali” (Mal 4:2). In questo caso, l’uso di queste immagini da parte di Ezechia non indica necessariamente concetti egiziani, ma ebraici.

Altre otto bullae che portano il nome di Ezechia sono conosciute nel mercato antiquario. Sei di queste recano inciso uno scarabeo alato, simbolo del potere regale. Secondo una ricerca condotta da Robert Deutsch e pubblicata nel numero di Biblical Archaeology Review, luglio-agosto 2002, ce ne sono due che sono identiche all’impronta di sigillo identificata quest’anno. Quindi le immagini su tre impronte sono state impresse con lo stesso sigillo e sembrano suggerire dei cambiamenti avvenuti nel sigillo di Ezechia forse dopo la sua guarigione da una malattia mortale descritta in 2 Re 20:1-8, anche se la datazione non è certa a causa del contesto stratigrafico misto del ritrovamento.

È stato trovato a Gerusalemme. Questa è la prima impronta di sigillo di un re giudaico rinvenuto in scavi legali a Gerusalemme. Tutte le altre impronte di sigilli trovate prima sono avvolte nell’incertezza, perché la loro origine precisa è sconosciuta. Ora, invece, è chiaro che le due impronte identiche già conosciute sono autentiche e provengono dallo stesso sigillo.

Attraverso l’archeologia possiamo andare indietro nel tempo e virtualmente stringere la mano al re Ezechia, perché è molto probabile che è dal sigillo sulla sua mano che sono state fatte queste impronte.

(© Eilat Mazar Foto: Ouria Tadmor)

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India. Soccorsi urgenti dopo le devastanti alluvioni

Adventist-India-flood-Dec8ADRA e i dipendenti della chiesa distribuiscono cibo e altri aiuti a Chennai.

ARnews/Notizie Avventiste – Gli avventisti del settimo giorno hanno messo da parte il lavoro abituale per distribuire aiuti umanitari nell’emergenza a Chennai (Madras), città indiana di 10 milioni di abitanti, e nella regione circostante, devastate dalle inondazioni per la pioggia più forte degli ultimi 100 anni.

Le acque dell’alluvione si sono finalmente ritirate nello stato di Tamil Nadu, dove hanno perso la vita almeno 280 persone. Sembra che i 40 giorni di pioggia siano una conseguenza del cambiamento climatico. Intanto scuole e università della zona sono state chiuse.

“Dicembre, solitamente luminoso, è diventato disastroso, creando scompiglio nel cuore della gente”, ha affermato Daniel Devadas, presidente dell’Unione avventista South East India, che coordina i soccorsi.

Adventist-India-flood2-Dec8“Le persone hanno perso tutto”, ha aggiunto, “Sono senza casa e senza cibo. Anche le fasce media e benestante della popolazione sono state colpite”.

Devadas ha raccontato di un avventista, David, che si era svegliato perché aveva sentito l’acqua entrare in casa. Quando aveva aperto la porta, le stanze erano state sommerse dalle onde. “Sono riusciti a salire sul tetto e lì sono rimasti per più di due giorni senza cibo, sperando che arrivasse qualcuno a soccorrerli”, ha raccontato Devadas, “Finalmente è arrivata una barca che li ha salvati. E sono tanti ad aver vissuto storie simili”.

I dipendenti della Chiesa cristiana avventista si sono subito mobilitati per distribuire cibo, vestiti e biancheria. L’Unione avventista South East India coordina i soccorsi in collaborazione con Adra India, Hope Channel India, l’Unione avventista South Central India e molti studenti avventisti e membri di chiesa.

Adventist-India-flood3-Dec8Finora, nelle zone meridionale e settentrionale di Chennai, sono stati distribuiti 18.150 kg di riso, 6.800 kg di dhal (lenticchie rosse), 20.000 litri di olio, 2.000 lenzuola, 2.000 stuoie, 5.000 litri di acqua in bottiglia, migliaia di capi di abbigliamento usati e 15.000 pasti.

Nella sud del Caddalore, ADRA ha distribuito scatole contenenti ciascuna 10 kg di riso, 5 kg di dhal, una confezione di sale e un litro di olio, a 920 famiglie in 11 città e villaggi.

L’alluvione non ha danneggiato gli studi della televisione avventista Hope Channel India, che si trovano a Chennai, ma l’acqua ha causato danni diffusi nel quartiere circostante.

Ora che la pioggia ha dato una tregua, cresce la preoccupazione che l’acqua stagnante porti malattie.

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È avventista uno dei feriti di San Bernardino

Adventist-Amanda-Gaspard-Dec7I genitori di Amanda Gaspard raccontano la follia dei due killer

Andrew McChesney/ARnews/Notizie Avventiste – Amanda Gaspard, avventista del settimo giorno, è una dei 21 feriti della sparatoria avvenuta il 2 dicembre nel sud della California. Ora si sta lentamente riprendendo, anche se con molta sofferenza.

A. Gaspard, 31 anni, specialista di salute ambientale del dipartimento di salute pubblica della contea di San Bernardino, ha subito ferite multiple a braccia e gambe e oltre 20 ferite da schegge sul resto del corpo, quando un collega e sua moglie hanno aperto il fuoco durante una festa di Natale nel centro per disabili dove lavorava.

14 persone sono state uccise in quello che la polizia ha definito “un atto di terrorismo” perpetrato da una coppia “radicalizzata”.

“Amanda si sta riprendendo lentamente ma tra molti dolori”, hanno affermato i suoi genitori, Ken e Diane Gaspard, “La ragazza è molto grata per le manifestazioni di affetto e di sostegno che tutti le hanno dimostrato, e vuole ringraziare in particolare i primi soccorritori, i paramedici, la squadra speciale antiterrorismo e gli agenti di polizia che hanno aiutato lei e le altre vittime in quel tragico giorno”.

I genitori hanno raccontato quanto accaduto durante l’attacco.
CNN-Dec2“Siamo stati chiamati da una collaboratrice di Amanda subito dopo la sparatoria. Ci ha detto che Amanda era stata colpita più volte, ma lei le era rimasta vicina in attesa dei soccorritori  e avevano pregato insieme. Sono trascorse ore prima di conoscere le sue reali condizioni e in quel lasso di tempo non abbiamo mai smesso di pregare per la sua vita. Poi abbiamo potuto parlare con nostra figlia prima che entrasse in sala operatoria. Amanda è una credente molto forte, e quando l’abbiamo sentita ha espresso la speranza che questo tragico evento possa essere utilizzato in qualche modo per far avvicinare le persone di più a Dio e far sapere che Gesù sta per tornare. Tutta la nostra famiglia è volata immediatamente per essere al suo fianco, appena abbiamo saputo in quale ospedale era stata ricoverata “.

La famiglia Gaspard vive a Hinsdale, nel New Hampshire. Amanda ha conseguito due lauree, una nel 2002 al Blue Mountain Academy, in Pennsylvania, e una nel 2006 presso la Southern Adventist University, in Tennessee.

I genitori hanno detto che quando i terroristi sono entrati nella stanza sparando, Amanda si è buttata a terra e si è nascosta sotto un tavolo, rimanendo immobile e con gli occhi chiusi.
“Dopo aver sparato più volte nella stanza, i killer sono andati verso Amanda e le hanno sparato. Erano sopra di lei e avrebbero potuto facilmente colpirla alla testa, ma siamo così grati a Dio che invece le hanno sparato alle gambe e alle braccia. Solo dopo l’intervento chirurgico, la giovane ha appreso dalla televisione che a guidare l’attacco era stato un suo collega del centro per disabili”.

Inoltre, Amanda è stata sopraffatta dal dolore quando ha saputo che 14 persone erano morte, la maggior parte delle quali erano suoi colleghi.
“Pensiamo e preghiamo per le famiglie delle vittime e per tutti coloro che sono stati colpiti da questa tragedia”, hanno concluso i coniugi Gaspard.

Il senso e la prospettiva dell’incarnazione

Il senso e la prospettiva dell’incarnazione

Bibbia2Davide Mozzato – Una parte importante della storia della spiritualità cristiana può essere ricondotta a due principali manifestazioni di fede: imitare e interiorizzare Cristo. La prima di queste esperienze richiede lo sforzo centrifugo che dal credente va verso Cristo allineando condotta e volontà umane con la volontà divina. La seconda mette in atto un movimento centripeto teso a portare Cristo dentro l’interiorità del credente imponendo a questo l’esigenza irreversibile di scoprirlo nel profondo del proprio essere.

Se la prima esperienza di fede deve lottare con la tentazione di diventare moralismo volontarista, la seconda scivola spesso verso una mistica individuale dell’immediatezza. Mentre il cristianesimo pre-moderno ha incarnato spesso il primo errore, quello contemporaneo indulge maggiormente e senza troppe resistenze di fronte al secondo. Queste due anomalie della fede hanno però un elemento in comune. Entrambe partono dall’uomo per poi arrivare a Cristo. L’antropologia decide le sorti della cristologia.

L’incarnazione, invece, in quanto essenza e riassunto di tutta la cristologia, rappresenta l’alternativa radicale a queste due derive perché fa di Cristo la premessa e condizione di qualunque discorso sull’uomo e dell’uomo. L’incarnazione ci ricorda, infatti, che non è l’uomo che si avvicina a Cristo cercando aiuto, ma è Cristo che per primo si avvicina all’uomo e gli offre la salvezza. Non è l’ascesa dell’uomo verso Dio ma la discesa di Dio verso l’uomo ciò che costituisce l’essenza del cristianesimo. Questa è l’incarnazione.

Cristo, come scende verso l’uomo?
L’incarnazione può essere descritta attraverso due movimenti. Il primo possiamo chiamarlo identificazione; il secondo, trasformazione. Nel movimento d’identificazione Cristo lascia il regno di suo Padre (Fil 2:6,7). Rinuncia al privilegio di essere circondato da esseri perfetti e dall’ambiente che corrisponde alla santità, alla bellezza, alla vita e all’armonia di questo regno. Lontano da questa perfezione, l’essere umano è invece condizionato e minacciato dalla chiusura in se stesso e poi da tutto ciò che da questa chiusura deriva: alienazione, solitudine, peccato, distruzione e morte.

Cristo sceglie di andare controcorrente e in modo non calcolato, non redditizio accettando perfino di “perdere”. L’essere umano lontano e in difficoltà diventa la meta desiderata. Questo non è solo un’idea programmatica o un’incursione esplorativa transitoria, ma diventa una realtà impegnativa e paradossale dove coloro che egli visita per guarire si disinteressano e snobbano la sua generosità.

Gesù insiste e persiste nel suo proposito e va avanti. È spinto, però, non dalla fiducia nel suo rigore, dalla sua ferrea perseveranza o dalla sua decisa determinazione e diligente volontà ma dalla fiducia in loro, da un amore nobile e nobilitante, generoso e infinito. È spinto da coloro che egli ama. La sua grandezza rappresenta la sua vulnerabilità.

Nessuna pretesa virtù egoista macchia il suo animo o la sua disponibilità, né vengono contaminati da paternalismo, eroismo, filantropia o virtuosismo, ma getta un ponte affettivo spontaneo e vero, senza “se” e senza “ma”, teso tutto verso l’altro. Questo amore non intende curare e preservare la propria logica e la propria onestà, quindi, spontaneamente diventa impegno per l’altro, desiderio di conoscerlo (Gv 1:48). Gesù viene per comprendere l’uomo, le sue esigenze, la sua situazione aggrovigliata, le fluttuazioni del suo animo, la fragilità delle sue decisioni o l’intermittenza dei suoi buoni desideri. A questa conoscenza segue la sua accettazione.

In Gesù, Dio riconosce e accetta l’uomo come sua creatura e gli trasmette il senso profondo della sua accoglienza (Lc 15:2). L’uomo non ha bisogno di cambiare per essere amato né fingersi diverso per essere accettato; è membro della famiglia del Padre così com’è, e Cristo se ne compiace e se ne rallegra enormemente.

La logica dell’incarnazione e della rinuncia a se stessi non si ferma lì. Dopo la conoscenza e l’accettazione dell’uomo, Cristo integra il suo destino a quello dell’uomo, cioè, lui stesso diventa uomo. Non si è affiancato per essere come loro, ma è diventato uno di loro. Egli si identifica pienamente con lui e lo chiama fratello. Dalla simpatia passa all’empatia, dalla descrizione all’integrazione, dalla commiserazione all’incarnazione. Integra il suo orizzonte con l’orizzonte di coloro che egli ama. Assume la natura umana con dignità ed entusiasmo, con consapevolezza e trasporto (Fil 2:7).

Questa incomprensibile grandezza, spiazzante generosità, piena discesa del Figlio di Dio fra gli uomini, poteva fermarsi qui. Non aveva bisogno di andare oltre, invece ci va. Lo fa rompendo i propri limiti, trasgredendo le proprie frontiere e considerando il percorso fatto ancora insufficiente, decidendo di accompagnare l’essere umano in quello spazio terribile e misterioso, angoscioso e paralizzante chiamato morte. Sì, Cristo decide di accompagnare l’uomo verso quest’ultima frontiera, anzi verso questa realtà costante, centrale e condizionante di tutta la vita che vorremmo fosse solo una frontiera e rimanesse solo in periferia. L’uomo ha da sempre cercato di allontanare il timore, l’angoscia o il blocco esistenziale che la morte provoca, rimuovendo anche il solo ricordo della propria mortalità. Ha guadagnato nell’immediato un apparente spazio d’azione.

Successivamente, però, ha pagato e continua a pagare, con alti interessi, questa illusoria rimozione attraverso un logoramento cronico e irreversibile, onnipresente quanto sfuggente. Cristo accompagna l’uomo proprio lì. Muore con l’uomo, prima di morire per lui. Si angoscia con l’angosciato e dispera col disperato facendogli sentire così la verità del suo coinvolgimento. L’incarnazione porta Cristo al cuore dell’umanità, al centro della sua alienazione e solitudine, all’incrocio di tutti i suoi perché. Gesù non ride né festeggia davanti alla morte. Il suo non è un suicidio, né la croce una festa. Lui ama la vita. E lui, come noi, arriva alla morte volendo vivere, turbato, dubbioso e titubante, sentendosi solo e tralasciato, ingiustamente trattato dalla vita. Ma alla fine si affida e rimette la sua sorte nelle mani del Padre. È quest’affidamento nel momento estremo e finale della propria vita che fa scattare il secondo elemento dell’incarnazione. Infatti, l’incarnazione non si esaurisce con la morte. All’identificazione con l’uomo segue il progetto della sua trasformazione. Anzi gli è concomitante. Mentre Cristo s’identifica con l’uomo, l’uomo comincia a rendersi conto di poter essere diverso.

Il destino di Cristo comincia a sentirlo come suo e la sua storia come la propria storia. Cristo incarnato è luce e come tale illumina i nostri labirinti e le zone d’ombra (Gv 1:9). Quando arriva fra noi, incominciamo a vedere ciò che possiamo diventare e non solo quello che siamo nonostante noi stessi.

La sua presenza crea inquietudine nel cuore umano (Lc 19:3,4). Fa nascere il dubbio benefico di poter essere diversi. Ci ricollega al nostro vero destino facendoci diventare figli di Dio (Gv 3:5; 1:12). Cristo è la possibilità dell’uomo, la sua unica speranza e la sua prospettiva migliore. L’incarnazione è discesa e ascesa, avvicinamento e sfida, identificazione e trasformazione, dono e chiamata, fondamento e vocazione, morte e risurrezione.

Come ci trasforma l’incarnazione?
Quale prospettiva apre al mondo? La vecchia tentazione è sempre in agguato. Essere finalmente forti e stabili? Coerenti e autosufficienti? No! Il nostro traguardo è seguire, rimanere legati a lui (Gv 15:5) e dipendere da lui. Provare disaggio e incompletezza quando ci allontaniamo. Senza di lui ci sentiamo deboli e instabili, scoordinati e insufficienti. Così, anche noi siamo chiamati a seguire il cammino dell’incarnazione. Il nostro traguardo, la nostra prospettiva sono l’incarnazione.

Grazie a lui, si apre per noi la missione e la sfida, la possibilità e l’allegrezza d’incarnarci in lui, nelle sue parole, nelle sue intenzioni, nelle sue idee, nel suo progetto. La nostra trasformazione prevede il bisogno di formarci come lui e in lui. Desiderare di avere gli stessi sentimenti che ebbe lui, le stesse ragioni e pensieri che lo spinsero ad agire, gli stessi atteggiamenti e motivazioni che gli permisero di venirci a trovare. Trovando lui, troviamo noi stessi così come trovando noi, egli rivelò il meglio di sé e lo offrì al mondo come dono ineffabile e prospettiva di grazia: questo è l’incarnazione.

Essa non è rinuncia ma desiderio. Desiderio dell’altro che passa attraverso la rinuncia consapevole di sé come esperienza per trovare l’altro; trovare il sé nell’altro e nell’altro trovare il proprio sé.

Dio si è fatto piccolo
“Ma spogliò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini” (Fil 2:7). L’incarnazione ci ricorda che non è l’uomo che si avvicina a Cristo ma è Cristo che per primo si avvicina all’uomo offrendogli la salvezza. Dio si fa piccolo per cercare la sua creatura. “Trovato esteriormente come uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce” (v. 8). Cristo accompagna l’essere umano fino all’ultima frontiera. L’uomo, da sempre, ha cercato di allontanare questo scomodo ospite, ha cercato di sfuggirle al galoppo fino a Samarcanda, ma invano, perché lui e lei arrivano sempre puntuali all’appuntamento. Gesù è l’uomo che va incontro all’umanità toccando il centro della sua alienazione e solitudine. Egli che ama la vita accetta la morte.

Ascolta, Dio…
“Ascolta, Dio! Nella mia vita non ho mai parlato con te. Fin da piccolo mi hanno detto che non esisti e io, stupido, ci ho creduto. Non ho mai contemplato le tue opere. Ma questa notte, dal cratere di una granata, ho guardato il cielo stellato sopra di me. Affascinato dal suo scintillare, a un tratto ho capito l’inganno. Non so, o Dio, se mi darai la tua mano, ma io ti parlerò e tu mi capirai. In mezzo a questo spaventoso inferno mi è apparsa la luce e io ho scorto te! Sono felice perché ti ho conosciuto. A mezzanotte dobbiamo attaccare, ma non ho paura perché tu mi guardi. È il segnale! Me ne devo andare. Può darsi che questa notte venga a bussare da te. Finora non sono stato tuo amico, ma quando verrò, mi permetterai di entrare? Ora la morte non mi fa più paura” (Aleksandr Zacep, soldato dell’Armata rossa).

Trasformazione
L’incarnazione non si esaurisce con la morte. All’identificazione con l’uomo segue il progetto della sua trasformazione. Gesù diventa così la luce che illumina i nostri labirinti e le nostre zone d’ombra. Il teologo Paolo Ricca ha così sintetizzato: “Dio è diventato uomo affinché l’uomo facesse altrettanto”. Quando Cristo ci incontra e noi lo incontriamo intravvediamo ciò che possiamo diventare e non solo quello che siamo. La sua presenza crea un’inquietudine positiva e fa nascere il dubbio benefico di poter essere diversi.

[tratto dal tascabile Cristo incontra, Ed. Adv, Impruneta (Fi), 2006]

Per saperne di più: assistenza@avventisti.it

Programmi radio RVS disponibili su internet

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Logo-rvs– Cioccolato senza sensi di colpa
Un tempo era considerato buono solo per piccoli e rari assaggi, ma la scoperta dei suoi benefici per il cuore e sull’umore ha aperto una nuova era al “cibo degli dei”. Ne abbiamo parlato con Ennio Battista, direttore responsabile del mensile Vita e Salute, prendendo spunto dall’articolo di Jhoann Rossi Mason, presente nel numero di dicembre. Ascolta l’mp3

– Fermare lo spreco alimentare
Contro lo spreco alimentare è ora di iniziative virtuose, con menù che nobilitano il cibo non consumato e importanti progetti internazionali per il riciclo. Ne abbiamo parlato con Ennio Battista, direttore responsabile del mensile Vita e Salute. Ascolta l’mp3

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Televisione – Protestantesimo

rai_2Lunedì 28 dicembre, alle ore 7.30 circa su Raidue, la rubrica Protestantesimo manda in onda la replica della puntata con i servizi:

In pellegrinaggio per la giustizia climatica. I delegati delle chiese protestanti d’Europa, in occasione della Conferenza sul clima, si sono messe in marcia verso Parigi per sostenere la conservazione e l’eco-sostenibilità del nostro pianeta.

La XVII Assemblea della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. Una Federazione di chiese evangeliche che da molti decenni testimoniano del loro essere “diversamente” cristiane nel nostro paese.

Alfabeto Cristiano. Continua l’appuntamento biblico con le lettere dell’alfabeto in cui sono affrontati i temi più importanti e controversi della fede cristiana. in questo numero, “I” di Immagine.

È possibile scaricare la puntata intera e rivedere i singoli servizi, non scaricabili, contenuti nella puntata.

Puntata intera: Giustizia Climatica

 

chagall%20mosè%20riceve%20le%20tavole[3]Domenica 3 gennaio 2016, all’una di notte su Raidue, Protestantesimo trasmette la prima puntata del nuovo anno con un servizio sui dieci comandamenti:

Non desiderare la donna e la roba d’altri. Termina il ciclo dedicato ai dieci comandamenti o le dieci parole, come si dovrebbe tradurre correttamente dall’ebraico. Ne parliamo con il teologo valdese Paolo Ricca e molti altri ospiti.

Le repliche della puntata andranno in onda lunedì 4 gennaio, all’una di notte, e lunedì 11 gennaio, alle ore 7.30 circa, sempre su Raidue.

Le trasmissioni sono disponibili anche sul sito della Rai: www.protestantesimo.rai.it

Per vedere le puntate in archivio clicca su video

INTERVISTA IN OCCASIONE DEL TORNEO DI BENEFICENZA – SCIACCA (AG)

INTERVISTA IN OCCASIONE DEL TORNEO DI BENEFICENZA – SCIACCA (AG)


TORNEO DI BENEFICENZA
 Intervista a Maria Teresa Basile e Irene Tummiolo in occasione  del “Torneo di Beneficenza”
Evento che si terrà Martedì 22-12-2015 dalle ore 15:00 Stadio Comunale Sciacca.
 

 
In Studio: Vincenzo

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