Nei credenti come nei non credenti, la questione dell’ esistenza di un aldilà impegna aree della corteccia cerebrale molto evolute che sono, così come la facoltà di credere in una divinità, assenti nelle specie diverse dall’ uomo. Un gruppo di ricercatori dei National Institutes of Health (Nih) americani è andato a pizzicare le aree del senso divino con alcune domande a sfondo religioso, e ha poi monitorato il tutto attraverso la risonanza magnetica. Ne è uscito fuori che il cervello umano è stato geneticamente configurato per incoraggiare la fede religiosa. L’assorbimento dell’ io all’interno di qualcosa di più vasto non deriva da una costruzione emotiva o da un pensiero pio, ma da eventi neurologici. Come dobbiamo interpretare queste informazioni sulla capacità innata del nostro cervello di reagire al soprannaturale? Mario Calvagno e Carmen Zammataro, redattori di RVS, intervistano il dott. Lucio Altin, pastore, responsabile del Dipartimento della Famiglia dell’Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste. Ha conseguito un master negli Stati Uniti in terapia della famiglia.

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