Nella società degli eccessi e dell’inseguimento spasmodico della gratificazione materiale, e non solo, cosa significa equilibrio? Dove sta la vera felicità?

Mihai Miron – Il 2022 è stato forse l’anno più ricco di eventi che hanno interessato il mondo intero rispetto al passato. Non abbiamo ancora superato il trauma causato dalla pandemia da Covid-19, né il fatto che il pianeta ha dovuto sopportare una grave crisi energetica e alimentare a causa del conflitto militare in Ucraina, i cui effetti diretti e indiretti stanno alimentando una nuova crisi economica globale. Gli opinionisti, gli esperti e gli analisti hanno avuto molto da compilare, analizzare e interpretare nel 2022. Tuttavia, nessuno degli eventi con un impatto globale nel corso di quell’anno può spiegare da solo le principali forze trainanti della società in cui viviamo.

Cerco di osservare i fenomeni che si verificano lungo il percorso della mia esistenza, e forse anche un po’ più in là. Per quanto mi è possibile, provo a guardare al mondo nel suo complesso e alla nostra vita su questo pianeta. Sono uno di quelli che non sente il bisogno di isolarsi dagli eventi attuali, anche se penso che una delle loro caratteristiche più comuni sia l’eccesso.

Spesso assistiamo a squilibri o estremismi innaturali. Il materialismo ha reso l’accumulo di ricchezza la preoccupazione principale della nostra esistenza. Siamo consumati dall’ideale dell’abbondanza, credendo che un’utopia improntata alla quantità debba garantire la nostra felicità. E non parlo solo dell’accumulare risorse e beni materiali, o risorse finanziarie, ma anche di tutti quei trofei che hanno una connotazione religiosa o spirituale.

Ho l’impressione che in questa gara, condotta con noi stessi, non conti davvero quello che accumuliamo e come lo facciamo, ma soltanto possedere sempre di più. Molto spesso, solo quando abbiamo o facciamo qualcosa in eccesso, sentiamo di aver trovato un riparo, delle provviste e pensiamo di vivere meglio.

Confesso che in passato sono caduto in questo tranello. Come spesso accade, più si è giovani, maggiore è il rischio di dare un morso al formaggio della trappola. Gli esseri umani hanno una tendenza naturale a indulgere in alcune esperienze troppo ripetitive, soprattutto se promettono soluzioni miracolose ai problemi interiori.

Paradossalmente, nella nostra eterna ricerca di una vita equilibrata, in realtà abbiamo acquisito la malsana capacità di abusare sempre più di noi stessi. A volte vogliamo eliminare certi squilibri che ci fanno male, ma finiamo per sostituirli con altri più raffinati, magari più dannosi, ma socialmente accettabili. Il sovrappeso e le diete quasi compulsive, l’abuso di potere a tutti i livelli, l’eccessivo desiderio per il piacere, lavorare fino allo sfinimento e l’idolatria del successo sono solo alcune delle conseguenze di questo modo negativo che di frequente abbiamo trovato per organizzare la nostra vita e le emozioni.

Un punto di riferimento antico e attuale 
È significativo fare riferimento a una parabola raccontata da Gesù Cristo. Nel Vangelo di Luca, al capitolo 12, il protagonista del racconto è un uomo ricco che aveva un campo. Quell’anno il raccolto era stato considerevolmente più abbondante. Il proprietario del terreno decise di abbattere i piccoli granai per far posto a quelli più grandi, capaci di immagazzinare l’intero raccolto.

Accumulare eccessivamente non era soltanto una cattiva idea, ma, secondo la valutazione di Gesù, un’idea fatale. Per quest’uomo significava perdere tutto: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?" (Luca 12:20). L’accumulo eccessivo equivaleva alla perdita dell’anima. Quella notte fu davvero buia.

La parabola di Gesù esprime chiaramente il bisogno di equilibrio. Sottolinea la necessità di una calma interiore, senza eccessivi slanci emotivi, senza incenerire la propria razionalità. La prudenza è una virtù descritta in modo evocativo nei sacri versetti della Bibbia: "Non essere troppo giusto né eccessivamente saggio. Perché vorresti distruggerti? Non essere troppo malvagio e non essere stolto. Perché vuoi morire prima del tuo tempo?" (Ecclesiaste 7:16-17, ND).

Penso che equilibrio significhi avere la capacità di ricerca critica e di sintesi, per evitare gli estremi tossici di soluzioni apparentemente univoche, mettendo insieme tutti gli elementi esterni e interni del mio essere per dar loro un senso e una direzione. Da tempo trovo necessario e stimolante sviluppare filtri emotivi più sani che mi proteggano da molte pressioni esterne. È un processo lungo, ma indispensabile.

Ho scoperto che concentrarsi esclusivamente sull’intelletto, sull’acquisizione di cibo per la sola mente, non è un percorso saggio per me o per coloro che mi circondano. Lo sviluppo intellettuale deve essere perseguito insieme ad altre importanti dimensioni dell’essere umano. La crescita spirituale ha maggiori probabilità di riuscita se è abbinata alla valorizzazione dell’intelligenza emotiva. Inoltre, la sostanza della nostra vita è plasmata da eventi ed esperienze esterne. Ciò che mi accade dall’esterno non è dovuto al destino o alla fortuna, ma è una nuova opportunità di crescita, sviluppo e superamento di sé.

Una volta intrapreso questo cammino, so che passerò inevitabilmente per la valle di Baca (la valle del pianto, in Salmi 84, ndr). In effetti, sono già passato da lì e ho imparato a piangere, ma ora apprendo la lezione di non cadere nella trappola di un lamento senza fine. Comprendo che a volte non si può fare a meno di soffrire, senza cadere nella disperazione. Il viaggio della vita, però, mi ha portato anche su strade piene di sole. Spesso ho gustato la gioia e ho imparato a farlo senza cadere nell’edonismo.

Questa riflessione non vuole essere un’esortazione semplicistica a essere tiepidi, a non vivere veramente l’esistenza e a essere sempre controllati fino all’insopportabilità. Non è un appello al politicamente corretto né, come si dice, un suggerimento a imparare a camminare sul filo del rasoio. È piuttosto un invito a guardare le cose e la vita nella loro interezza, come un insieme di fattori, eventi ed esperienze da gestire con equilibrio. Perché la vita, per sua natura, è capricciosa, a volte bollente, a volte gelida. Tuttavia, tutti questi elementi formano un ecosistema in cui l’essere umano è chiamato a svilupparsi armoniosamente. Solo allora tutto prenderà forma, colore e significato, come in un dipinto di Van Gogh.

Se dovessi cercare di distillare il turbinio di idee e pensieri in una forma concisa, riassumerei il significato di equilibrio in tre affermazioni: 
1. Essere equilibrato significa che sento il bisogno di comprendere il più accuratamente possibile il valore degli eventi (positivi o negativi) attorno a me. Non negherò né sottovaluterò l’impatto della sofferenza, ma cercherò di darle il posto più equo possibile nel quadro generale. Allo stesso tempo, non esagererò o ingigantirò i momenti della gioia e del piacere, ma li vivrò con naturalezza, senza assolutizzarli per suscitare l’invidia di altri meno fortunati.

2. Essere equilibrati significa imparare a conoscere il valore delle persone che mi circondano. Significa saper far sentire prezioso chi mi è accanto, senza svalutare me stesso. Vuol dire accrescere il loro senso di autostima senza sembrare adulatori o doppiogiochisti, per offrire loro l’importanza vera di cui sono più o meno consapevoli.

3. Essere equilibrati significa conoscere e accettare il mio valore, e farlo senza svalutare gli altri. Vuol dire usare vie di perfezionamento per scoprire la propria importanza senza cadere nel peccato di orgoglio. Non a caso ci viene detto che per amare il prossimo dobbiamo prima amare noi stessi.

Quindi, abbiamo una missione da compiere. Quando ci saremo stancati di accumulare per sentirci sicuri, avremo la possibilità di individuare la nostra vocazione al dare e al condividere. Andremo oltre la nostra spiacevole condizione di vittime delle circostanze e dei desideri eccessivi, e diventeremo persone libere, capaci di affrontare ogni prova e tentazione con dignità, determinazione ed equilibrio.

(Mihai Miron, pastore avventista, è convinto che se non cerchiamo l’equilibrio, non riusciremo a dare un senso alla nostra vita. Ha deciso di scrivere cosa significa per lui, al di là del semplice slogan, con uno sguardo all’anno 2022).

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio]

 

 

 

 

 

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