La testimonianza del teologo protestante tedesco nei momenti oscuri della tirannia nazista. Le lezioni che ci consegna oggi.

Braden Blyde – Ci vuole un uomo coraggioso per resistere a un dittatore e forse uno ancora più coraggioso per resistere alla sua chiesa. Dietrich Bonhoeffer è stato considerato un eroe della causa della giustizia e dell’uguaglianza e uno statista della moderna teologia cristiana. Per alcuni lettori, queste due cose potrebbero non sembrare una scelta naturale. Ma per Bonhoeffer, le due cose non erano parallele solo sulla carta, bensì una guida unica per la vita. Infatti, è stato il suo fedele impegno verso gli altri che lo ha portato fino alla morte.

Sono passati più di 80 anni da quando Bonhoeffer è stato ucciso dal regime nazista, ma le lezioni che ha vissuto e insegnato hanno significato tanto ora, quanto al momento culminante della Seconda guerra mondiale.

Dal pensiero all’azione 
Nato nel 1906 da un’importante famiglia tedesca, Bonhoeffer si adattava perfettamente allo stereotipo ariano di Hitler: era alto ed ereditava gli occhi azzurri e i capelli biondi di sua madre. Ma le affinità tra Bonhoeffer e i nazisti si fermavano qui.

All’età di 14 anni, Bonhoeffer decise che sarebbe diventato un teologo, ed è esattamente quello che fece, ed evidentemente, molto bene. A soli 21 anni si laureò con un dottorato in teologia. Dopo aver completato gli studi, Bonhoeffer lavorò come pastore in una chiesa di lingua tedesca a Barcellona. Poi si recò per studio negli Stati Uniti che all’epoca trovava superficiali e poco interessanti. Tuttavia, lo impressionarono le chiese afroamericane che frequentava, in particolare il loro zelo, i loro atteggiamenti e le loro azioni nei confronti delle ingiustizie sociali di matrice razzista che subivano in quel momento. Due anni dopo il ritorno in Germania, era diventato uno dei primi a parlare pubblicamente contro Hitler.

Un nuovo modo 
Il punto di vista di Bonhoeffer non era popolare. Molti cristiani tedeschi, incoraggiati dall’uso manipolatorio del linguaggio cristiano da parte di Hitler, lo vedevano come il salvatore della nazione. Influenzato senza dubbio dal tempo trascorso a pregare nelle chiese afroamericane, Bonhoeffer parlò contro la persecuzione degli ebrei. Quando Hitler chiese alle chiese di giurargli fedeltà, Bonhoeffer guidò la creazione della Chiesa confessante che, nonostante le pressioni politiche, dichiarò che il suo capo era Gesù Cristo, non il Führer.

Purtroppo, Bonhoeffer ottenne solo un sostegno limitato. Con il cuore spezzato per la Germania e la sua gente, Bonhoeffer si trasferì a Londra dove fu pastore di due chiese di lingua tedesca. Continuò a costruire connessioni e a parlare contro gli orrori che si verificano nella sua terra natale. Quando Bonhoeffer tornò in Germania, fu subito denunciato come pacifista e nemico dello stato. Nel 1937 fu coinvolto nella formazione dei pastori della Chiesa confessante. La sua resistenza prendeva piede e i nazisti lo tenevano d’occhio.

Resistere 
Bonhoeffer sapeva benissimo che il rifiuto di giurare fedeltà a Hitler in quel momento avrebbe potuto portare alla condanna a morte. Nel 1939 ricevette un invito a insegnare negli Stati Uniti. Colse l’opportunità, sfuggendo così alla chiamata alle armi e alle minacce per la sua vita. Ma una volta arrivato negli Stati Uniti, Bonhoeffer si rese conto che non poteva stare lontano dalla sua gente in un periodo così buio e pericoloso.

“Non avrò il diritto di partecipare alla ricostruzione della vita cristiana in Germania dopo la guerra se non partecipo con il mio popolo alle prove di questo tempo” scrisse “I cristiani in Germania affrontano la terribile alternativa di volere la sconfitta della loro nazione affinché la civiltà possa sopravvivere o di volere la vittoria della loro nazione e quindi distruggere la nostra civiltà”.

“So quale di queste alternative devo scegliere; ma non posso fare questa scelta in sicurezza”.

Due settimane dopo si imbarcava per la Germania.

Quando scoppiò la guerra, Bonhoeffer fu coinvolto nel movimento patriottico che lavorava per rovesciare Hitler. Per evitare di essere mandato in prima linea, Bonhoeffer si unì ai servizi segreti militari dove trovò molti che condividevano le sue preoccupazioni e la sua passione civile. Nell’organizzazione molti erano contrari a Hitler.

Il suo lavoro presso i servizi consisteva, almeno sulla carta, nell’utilizzare i contatti ecclesiastici internazionali che aveva costruito nel corso degli anni per contribuire a consigliare le forze armate. In realtà, impiegò il suo tempo per trovare appoggio alla resistenza tedesca.

Il pastore della chiesa era diventato un doppiogiochista.

La sua resistenza silenziosa e schietta mise Bonhoeffer al corrente di vari complotti per assassinare Hitler. Per un cristiano, tali azioni erano moralmente e spiritualmente gravose.

Ma mentre gli orrori del Terzo Reich continuavano a crescere, Bonhoeffer si ritrovò a concludere con riluttanza che l’assassinio di Hitler sarebbe stato il minore dei mali. “Se mi siedo accanto a un pazzo mentre guida un’auto contro un gruppo di spettatori innocenti, non posso, come cristiano, semplicemente aspettare la catastrofe, quindi confortare i feriti e seppellire i morti. Devo cercare di strappare il volante dalle mani del guidatore”.

Fino alla morte 
Nonostante i pericoli che si nascondevano dietro ogni angolo, Bonhoeffer viveva nella speranza per il futuro e, nel 1943, propose a Maria von Wedemeyer di sposarlo. Poco dopo, però, fu arrestato e imprigionato: il suo ruolo nell’aiutare gli ebrei a fuggire in Svizzera era stato scoperto dalla Gestapo. Dopo un breve periodo in prigione, Bonhoeffer fu inviato nel campo di concentramento di Buchenwald. Nonostante la severa condanna ricevuta, continuò a praticare la pace, la grazia e la gentilezza verso coloro che lo circondavano, comprese le guardie naziste. Due anni dopo il suo arresto, Bonhoeffer fu collegato a un vecchio complotto per assassinare Hitler, il quale ordinò personalmente la sua esecuzione. Il 9 aprile 1945, un mese prima della fine della guerra, fu impiccato, insieme ad altre 5.000 persone in tutto il Paese. Le ultime parole registrate di Bonhoeffer furono: “Questa è la fine, per me l’inizio della vita”. Passarono solo due settimane prima che il campo fosse liberato e la Seconda guerra mondiale terminò.

Alcuni sosterrebbero che Dietrich Bonhoeffer avrebbe potuto vivere una vita tranquilla, sicura e felice se non avesse parlato in modo così radicale contro i nazisti. Ma quando le tue convinzioni e la tua fede sono così forti, non agire, non parlare a nome degli altri e non lavorare devotamente per la causa della pace, sarebbe tutt’altro che gioioso. Anche se non viviamo sotto la tirannia come nella Germania nazista, il suo appello a essere coraggiosamente fedeli alle nostre convinzioni e a resistere all’autorità malriposta per il bene degli altri suona altrettanto vero oggi come lo era 80 anni fa.

Ci sono alcune lezioni di vita reale che possiamo imparare da Bonhoeffer.

1. La vita è vissuta al meglio per gli altri 
In definitiva, l’altruismo di Bonhoeffer lo portò alla morte. Ma la sua fede lo spinse a vedere il servizio verso gli altri come lo scopo della vita, sia individualmente si collettivamente. “La chiesa è chiesa solo quando è lì per gli altri”.

2. Concentrati su ciò che conta davvero 
Tra il rumore della guerra e della politica, Bonhoeffer è riuscito a cogliere le cose che contavano davvero, e ci incoraggia a fare lo stesso. “Non c’è quasi nulla che possa renderti più felice che sentire che conti qualcosa per le altre persone. Ciò che conta qui non sono i numeri ma l’intensità. Alla lunga, i rapporti umani sono la cosa più importante nella vita… Tutto il resto è molto vicino all’arroganza”.

3. Abbraccia l’ottimismo 
Anche quando era circondato dalle fredde mura di cemento della prigione, Bonhoeffer trovava ragioni per sperare. “Leggo, medito, scrivo, cammino su e giù per la mia cella, senza strusciarmi contro le pareti come un orso polare. La cosa bella è attenersi a ciò che si ha ancora e che si può fare, ne rimane ancora molto, e non essere dominati dal pensiero di ciò che non si può fare e dai sentimenti di risentimento e malcontento”.

4. Non limitarti a pensare, agisci 
Di fronte all’opportunità di salvarsi la vita, Bonhoeffer si voltò e tornò in Germania, sapendo che da un momento all’altro avrebbe potuto essere arrestato, imprigionato e ucciso. “L’azione non scaturisce dal pensiero, ma dalla disponibilità alla responsabilità”.

5. Guarda il mondo dal basso 
Sia con le parole sia con i fatti, Bonhoeffer ci incoraggia a vedere “dal basso” i grandi eventi della storia mondiale, dalla prospettiva degli emarginati, dei sospettati, dei maltrattati, degli impotenti, degli oppressi e degli insultati; insomma, dal punto di vista della sofferenza.

(Braden Blyde è uno scrittore freelance con sede ad Adelaide, nello stato dell’Australia Meridionale. Una versione di questo articolo è apparsa per la prima volta sul sito web di Signs of the Times Australia/Nuova Zelanda ed è stata ripubblicata dietro autorizzazione).

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio] 

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