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Associazioni femminili e singole donne spesso utilizzano un oggetto per rendere più visibile il loro impegno nella lotta alla violenza di genere.

Lina Ferrara – Uccise, violentate, sfigurate, percosse, segregate, denigrate… Si esprime purtroppo in vari modi la violenza che  annienta la dignità e spesso distrugge la vita delle donne.  Molte associazioni femminili e persone singole  hanno usato la loro fantasia e concretezza nell’identificare un simbolo e un oggetto per ricordare le vittime di femminicidio, sensibilizzare sul tema della violenza di genere e promuovere un cambiamento culturale nella società.

Enditnow

EndItNow (Facciamo finire ora la violenza) è la campagna che il dipartimento Ministeri Femminili della Chiesa cristiana avventista del settimo giorno in Italia e in oltre 200 paesi porta avanti da diversi anni. Nata nel 2009, in partenariato con ADRA a livello mondiale, EndItNow è diventato il simbolo degli avventisti per affermare la dignità e il valore delle donne, ma anche di ogni essere umano; e per condannare e denunciare ogni forma di abuso fisico, sessuale e psicologico. EndItNow ha realizzato flash mob in alcune città, raccolto firme per una petizione da presentare al Segretario Generale dell’ONU, organizzato incontri, distribuito materiale. Il dipartimento dei Ministeri Femminili in Italia ha prodotto un prontuario per rompere il ciclo del silenzio. È possibile richiedere il prontuario a ministerifemminili@avventisti.it

scarpe-contro-la-violenza-delle-donne-638x425Scarpe rosse. Lanciato dalla messicana Elina Chauvet, “Zapatos Rojas” è un modo per manifestare l’orrore del femminicidio e per gridare la volontà di denunciare per poter rinascere. In tante piazze italiane è stata istallata una distesa di scarpe rigorosamente rosse (colore simbolo dell’amore che si trasforma in male e violenza) per rappresentare il numero delle violenze, delle morti e dei maltrattamenti subiti dalle donne, ma anche la volontà di combatterli.

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L’anfora. È il simbolo della “Staffetta di donne contro la violenza sulle donne”, pensata e realizzata dall’Unione Donne in Italia (UDI). La Staffetta era partita il 25 novembre 2008 da Niscemi, dove era stata assassinata Lorena (14 anni), e si era chiusa il 25 novembre 2009 a Brescia, dove era stata sgozzata Hiina (20 anni). Un percorso lungo tutta l’Italia che è durato un anno. “Simbolo e testimone della Staffetta”, scriveva l’UDI, “che attraverserà l’Italia passando di mano in mano, è un’anfora con due manici, così che la possano portare due donne. Questo gesto di ‘portare insieme’ vuol proprio significare l’importanza della relazione, della solidarietà, della vicinanza tra noi su tutti i temi che ci toccano profondamente. … L’anfora, al suo passaggio, diventerà una testimone ‘viva’, perché le donne potranno infilarvi un biglietto con pensieri, immagini, denunce, parole”. Alla staffetta ha aderito anche la Federazione donne evangeliche in Italia (FDEI) che ha lamore-non-sopporta-tutto_hdraccolto l’anfora a Roma, dove ha organizzato un convegno, e partecipato a diverse manifestazioni in altre città.

Cartoline. Nel 2006, la FDEI ha prodotto e diffuso a piene mani tre cartoline contenenti un messaggio, anche provocatorio, per sensibilizzare contro la violenza sulle donne, sicura che nessuna parola detta o scritta cade nel vuoto.

sagome-femminicidioSagome bianche. In varie città italiane, le associazioni femminili hanno usato sagome bianche di donne vittime di femminicidio sistemate nelle piazze (come a Torino), dipinte sui muri (come a Roma), istallate lungo una strada principale (come a Matera), disegnate in modo da ricordare le strisce pedonali con lo slogan “non passarci sopra” (come a Milano), per denunciare e rendere visibile il numero delle donne morte per mano di uomini che dicevano di amarle.

Posto occupato. Un’idea semplice partita nel 2013, nell’anfiteatro della villa Posto occupato Ostia 2comunale di Rometta (ME), su proposta di Maria Andaloro, e che si è lentamente diffusa in molte altre città italiane. Di solito si occupa un posto al cinema, in teatro, in treno, con un giornale, un cappello, una borsa, per dire “il posto è mio e tornerò a occuparlo”. Ma per  molte donne, non sarà più così… “E noi”, affermano gli organizzatori, “quel posto vogliamo riservarlo a loro, affinché la quotidianità non lo sommerga, per simbolizzare un’assenza che avrebbe dovuto essere presenza”. La FDEI ha aderito all’iniziativa nel 2014, lanciandola nelle chiese a partire dal 25 novembre di quell’anno. Molte le comunità evangeliche che hanno occupato un posto, con sciarpa rossa e borsa, nelle loro chiese. Anche le sedi nazionali delle Chiese (per esempio battista, avventista, FCEI, e altre) hanno occupato un posto per le donne vittime di femminicidio. L’iniziativa si è diffusa persino in diverse chiese cattoliche e ha superato i confini italici, approdando in Svizzera.

fdei-contro-violenzaCollane o bracciali di lana rossa. Daniela Lucci, del comitato nazionale FDEI, ha una passione e un talento innato per i lavori a maglia. Moglie di pastore, ha messo anche la sua abilità nel maneggiare i filati al servizio della chiesa. “Mi sono chiesta che cosa posso fare per lasciare un segno che ricordi le donne vittime della violenza”, ha esordito nel comitato FDEI dello scorso giugno. Le sue mani si sono mosse di pari passo con la sua mente e così ha realizzato una treccia di lana rossa da indossare al collo o al braccio. Un modo visibile per esprimere che il dolore di quelle donne è anche il mio e voglio impegnarmi per dire basta alla violenza. Nei mesi questo filo rosso, n39-cesena-fiaccolata-2016-2nato con spontaneità, ha legato e continua a legare le donne delle varie città dove la FDEI realizza iniziative e convegni.

Palloncini. Hanno colorato il cielo notturno di Cesena, i palloncini bianchi e rossi lanciati al termine della fiaccolata contro la violenza sulle donne. L’evento è stato organizzato lo scorso 8 ottobre dalla chiesa cristiana avventista di Cesena.

Giornata arancione. Il 25 di ogni mese è un Orange Day (Giornata arancione). Il segretario generale dell’ONU, per la campagna contro la violenza sulle donne, ha proclamato che il 25 di ogni mese sia un “Orange Day”, per aumentare la consapevolezza e la prevenzione della violenza verso donne, le ragazze e le bambine. Questo 25 novembre e ogni mese, tutti sono invitati a indossare qualcosa di arancione: una sciarpa, un foulard, un nastro, una pochette da taschino.

 

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Ogni segno visibile è una testimonianza di ciò che siamo e l’occasione per dire agli altri dove vogliamo andare. La speranza è che i segni visibili di denuncia e di consapevolezza della lotta alla violenza di genere si moltiplichino, aiutino a promuovere il rispetto per la persona e un cambiamento culturale. Vogliamo che non ci siano più donne costrette a “indossare” i segni della violenza fisica e spicologica.

 

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