Testimoniano coraggio, resilienza, gentilezza e fede.

Notizie Avventiste – In due anni di conflitto, l’attività dei pastori avventisti è notevolmente aumentata In Ucraina sia per quanto riguarda gli interventi di assistenza alla popolazione sia nel loro servizio nelle chiese, nell’incoraggiare i membri, nutrire la loro vita spirituale in un periodo di incertezza e portare speranza alle persone con cui vengono in contatto.

Ma chi sostiene e forma i pastori in modo che possano affrontare questa particolare crisi?
Il Centro per la risoluzione dei conflitti dell’Università La Sierra (Stati Uniti) e dell’Unione avventista britannica (Buc)  prepara i pastori nel Paese in guerra. Di recente, il past. Dan Serb, presidente della Chiesa avventista in Irlanda, si è recato in Ucraina per tre giorni di formazione.
“Dopo un viaggio notturno in macchina da Budapest, ho raggiunto Polyana, nell’Ucraina occidentale. Lì ho incontrato John-Robert Curtin e Tony Belak, due professori americani che avevano già iniziato a insegnare il modulo pratico sulla mediazione. Questa formazione aveva preso il via due mesi prima con i moduli online” racconta Serb sul sito tedNews.
“Il programma è stato offerto gratuitamente ai pastori ucraini, a sostegno del loro ministero nel difficile contesto della guerra. E si è rivelato un evento molto arricchente per tutti i partecipanti” aggiunge.

La formazione
Le tre giornate di formazione hanno coinvolto 21 pastori e amministratori. Tutti si sono immersi nello studio dei casi presentati e nei giochi di ruolo di mediazione. Terminato il corso, hanno espresso apprezzamento per le utili competenze acquisite. È stata un’esperienza gratificante anche per i formatori, i quali sperano “che la conoscenza impartita venga messa a frutto per portare guarigione a una comunità ecclesiale e a una società drasticamente colpite dalla tragedia” afferma Serb.

Poi fa notare: “Di tanto in tanto, qualche pastore lasciava la stanza con un’espressione di ansia sul volto e quando tornava lo vedevo incerto nella decisione di portare a termine la lezione. ‘Hanno ricevuto notizie da casa’, mi dicevano… Meno male che durante il corso di formazione non sono arrivate brutte notizie, solo la preoccupazione quotidiana di un attentato che poteva accadere in qualsiasi momento mentre erano via”.

Né d’inverno né di sabato 
In seguito, Serb ha visitato altri luoghi dell’Ucraina, come l’Istituto avventista di Bucha. In questa città, il past. Sasha, suo accompagnatore e dipendente di Hope Channel Ucraina, ha raccontato come è riuscito a sfuggire all’assedio della città insieme alla sua famiglia.
“Il terzo giorno dell’assedio” ricorda Sasha “la gente mi diceva che avrei fatto meglio a lasciare Bucha. Volevo che la mia famiglia fosse al sicuro, ma ho esitato. Perché? Perché mi sono ricordato del versetto che dice che dobbiamo pregare affinché la nostra fuga non avvenga d’inverno né di sabato. Poiché era la fine dell’inverno e il giorno successivo sarebbe stato sabato, ho deciso di essere fedele a Dio e di aspettare altri due giorni. Intanto l’assedio si era rafforzato e i soldati russi camminavano per le nostre strade. Tuttavia, cinque giorni dopo l’invasione, Dio ha fornito a me e alla mia famiglia un modo sicuro per lasciare Bucha”.

Una riflessione 
Rientrato nella sua camera nel campus avventista, Serb si è sentito quasi sopraffatto da un sentimento di profondo apprezzamento e di solidarietà. Ecco la sua riflessione: “Diamo così tanto per scontato, ma quando la tragedia colpisce, gli esseri umani trovano il modo di resistere. Questa capacità di adattamento è innata in tutti noi. La fede la accresce; le conferisce un significato transitorio. La tragedia ci scuote e può spezzarci, ma può anche rivelare le capacità che Dio ci ha dato di affrontare e sopravvivere all’inimmaginabile”.

Le situazioni che viviamo di portano a riorganizzare ulteriormente le nostre priorità, come testimonia, purtroppo, l’esperienza vissuta da uno dei dipendenti dell’Istituto avventista di Bucha: “Quando ho perso la casa, ho pensato che fosse la cosa peggiore che potesse accadermi. Poi mio figlio è stato ucciso e la perdita della mia casa non ha significato nulla in confronto”.

Un senso di unità e fratellanza
Dopo aver visitato altri luoghi e predicato in una chiesa, ecco arrivare il momento della partenza e dei saluti. Serb ha capito di essersi già affezionato alle persone che aveva incontrato e che lo avevano accompagnato in questa esperienza.
“Ho imparato a rispettare e ad ammirare queste persone. Il loro coraggio, la loro resilienza, il loro comportamento gentile e la loro fede tranquilla mi hanno toccato profondamente e hanno risvegliato in me un senso di unità e fratellanza che raramente avevo sperimentato. Non ho sentito nessuno lamentarsi o mostrare un atteggiamento da vittima durante il mio soggiorno. Anche se ero andato lì per sostenere e incoraggiare, sono stato io a partire incoraggiato e rafforzato nella mia fede in Dio e nella fiducia nell’umanità. Come cristiani, come credenti in un Dio che trascende la sfera della geopolitica umana, dovremmo astenerci dallo schierarci sui fronti politici: ci sono vittime innocenti da ogni parte. Ma dovremmo stare dalla parte degli oppressi, dei sofferenti e di coloro che sono privati dei diritti civili”.

I progetti del Centro per la risoluzione dei conflitti in Europa sono sostenuti dalla Regione transeuropea della Chiesa, dall’Unione avventista britannica e dalla Versacare Foundation (Stati Uniti), ed è partner del Centro per la risoluzione dei conflitti dell’Università La Sierra (Stati Uniti). 

[Foto e fonte: tedNews. Traduzione e adattamento: Lina Ferrara]

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